Commento di Fabio Rossi
Artista: DeaR
Album: Mon Turin
Genere: Sperimentale/Progressive/Musica
Classica
Anno: 2022
Casa discografica: Music Force
Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)
01. Ouverture: baroque and roll, buongiornosignora maschera
02. Notturno: nocturnal, a walk under porches
03. Jazz: un treno per Torino con la valigiadi cartone
04. Pavana: cit Turin il piccolo Parigi
05. Valzer: camminavo ogni giorno per Torino
06. Rondò: le giostre in piazza vittorio
07. Passacaglia: l'oltreuomo a Torino
08. Berceuse: la capra nella neve, la tragediadello statuto
09. Moresca: assalto all'angelo azzurro
10. Tema e contrasto per Alfredo Casella
11. Blues per il comandante diavolo
12. Marcia dei 40000 colletti bianchi
13. Bagatella: pensieri sulla tomba di Isa Bluette
14. Elegia: la fontana angelica
15. Habanera: come tu non mi vuoi
16. Lied: locutions des Pierrots
17. Silent lights bejewel the night
20. Quando il bambino era bambino
Line Up
Davide Riccio: pianoforte e altri strumenti.
Ci chiediamo, ormai da troppo tempo, se la musica abbia un futuro. Non è questa la sede per trattare un argomento così delicato e complicato, certo è che la smaterializzazione dei supporti fisici e l’oggettiva mancanza d’innovazione rende tutto complicato (mi viene in mente Carlo Verdone nel film Viaggio di Nozze quando dice “Se semo rapati, si semo tajati, si semo fatti ricresce, si semo tinti, si semo bruciati, si semo lavati”… vabbè, parlava di capelli, ma poteva riferirsi anche all’arte delle sette note e il discorso sarebbe stato il medesimo). Poi, però, t’imbatti in un disco come Mon Turin, e ti rendi conto che non occorre essere Bach per produrre ottima musica, non serve comporre come nessuno ha mai fatto prima cercando a tutti i costi di essere unico, ciò che serve è passione che Davide Riccio (DeaR è il suo aka), compositore, polistrumentista, educatore, scrittore, poeta e giornalista, dimostra di possedere in quantità industriale. Il suo amore per la città di Torino, le sue strade, le sue piazze, la sua magia, è talmente forte da avergli dedicato un intero album, un’imponente suite come si usava fare negli anni Settanta.
Sarebbe riduttivo soffermarsi solo su tale aspetto, perché Davide nella sua opera mette a nudo sè stesso, i suoi sentimenti, le sue incertezze, la sua nostalgia del passato che appaiono palesi quando lui stesso afferma che Mon Turin è stato plasmato a poco a poco in un lungo, lunghissimo arco temporale. I dubbi lo assalivano, macerato dall’ansia di non essere all’altezza delle aspettative. Se le sue paure erano inerenti al fatto di non essere adeguato al confronto con i musicisti di professione, ebbene affermo che si sbagliava di grosso. Il disco, infatti, è complesso e colmo di un sound che abbraccia taluni intriganti aspetti che spaziano dallo sperimentalismo, al progressive, alla classica, finanche al jazz. L’ascoltatore attento e preparato potrà trovare riferimenti che vanno da Debussy a Harry Partch, da Bartòk a Syd Barrett, tanto per citare alcuni esempi.
Venti le composizioni proposte, nate per pianoforte, sviluppate e arricchite utilizzando altra strumentazione al fine di approcciare alla musica orchestrale. Un caleidoscopio sonoro in cui Davide si districa con maestria, dimostrando che non occorre essere per forza usciti dal Conservatorio per fare bene, ma basta metterci il cuore e superare ogni ostacolo. Non sarai “un pianista degno di questo nome” come tu stesso affermi, ma non sono sordo e per me sei molto più bravo di tanti strombazzati esperti del mestiere. Alcune parti vocali sono state curate da Claudio Milano, uno dei migliori sperimentatori vocali che abbiamo in Italia.
Continua così, sei sulla strada giusta vista
le qualità di Mon Turin e anche quella del precedente album Out of
Africa del 2021… l’età anagrafica non conta nulla (sono anch’io degli anni Sessanta
e sto ancora in prima linea!).
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