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sabato 16 marzo 2019

Parco Lambro-"Parco Lambro", di Antonio Belfiore


Parco Lambro-"Parco Lambro"
Di Antonio Belfiore

Commento già pubblicato su MAT2020 di dicembre (www.mat2020.com)

Tra il 1974 e il 1976, presso il Parco Lambro di Milano si è tenuto il Re Nudo Pop Festival. A distanza di anni, possiamo dire che quell’esperienza è stata non sololo specchio del gusto estetico/musicale e orientamento politico di una certa società ed epoca, ma anche l’evidente promessa (aldilà del bene e del male) che nell’arco di poco tempo sarebbe successo qualcosa: vi erano le premesse del movimento del 1977.


A Bologna, nel 2014 cinque musicisti formano i Parco Lambro, pubblicando nel 2017 il loro primo disco, l’omonimo “Parco Lambro”, per Music Force e Toks Record: qualcosa di quel festival e di quegli anni è rimasto.

Veniamo dunque alla musica: il disco (in sette tracce, tra cui due suite tutte strumentali con l’eccezione di“Not For You”) presenta sonorità tipicamente jazz/progressive rock anni ’70, con largo impiego di fiati, tastiere di vario genere e con ritmiche serrate. Lo stile improvvisativo è costante ma non banale. 

Al mio orecchio vi sono atmosfere molto vicine ai Van Der Graaf Generator e slanci che possono richiamare gli Area e i Soft Machine, ma, per aggressività e costanza, anche le lunghe esibizioni live dei primi Deep Purple (i mastodontici Mandrake Root o Wring That Neck a cavallo tra il ’69 e ’70). L’unica sezione con la parte vocale lascia sentire una genealogia Crimsoniana, ma ha anche una sua certa originalità. Le capacità tecniche degli strumentisti sono evidenti, le armonie/idee melodiche a volte stupiscono, altre meno. La particolarità è che a volte i suoni degli strumenti mostrano una certa variabilità e versatilità: il sax alto può sembrare un abile sintetizzatore, una tastiera/sintetizzatore si può confondere a tratti con una chitarra elettrica (vedi la track “#5”), chitarra/tastiere sfociano in umoristica ecc. 

A questo punto sarebbe interessante chiedersi cosa potrebbe accadere se questi strumenti (in special modo quelli elettrici, ai quali ciò si può chiedere più facilmente) osassero ancora di più. Chiarisco con un esempio: è più interessante l’uso del theremin di Jimmy Page nei live, o quello che ne fanno i thereministi che mimano le melodie di Morricone? Intravedo nei Parco Lambro la possibilità e la capacità di evolvere secondo una sorta di exattamento i propri strumenti, per arrivare quindi oltre gli strumenti stessi, verso sonorità inaspettate. Questo a mio avviso, porterebbe la band a un livello superiore: più sperimentazione farebbe in modo che il sound, già ricco e completo, raggiungesse anche quella naturalezza e unicità tipiche dei grandi gruppi. Un altro aspetto che potrebbe alzare l’asticella della band sarebbe non trascurare anche le pause e i silenzi (che non sono mai veri silenzi in musica): durante alcuni brani se ne sente il bisogno, e, se utilizzate insieme alla sperimentazione sonora citata prima, potremmo aspettarci altre ottime cose per il futuro. Per concludere, Parco Lambro è di certo un disco da ascoltare e che lascia buona luce in prospettiva: nuove persone che sappiano giocare con i propri strumenti non sono più così frequenti. Chi ama il virtuosismo energico, l’improvvisazione e certe band anni ’70 si troverà a casa.


Membri del gruppo

Clarissa Durizzotto – sax contralto/clarinetto/effetti/voce
Mirko Cisilino – Farfisa/Nordlead/synth Moog/tromba/trombone
Giuseppe Calcagno – chitarra elettrica/basso elettrico/Micro Brute
Andrea “Cisa” Faidutti - chitarra elettrica/basso elettrico
Alessandro Mansutti - batteria


Tracklist:

#5
Nord pt. 1
Nord Pt. 2
Not For You
Notturno
Ibis Pt. 1
Ibis Pt. 2

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