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mercoledì 14 aprile 2021

NINE SKIES – Dalla Francia verso l’infinito, di Andrea Pintelli

 


NINE SKIES – Dalla Francia verso l’infinito

Di Andrea Pintelli 


Eccellenze al servizio delle emozioni. Nuove intuizioni sonore che profumano di futuro. Rispetto per il passato senza mai riproporlo. Basterebbero queste poche considerazioni per suscitare curiosità nel fruitore musicale medio, e invece, troppo spesso, ci si ritrova rinchiusi nella tana del (per carità) glorioso periodo d’oro del Progressive, ad allenarsi nello sterile esercizio di valutazione dell’una o dell’altra ristampa di album roboanti, anziché librarsi nel nuovo che avanza. Già, perché esiste un qui e ora del nostro amato genere e, talvolta, ci si ritrova davanti a gemme che senza la dovuta pubblicità rimarrebbero colpevolmente nascoste. Tanti anni fa, si sa, esistevano pochissimi media in grado di fare questo dovuto lavoro, mentre ora la fruibilità è immediata. Ovunque. La bugia che siamo quotidianamente invasi da nuovi artisti e nuovi dischi non regge più, amici miei: serve la volontà. Per cui smettete (smettiamo) di tarparci le ali e spalanchiamo occhi, orecchie e anime verso chi sta provando a vivere della propria musica, donando spesso punti di vista non convenzionali che aiutano ognuno di noi a crescere nella consapevolezza di uno sguardo verso l’infinito. Ed è proprio l’ovunque il non luogo cui i francesi Nine Skies vogliono condurci, attraverso le loro amabili sonorità.

Il loro album di debutto "Return Home" è stato pubblicato il 30 novembre 2017, seguito da un'edizione speciale rilasciata il 15 settembre 2018.


Questo album racconta, attraverso gli occhi del protagonista, le vite di diversi personaggi in una grande città contemporanea. A volte metaforiche, a volte particolarmente realistiche, queste diverse esistenze mostrano le assurdità del nostro mondo attuale e il modo in cui impariamo a convivere con le nostre sofferenze. Un moderno racconto musicale le cui influenze permettono di esprimere vari sentimenti, preservando la coerenza dell’intento. Per cui ogni canzone è un vissuto prezioso da leggere con vigore, da respirare a pieni polmoni, da ascoltare con attenzione introspettiva. Ovvio, i toni non sempre sono positivi, siccome nelle metropoli esiste di tutto, ma è proprio quel melting pot ad essere così necessario nell’importanza della valutazione globale di una comunità. Superfluo e fuorviante discutere delle influenze sonore dei Nine Skies, perché si va in maniera netta oltre i generi: essi sanno creare un melange che soavemente non ha un nome; sono solo i Nine Skies, un gruppo formato da diverse personalità che giocano a fare loro stessi. Quindi gloria al loro essere. Si va dai particolari controtempi di “The blind widower” parte 1° e dalla durezza con pregevoli inserti di flauto della parte 2°, al mistero velato di “Dust in town”; dalla dolcezza di “Time for them to go”, alla poesia di “Season of greed”. Mentre “Catharsis” riesce a commuovere senza bisogno di alcuna parola, “Return Home” è una luce in fondo al tunnel fatta di godibili passaggi strumentali. Ma ripeto, è nella sua interezza che passa il messaggio di questo album, non dimenticatelo.

Il secondo album "Sweetheart Grips" (doppio) viene pubblicato il 1° ottobre 2019 e vede Aliénor Favier alla voce a unirsi alla band per registrare quest'opera.


Ospiti fantastici ad alzare l’asticella della qualità: Craig Blundell (Steven Wilson, Steve Hackett, Frost), Clive Nolan (Arena, Pendragon), Dave Foster (Steve Rothery Band, Dave Foster Band, Panic Room, So & So), Riccardo Romano (Ranestrane, Riccardo Romano Land, Steve Rothery Band), Pat Sanders (Drifting Sun) e Johnny Marter (SAS Band, Marillion e molti altri). Questo titolo si riferisce alla pratica risalente alla Seconda guerra mondiale, quando i soldati prendevano alcune preziose foto di famiglia (e foto di pin-up girls) per metterle sotto i manici delle loro pistole 1911, chiamate appunto "Sweetheart Grips" (molte delle impugnature sono state realizzate con pezzi di finestre di plastica rotte poi dai bombardieri). L'album mette in luce i ricordi e le sensazioni di un giovane soldato esposto a una sindrome post-traumatica, facendo emergere il paradosso tra l'ovvia violenza della guerra e l'umanità sottostante sepolta in ciascuno di noi. Il ricavato della vendita dell'album va tuttora in beneficenza alla fondazione «Ian's Chain», per sensibilizzare alla prevenzione del suicidio e verso coloro che hanno perso una persona cara a causa di tale egoistica pratica. Fin dal primo ascolto si denota che i Nine Skies hanno mantenuto il gusto dell’esplorazione dell’interiorità, attraverso una funambolica ricerca sonora che trova compimento in questi pezzi, che paiono più suite che canzoni, e non solo per la lunghezza della maggior parte delle tracce. “Burn my brain”, pur nel suo raggelante racconto, si esprime in ricchi e delicati intrecci fra tastiere e chitarre. Ottimo punto di partenza, dopo l’intro di “Vestige”. Si passa a “Catharsis II”, chiaro allaccio al loro primo album, in cui l’atmosfera ripercorre il suo toccante incedere, ma con un importante testo, mirabilmente recitato. “The thought trader” si sposta verso l’hard con una chitarra decisa e potente. Il cantato filtrato si sposa a braccetto con l’atmosfera ai limiti dell’industrial, verso picchi emotivi che sono testimonianza della levatura dei nostri. “Alone” non è altro che il racconto sinistro a tinte dark (pianoforte d’effetto) di “Sweetheart grips”, sommità di questa prima parte. Psichedelica in acustico, ben presto si trasforma in una fuga repentina in cui gli strumentisti hanno modo di esprimersi in tutta la loro tecnica, in special modo il basso, per poi virare verso una terza parte soffusa e malinconica. Il secondo cd si apre con “Somewhere inside Mankind” in pieno “stile” Nine Skies. Oltre sette minuti di dimostrazione della loro palese bravura. “Fields of perdition”, colpisce come un veloce pugno, in cui è racchiuso appieno il loro obiettivo programmatico. “Tyrant or nothing” raggiunge lo zenith situazionista caro ai Nine Skies, qui di proposito atti a viaggiare verso inesplorate finalità, che riescono a raggiungere grazie a un degno lavoro di squadra. “Soldiers of shame” prosegue nel disegno iniziale, con in aggiunta un cantato tanto espressivo, quanto desideroso di arrivare al ventre dell’ascoltatore. E ci riesce benissimo. Poi la chitarra fa il resto a livello apprensivo. “Flowers of pain” è uno scherzoso passaggio, a testimonianza del legame del gruppo con i grandi compositori classici della loro terra. Un omaggio. “Isolation” chiude l’opera con andatura ragionevole, quasi soffusa. Un sigillo di bellezza che sembra quasi un timbro in ceralacca, tant’è imponentemente significativo e rilevante.

Il nuovo album si intitola “5.20” e uscirà a maggio 2021.


Achraf Elasraoui si è unito alla band per registrare questo nuovo lavoro, che sarà un'opera acustica comprensiva di un quartetto d'archi. Avente la copertina dipinta da Michael Cheval, vi anticipo che la poesia personale di questo album evoca un sogno al di là di vari orizzonti. In maniera molto intima, ci porta in un viaggio attraverso accattivanti melodie dalle sfumature misteriose e introspettive. Ogni momento suggerisce una riflessione, sia su un contesto universalmente umano che sulla parte emotiva specifica di tutti noi. Una rinnovata esperienza musicale che si arricchisce sempre di più ad ogni ascolto dell'album.  È online una campagna Kickstarter con molte ricompense disponibili, basta andare su https://www.kickstarter.com/projects/nineskies/album-520.

Segnatevi la data sul calendario, perché i Nine Skies esistono per stupirci a ammaliarci tramite la loro arte.


Formazione attuale:

Eric Bouillette: Guitars / Keyboards / Piano / Violin / Vocals / Arrangements

Alexandre Lamia: Guitars / Keyboards / Piano / Arrangements / Recording / Mix / Mastering

Anne-Claire Rallo: Keyboards / Lyrics

Aliénor Favier : Vocals

Achraf Elasraoui : Vocals / Guitars

David Darnaud: Guitars

Bernard Hery: Bass

Fab Galia: Drums

Laurent Benhamou: Saxophones

 

Membri precedenti:

Alexandre Boussacre: Vocals on “Return Home” 

Freddy Scott: Vocals on “Return Home”

 

Ospiti:

Penny Mac Morris: Flute on “Return Home”

Craig Blundell: Drums on “Sweethreart Grips”

Dave Foster: Guitar on “Sweethreart Grips”

Johnny Marter: Guitar on “Sweethreart Grips”

Clive Nolan: Keyboards on “Sweethreart Grips”

Riccardo Romano: Vocals on “Sweethreart Grips”

Pat Sanders: Keyboards on “Sweethreart Grips”

Cath Lubatti: Violins and viola on “5.20”

Lilian Jaumotte: Cello on “5.20”

WEB AND LINKS 

www.nineskiesmusic.com

 Official website

www.facebook.com/nineskiesmusic

 Facebook

https://nineskies.bandcamp.com

 Bandcamp

www.youtube.com/nineskiesmusic

 Youtube

http://anesthetize.fr

Anesthetize Productions

 

E-Mail: nineskiesmusic@gmail.com




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