Evocante- Intervista
Tempi moderni. Di tutto un po' è il nuovo
spettacolo di Evocante, nome d’arte di Vincenzo Greco, cantautore,
saggista e artista multimediale.
Uno progetto molto diverso dai soliti, dal
clima carbonaro e dal contenuto resistenziale, di cui l'autore ha proibito di
fornire alcuna anticipazione.
Mat2020 lo ha incontrato, per convincerlo a
venire meno a questa ferrea determinazione.
Proprio perché carbonaro,
la prima assoluta sarà, il 12 dicembre 2025, in un luogo ideale
come il B-Folk di Roma, via dei Faggi, 129/A, dove l’avventura Evocante
ha mosso i primi passi e dove, sempre, nel tempo, l’autore ha messo alla prova
i suoi lavori prima di proporli ad altre platee.
L’infinito fra le mani. Viaggio sonoro
narrativo su temi cari a Franco Battiato, rappresentato in prima assoluta al
Teatro Basilica di Roma con due sold out, ha approfondito le tematiche che
hanno fatto da asse portante del percorso artistico di Battiato. Quale tra
queste tematiche, a suo avviso, ha avuto una maggiore presa sul pubblico?
Sicuramente quella della spiritualità. Che,
detta così, potrebbe creare un equivoco: Battiato non va considerato un santino
e tanto meno un santone, un guru. E purtroppo c’è qualcuno che lo rievoca così,
facendogli il peggiore dei torti.
La spiritualità in lui ha rappresentato una
spinta costante ad alimentare la curiosità verso sé stessi, verso le
potenzialità dell’uomo e verso ciò che non è visibile né raccontabile. Si
tratta di andare alla ricerca della sfera del sentimento e di tutto quello che
ci fa sentire come se riuscissimo ad astrarci, a liberarci dai pesi, a volare.
Questo ha interessato molto il pubblico perché
è stato stimolato ad andare alla ricerca di autori da leggere, di pratiche
meditative in cui esercitarsi, di luoghi particolarmente carichi di un’aria
diversa da quella che di solito viviamo, di territori reali e dell’anima.
Il mio spettacolo ha avuto la pretesa di
proseguire il discorso iniziato da Battiato, partendo da lui ma non esaurendosi
in lui, tanto che mi sono spinto ad ipotizzare come poter entrare in contatto
con quello che, seguendo l’esperienza di molti mistici, io chiamo il seme
divino che abbiamo dentro; e devo riconoscere che questo coraggio è stato
pienamente premiato dalla risposta del pubblico. Tanto che ho intenzione di
riproporlo. Ma in piena libertà, come tutte le cose che faccio, dove ho preso
esempio proprio da Franco: “non voglio comandare né essere comandato”. E qui
sorgono i problemi, perché purtroppo in Italia se non conosci governanti e
amministratori politici che ti sovvenzionano – ovviamente in cambio di
pacchetti di voti o di chissà che altro – o se comunque non fai parte del giro
dei soliti amichetti è molto difficile trovare luoghi e persone interessate
alla sola operazione artistica e culturale. Il crescente numero di casi di
sovvenzionamenti e segnalazioni – chiamiamole così – sta lì a testimoniare come
la promozione della cultura e dell’arte ormai siano entrate in pieno nella
logica clientelare. Alla cultura si dovrebbe guardare con ben altra ambizione
che piazzare il raccomandato di turno o farci soldi in prima persona “con la
scusa di…”.
Ma in qualche modo – che sia di nuovo
un’autoproduzione come quella rappresentata al Teatro Basilica (ci tengo a
dirlo, senza alcun sovvenzionamento né politico né da parte di sponsor
improbabili!) o altro – spero di riuscire a riproporre questo lavoro, tanto più
che ha avuto apprezzamenti unanimi e di alto livello anche da parte della
critica. Lo meritano tutte quelle persone che attendono una replica per
rivederlo o per vederlo la prima volta. In molti mi scrivono, e spero di
rispondere presto a questo interesse e questa attesa, trovando la giusta
situazione.
Nel videoracconto All’improvviso… tornerà la
luce, con musica suonata dal vivo in sincrono con il video, affronta il tema
della caduta nell’oscurità e del ritorno della luce. È uno dei suoi tópoi?
A ben pensarci, da buon fautore della visione
sistematica delle cose, basata su collegamenti, il mio discorso artistico è un
po’ tutto collegato. Quindi sì, anche questo tema torna spesso, e torna anche
in altri casi dove pare non entrarci.
Artisticamente è come se avessi due anime, in
contatto tra loro. Una, più metafisica, che guarda verso l’alto e cerca di
entrare in contatto con il soffio divino di eternità, affrontando cadute nel
buio e scacciando le tentazioni ateistiche che tutti gli spiritualisti ben
conoscono (tanto per tornare a Battiato, “nelle cadute c’è il perché della sua
assenza”). L’altra, più fisica e terrena, che guarda alla vita che conduciamo,
alle dinamiche del potere, agli ideali, anche politici (non di partito, per carità).
Qualcuno ogni tanto mi consiglia di
abbandonare questa visione perché potrebbe allontanare una parte di pubblico.
Non è un caso che si tratta di persone di destra che, se pure amiche, sono
comunque infastidite dalla mia insofferenza verso il potere e dai miei ideali
radicati a sinistra. Ma queste due anime non sono separabili perché sono i due
volti di una stessa medaglia: io credo che per la crescita spirituale occorra
crescere anche come cittadino e come persona inserita in un contesto sociale.
Se, tanto per fare un esempio, credi che Israele non stia compiendo un
genocidio, e ti limiti a farne una questione terminologica, se non ti interessa
nulla di quello che sta accadendo perché tanto non accade a te o, peggio
ancora, bolli la questione come bega politica dei soliti rompipalle sui diritti
umani e sulla tutela delle minoranze, a che crescita spirituale puoi ambire?
Credendo nell’Assoluto, cui sto dedicando il mio prossimo testo, so bene che
esiste anche un senso di giustizia assoluta, e che la Verità non è riducibile
ad una serie di “de gustibus” o di opinioni personali. Esiste la giustizia come
la Verità, alle quali la crescita spirituale impone di avvicinarci e cercare. E
quello che sta accadendo nel mondo è la summa di tante ingiustizie e menzogne.
Come poterne stare fuori per paura di perdere qualcosa, che sia pubblico, un
contratto discografico, una reputazione, il quieto vivere ecc.?
La cultura del presente la definirebbe
postmoderna o ipermoderna?
Mah, sono definizioni discusse e quindi non
saprei dirti esattamente proprio perché per qualcuno il postmoderno deve ancora
iniziare mentre per altri è già finito. Però, stando al gioco, tenderei più a
pensare che ora stia diventando tutto iper, nel senso di esagerato,
oltre misura, pompato, gonfiato. Si fa passare tutto per straordinario,
eccezionale, unico, e non è quasi mai vero. La banalità, anzi, trionfa.
Ma c’è una sensazione che ho, e che vorrei non
avere. Mi pare che da un po’ di tempo abbiamo preso un piano inclinato senza
neppure accorgerci, una sorta di Età di mezzo umana e culturale che ci sta
facendo ridimensionare e progressivamente abbandonare le grandi conquiste
sociali dell’uomo, dalla democrazia alla tutela dei diritti umani. Abbiamo
pensato molto allo sviluppo tecnologico e sempre di meno all’uomo. Un po’ come
è avvenuto con le grandi opere d’arte del Rinascimento, o nel Settecento e
Ottocento musicale, certi capolavori che hanno sfiorato la perfezione tanto da
sembrare espressione del divino (e probabilmente lo sono) sembrano lontanissimi
e ora irrealizzabili. Così sta avvenendo nel campo sociale, dove il concetto di
eguaglianza pare solo un bel ricordo del passato, che molti sono contenti di
avere archiviato come utopia irrealizzabile. Lo stesso per il concetto di
democrazia, di pace, di tutela dei più deboli. Ecco, tanto per tornare
all’ambito spirituale e metafisico, stiamo vivendo un periodo dove il diabolico
sta scatenando le sue forze, e lo vedo anche nei rapporti umani: se vai nei
social, vedi orde di persone che commentano con un odio inspiegabile qualsiasi
cosa e gettano fango su persone, accusandole di ogni genere di nefandezza,
quando i più nefasti sono proprio questi commentatori del nulla.
Si definirebbe antimoderno, senza timore di
essere tacciato di passatismo?
Sono consapevole che mettere l’accento sulle
storture del modernismo può generare questo equivoco. Tanto che nel mio libro
“Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche in Ferretti, De André,
Battiato e Waters” ho risposto a questa osservazione nell’ultimo capitolo.
A me non interessa il passato in quanto tale
né ambisco a ritornarci, conscio come sono che la scala del progresso (sempre
che non sia mero sviluppo, come ci diceva Pasolini) è sempre in salita e
comporta un bruciare dietro i gradini: indietro non si torna, insomma.
Però ambisco a un presente e a un futuro
sostenibili ed umani. E, tanto per fare un esempio molto abusato ma efficace,
in persone che conducono la propria vita sempre con lo smartphone addosso,
accettando di ridurre la propria visione del mondo allo schermo del telefono o
di un Mac, che accettano di comunicare, come si fa ad esempio su molti social
come Instagram o TikTok, per slogan e per fonemi e non con ragionamenti, ci
vedo poco di umano e di sostenibile.
È umanamente insostenibile la deriva che ha
preso il moderno: sta vincendo, mi rendo conto, ma in cambio stiamo perdendo le
caratteristiche dell’umano, che sono quella di pensare, elaborare, parlare,
creare, incontrarci, confrontarci, ambire all’elevazione e al miglioramento. O
ci illudiamo di migliorare facendo fare tutto all’intelligenza artificiale,
dalle musiche alle locandine alle tesi di laurea ai racconti alle confessioni e
ad altro ancora? Stiamo perdendo, neanche troppo lentamente, tante capacità, delegandole
alle macchine. Vedo molti chiedere ogni cosa a Chat Gpt, come se avessero del
tutto perso il senso del ragionamento e la curiosità della scoperta. E
paradossalmente le nostre vite, sempre più affrettate e piene di stimoli cui
rispondere all’istante, stanno diventando, un po’ come in Tempi moderni di
Chaplin, macchinose, senz’anima, prevedibili, come fossero programmate.
Siamo sicuri che questo futuro fatto passare per progresso sia veramente umano?
A proposito, può darci qualche anticipazione
sullo spettacolo Tempi Moderni - Di tutto un po’?
Come direbbe il ministro Tajani, “fino a un
certo punto”. Non per mero gusto del mistero, ma perché contiene alcune
sorprese che funzioneranno se non vengono anticipate.
Però qualcosa posso dire. Si tratta del mio
progetto più rischioso, persino più di quello su Battiato, dove almeno avevo la
sua ancora solida ad aiutarmi a tenere la barra dritta. In questi giorni,
invece, che sono di piena preparazione e rifinitura dello spettacolo, insieme
ai miei compagni di avventura (Barbara Vanorio al basso, Roberto leone alle
chitarre, Tommaso Avellino alla batteria e… sorprese varie) sono in pieno mare
aperto o, se preferisci, un vulcano in eruzione, pieno di idee e di spunti, e
devo fare attenzione a selezionare quelle giuste e scartare quelle meno adatte.
Si tratta di uno spettacolo molto diverso da
quelli finora fatti in cui prevarrà la parte terrestre della mia anima, anche
se quella spirituale avrà sempre il suo spazio. La parte principale sarà
musicale, con pezzi miei e qualche cover dei CCCP Fedeli alla line e Sidùn di
De André, che avrà un ruolo centrale. È un progetto folle in cui la pretesa è
di descrivere le storture dei tempi moderni usando la logica dei tempi moderni
stessi e quindi, come suggerisce il sottotitolo “di tutto un po’”, passare con
disinvoltura da un tema all’altro, da un genere musicale all’altro, da un
registro drammatico ad uno scherzoso, quasi come se fossimo davanti i tanti
video che ci propongono i social, in modo apparentemente schizofrenico.
L’attenzione che devo prestare in questo
utilizzo di una grammatica che vado a criticare è di non farmi travolgere né
incorporarmi in questa. Si tratta, infatti, non di un saggio critico né di una
maionese impazzita ma pur sempre di un prodotto artistico che, come sempre,
spero possa lasciare qualcosa di bello e smuovere qualche coscienza.
La scommessa è questa: usare in modo
artistico, guardando alla profondità e alla curiosità, una logica che di solito
produce cose superficiali. E l’obiettivo è che chi assista esca dalla sala
stemperando un certo senso di inquietudine con il sorriso proprio perché, non
in modo sguaiato, ci sarà parecchio anche da ridere, o almeno sorridere,
soprattutto nelle parti parlate, dove risiederanno le principali novità che non
posso anticipare e che nessuno credo di aspetterebbe da me. Forse perché in me
da qualche tempo sta crescendo la voglia di cazzeggio, inteso in modo tuttavia
serio (ma non assolutamente serioso!): tanto che come sottotitolo avevo pensato
pure a “una risata li seppellirà” o a “rido per non piangere”.
Ci saranno anche parti feroci, soprattutto a livello politico, dove prendo posizione su un po’ di questioni perché sento il dovere artistico, umano e civile di farlo. Da qui, la mia definizione di spettacolo carbonaro e resistenziale. E infatti per la prima volta lo rappresentiamo il prossimo 12 dicembre a Roma, al B-Folk di via dei Volsci, 129/A, locale che ha tutte le caratteristiche per ospitare un progetto carbonaro di questo tipo: vicinanza del pubblico, aria intima e familiare, rispetto per la musica e l’arte. I posti sono pochi, e quindi chi è interessato è meglio prenoti con un messaggio (vedi locandina).
Per saperne di più:
Vincenzo Greco, nato a Vibo Valentia e quasi sempre vissuto a Roma, è cantautore e artista multimediale. Conosciuto col nome d’arte di Evocante, ha già all’attivo gli album “Di questi tempi”, Dialettica Label 2022; “Fino a tardi. Viaggi sonori con Battiato”, Dialettica Label, 2023; “Siamo esseri emozionali”, Dialettica Label, 2024 e i singoli “Troppo/Poco”, Dialettica Label, 2022 e “Lode all’inviolato”, Dialettica Label, 2023.
“All’improvviso- Canzoni lievi”
è il suo quarto album.
Ha
dedicato vari studi a Franco Battiato culminati nel libro “Battiato. Una
ricostruzione sistematica. Percorsi di ascolto consapevole” pubblicato da
Arcana Edizioni, Collana Musica, nel 2023, in contemporanea con l’uscita dell’album
“Fino a tardi. Viaggi sonori con Battiato”.
Vincenzo
Greco ha realizzato anche due video-racconti musicali (“Solo cose
belle”, 2013 e “LiberAzione”, 2015, ambientato in Islanda) e un docufilm
(“E noi ficimu a facci tanta. Una reazione Vibonese”, 2018).
L’11
e 12 ottobre ha debuttato al
TeatroBasilica di Roma il nuovo spettacolo dell’autore, L'infinito fra le mani-Spettacolo su temi proposti da Franco Battiato, che ha fatto registrare un doppio sold-out.
Riferimenti
Utili
Sito:
https://www.vincenzogrecoevocante.it/
Fb: https://www.facebook.com/evocante
https://www.facebook.com/vincenzo.greco.92
Ig: https://www.instagram.com/evocante/
YouTube: https://www.youtube.com/user/gadamer13



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