FRANCESCO
DI GIACOMO – “LA PARTE MANCANTE”
Di
Andrea Pintelli
Certamente. Ma per nulla scontato. I
brividi arrivano anche se non li chiami e, a volte, proprio non ne vogliono
sapere di andarsene. Eccoli, eccoli che arrivano, e non ci si può fare nulla.
Ti prendono, ti avvolgono e se son veri, ti tengono compagnia, che lo si voglia
o meno. Possono essere di tante tipologie, ma sempre vibrare ti fanno. Così
capita che dopo una giornata di lavoro, sprofondato nel tuo divano preferito,
facendo zapping qua e là in cerca di evanescenza, ci si può imbattere in una
faccia nazional-popolare (Fabio Fazio), in un programma evento che rappresenta
il massimo del nazional-popolare (festival di Sanremo), e che proprio quella
faccia ti comunichi, prendendosi una parentesi da quel nulla musicale, che uno
dei più importanti in senso assoluto, la voce del prog e degli anni ‘70 ma non
solo (insieme a Demetrio Stratos, ovviamente), l’icona del rock made in Italy
non ci sia più. Stop. Fine. Game over. Volato via, dopo un tragico schianto.
Lacrime immediate che solcano il viso, immediatamente risvegliato da quella
notizia che non avresti mai voluto sentire. Allora spegni TV, cellulare, tutto,
e via a letto, sperando che l’indomani porti più sogni che incubi. Al
risveglio, fai ancora fatica a crederci, per cui guardi internet e ovunque si
conferma quanto ascoltato poche ore prima. Tremenda perdita, profonda frattura
col passato. Sali in macchina e metti “Darwin” e ancora il corpo tutto si
informicola. Avverte che la pressione sale, provata da cotanta tristezza. Entri
in ufficio, non saluti nessuno, e speri che le 17.00 arrivino alla svelta. Tanto
gli altri capiranno, pensi fra te e te. Il pensiero è sempre là, sulla barba e
sul sorriso beffardo del destino, che la sera prima si era vestito da Francesco Di
Giacomo, portandocelo via. Sì, perché LUI è di tutti noi, è un
mistero e una ricchezza, un vanto e una strada da percorrere nella serenità.
Certamente. Se ne può e se ne deve parlare al presente, siccome chi ha
costruito, chi ha dato, chi ci ha fatto scoprire l’oro oltre la banalità, non
morirà mai. Ogni nostro pensiero verso di lui, lo farà vivere sempre. Però, al
tempo stesso, e senza fare gli ipocriti, diciamo, e forse urliamo, che ci manca
molto. La sua arte vive e vivrà con noi, ma non potremo ascoltare più la sua
voce in una nuova intervista, in un programma radiofonico, in TV, dappertutto. E
dormi, ancora, sperando in un miracolo. Puntuale come il mattino, accade.
Quello che non si aspetta, arriva, prima o poi. Già, mancava qualcosa, un parte
o un solco, un altro suo commento-insegnamento sulla vita, un qualcosa di
grande come LUI, che era meravigliosamente BIG in ogni senso. Questo miracolo è
il nuovo album di Francesco insieme a Paolo Sentinelli, uscito da pochi giorni
solo nelle edicole (per ora) e fortemente voluto anche da sua moglie Antonella
Caspoli: “La Parte Mancante”.
Pensato,
creato e realizzato durante gli incontri fra i due, dopo i loro pranzi-meeting,
a casa dell’uno o dell’altro. Paolo è riuscito a musicare l’immensa poetica di
Francesco, dando risalto alla sua inimitabile voce, senza mai coprirla di
strumentazione varia. Ne è uscito un lavoro che, in alcuni casi, mette i
brividi, ancora loro, ma stavolta fatti di bellezza, orgoglio e speranza
ripagata, mischiati a una goccia di malinconia. D’altronde Francesco era, ed è,
lo splendore di “casa nostra”, il lungo respiro di chi voleva davvero essere.
Alla fine di uno dei concerti del Banco del Mutuo Soccorso al quale ho avuto
l’onore di assistere, ci regalò uno dei suoi insegnamenti, disse: “…e siate gentili”. Davvero in poche
parole riusciva a metterti di fronte alle responsabilità.
Venendo al disco, esso è pieno di tesori,
come fosse uno scrigno da aprire e scoprire piano piano. Alcune canzoni escono
alla distanza, ma in ogni passaggio si ha la sensazione di intimità. Quasi un
poeta che ci parli in prima persona. Date uno sguardo all’iconica copertina per
partire a capire la magnificenza che pervade quest’opera. “In quest’aria”, in apertura, è un inizio splendido, dalle sue
parole si capisce quanto avesse dentro di sé questo infinito essere umano.
Ascoltate parola per parola, non lasciatevi sfuggire nulla, perché sono dritte
preziose. La sua voce ha potenza e ti fa guardare lontano. Permette tantissimo.
Accompagnata soavemente da battiti di suoni che sembran cuore. ”Il senso giusto” ti fa chiedere perché
intorno a noi non possano esserci più persone o personaggi come Francesco. Ti
fa arrabbiare tutto ciò, perché basterebbe davvero poco per camminare meglio. “Emullà” è una song sperimentale, dal
testo ai suoni aggressivi, che prendono sia da certo jazz che dall’elettronica
big beat. Inusuale, ma davvero più avanti di chi si definisce così. “Luoghi comuni” sono sei minuti di echi,
voci più voci più voci che Francesco ci regala in un’ottica di estremo
coraggio. Modernità della più fine, senza mai lasciare da sola la sua poetica.
Fatevi ammaliare da alcuni passaggi che profumano di importanza. “4 parti” è un passaggio giocato sugli
archi, un minuto sottovoce quasi, che ci conduce a “Insolito”. Quanti
sentimenti vicini al Paradiso (ovunque esso sia) ci vogliono per scrivere,
cantare con tanto trasporto, interpretare una così profonda speranza? Quante
tonnellate di limpidezza e bellezza può contenere un solo uomo? Io non lo so,
ma Francesco lo sa. Personalmente tutto ciò mi ha commosso. Ti tocca nel
profondo, oggettivamente. Quasi un’implorazione. “La parte mancante”, title track, è un capolavoro, senza dubbio. Un
pianoforte perfetto, la sua voce intensa che riempie ogni spazio, le alte
parole declamate, insieme sono una meraviglia. Si rinasce ogni volta che la si
ascolta. Incredibile. “Lo stato delle
cose” prosegue nel discorso della profondità d’animo, pervasa com’è da una
luce che la pervade. Insieme si può, sembra dire. Un messaggio da tenere
stretto e fare nostro, per non perderlo mai più. “Quanto mi costa”: la stranezza dell’oggi, messa in versi, una
riflessione musicata in modo quasi sinistro, a volerne sottolineare i sussurri.
Aprite le orecchie, spalancate gli occhi, in piedi tutti. “In favore di vento”, chiude in maniera splendida questo grande LP,
che è il regale che Francesco ha voluto farci per dirci che c’è tanto ancora da
fare per noi stessi, che siamo la possibilità della gioia. Un arrangiamento
sopraffino, un coro che va a braccetto alla voce che sale fino in cielo per
spronarci ad essere migliori. Non è fantascienza, è solo e fortissimamente
Vita.
Quando avevo nove anni, dal campo sportivo
del mio paese, venivano note musicali che gravitavano potenti sopra le nostre chiacchiere
di una calda serata d’estate. Mi intrufolai, grazie al compiacimento di un mio
vicino di casa alla cassa d’ingresso, e rimasi sbalordito: era la prima volta
che assistevo a qualcosa al di fuori della Musica Classica. Sentii che c’era
qualcosa che la comprendeva, ne esaltava i concetti, insieme al mio nuovo amore
rock. E poi quella presenza sul palco che ipnotizzava. Erano i ragazzi del
Banco del Mutuo Soccorso, e quello era il mio primo concerto. Un altro regalo.
Non posso che sentire tutto il mio bene per Francesco Di Giacomo, gli devo i
miei ringraziamenti per avermi migliorato con la sua poesia, ovunque egli sia.
Sicuramente anche dentro di me.
Abbracci diffusi (oggi soprattutto a LUI).
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