Parco Lambro-"Parco
Lambro"
Di Antonio Belfiore
Commento già pubblicato
su MAT2020 di dicembre (www.mat2020.com)
Tra il 1974 e il 1976, presso il Parco Lambro di Milano si è
tenuto il Re Nudo Pop Festival. A distanza di anni, possiamo dire che quell’esperienza
è stata non sololo specchio del gusto estetico/musicale e orientamento politico
di una certa società ed epoca, ma anche l’evidente promessa (aldilà del bene e
del male) che nell’arco di poco tempo sarebbe successo qualcosa: vi erano le
premesse del movimento del 1977.
A Bologna, nel 2014 cinque musicisti formano i Parco Lambro,
pubblicando nel 2017 il loro primo disco, l’omonimo “Parco
Lambro”, per Music Force e Toks Record: qualcosa di quel
festival e di quegli anni è rimasto.
Veniamo dunque alla musica: il disco (in sette tracce, tra
cui due suite tutte strumentali con l’eccezione di“Not For You”) presenta sonorità tipicamente jazz/progressive rock
anni ’70, con largo impiego di fiati, tastiere di vario genere e con ritmiche
serrate. Lo stile improvvisativo è costante ma non banale.
Al mio orecchio vi
sono atmosfere molto vicine ai Van Der Graaf Generator e slanci che possono
richiamare gli Area e i Soft Machine, ma, per aggressività e costanza, anche le
lunghe esibizioni live dei primi Deep Purple (i mastodontici Mandrake Root o
Wring That Neck a cavallo tra il ’69 e ’70). L’unica sezione con la parte
vocale lascia sentire una genealogia Crimsoniana, ma ha anche una sua certa
originalità. Le capacità tecniche degli strumentisti sono evidenti, le armonie/idee
melodiche a volte stupiscono, altre meno. La particolarità è che a volte i
suoni degli strumenti mostrano una certa variabilità e versatilità: il sax alto
può sembrare un abile sintetizzatore, una tastiera/sintetizzatore si può
confondere a tratti con una chitarra elettrica (vedi la track “#5”),
chitarra/tastiere sfociano in umoristica ecc.
A questo punto sarebbe
interessante chiedersi cosa potrebbe accadere se questi strumenti (in special
modo quelli elettrici, ai quali ciò si può chiedere più facilmente) osassero
ancora di più. Chiarisco con un esempio: è più interessante l’uso del theremin
di Jimmy Page nei live, o quello che ne fanno i thereministi che mimano le
melodie di Morricone? Intravedo nei Parco
Lambro la possibilità e la capacità di evolvere secondo una sorta di
exattamento i propri strumenti, per arrivare quindi oltre gli strumenti stessi,
verso sonorità inaspettate. Questo a mio avviso, porterebbe la band a un
livello superiore: più sperimentazione farebbe in modo che il sound, già ricco
e completo, raggiungesse anche quella naturalezza e unicità tipiche dei grandi
gruppi. Un altro aspetto che potrebbe alzare l’asticella della band sarebbe non
trascurare anche le pause e i silenzi (che non sono mai veri silenzi in musica):
durante alcuni brani se ne sente il bisogno, e, se utilizzate insieme alla
sperimentazione sonora citata prima, potremmo aspettarci altre ottime cose per
il futuro. Per concludere, Parco Lambro è di certo un disco da
ascoltare e che lascia buona luce in prospettiva: nuove
persone che sappiano giocare con i propri strumenti non sono più così
frequenti. Chi ama il virtuosismo energico, l’improvvisazione e certe band anni
’70 si troverà a casa.
Membri del gruppo
Clarissa
Durizzotto – sax contralto/clarinetto/effetti/voce
Mirko
Cisilino – Farfisa/Nordlead/synth Moog/tromba/trombone
Giuseppe
Calcagno – chitarra elettrica/basso elettrico/Micro Brute
Andrea
“Cisa” Faidutti - chitarra elettrica/basso elettrico
Alessandro
Mansutti - batteria
Tracklist:
#5
Nord pt. 1
Nord Pt. 2
Not For You
Notturno
Ibis
Pt. 1
Ibis
Pt. 2
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