Jeff
Beck, Eric Clapton, Jimmy Page, Brian May And Queen Elisabeth II
Si
parla sempre poco dei TheYardbirds,
gruppo inglese degli anni '60, dove sono passati tre tra i più
grandi chitarristi del mondo... Eric
Clapton, Jeff Becke
Jimmy Page!
Fu
proprio nel maggio del 1966 che il leader e bassista Paul
Samwell-Smith lasciò la band per dedicarsi al lavoro di
produttore. Si offrì come sostituto Jimmy Page, che l'anno prima
aveva rifiutato di prendere il posto di Eric Clapton, per un più
redditizio lavoro come session man.
Di
tutto un Pop...
Wazza
Jim
McCarty, Keith Relf, Chris Dreja and Jimmy Page // THE YARDBIRDS from
April 1967
Jimmy
Page - Yardbirds era
The
Yardbirds: Jeff Beck, Jimmy Page, Chris Dreja, Jim McCarty, Keith
Relf
Si
concludeva il 31 maggio 2006 la tre giorni di concerti che
David Gilmour tenne al Royal
Albert Hall di Londra.
Radunando
alcuni vecchi amici, come Richard Wright, David Bowie,
David Crosby, Graham Nash, Robert Wyatt, Phil
Manzanera, realizzò tre sold-out la cui testimonianza sarà
immortalata sia in CD che in DVD, nel 2007, con il titolo "Remember
That Night"... e noi "remember" !
Gli psichdelici
e giovani Pink
Floyd, freschi dell'uscita di "The Piper at the Gates of Dawn",
partono per un lungo tour nei clube
locali inglesi (i tempi dei mega stadi sono ancora lontani...).
Il 29 maggio sono allo Spalding Club di Londra, con un Syd Barrett padrone del palco…
Di tutto un
Pop!
Wazza
I Pink Floyd nel 1967
durante una performance live! nel leggendario UFO Club di Londra
Here's a shot of the band, shortly before heading onstage in
1967
Pink Floyd Picadilly Circus 1967
Pink Floyd, Syd Barrett and Nick Mason performing in Spalding
on May 29, 1967.
Compie gli anni oggi, 29 maggio... Bruno Biriaco, direttore
d'orchestra, compositore, ma per tutti il mitico batterista del Perigeo.
A proposito di
Perigeo, segnatevi questa data, martedì
23 luglio 2019, la storica band di jazz-rock si riunirà per un concerto a
Firenze Piazza SS Annunziata!
Ciao Amici del 24 maggio 1967 dedica la copertina al gruppo beat
"I Ribelli",
alla voce un giovane Demetrio Stratos, che anni dopo cambiò
radicalmente genere fondando gli Area,
e diventando una delle voci più interessanti del panorama prog mondiale…
Di tutto un Pop!
Wazza
I RIBELLI con Natale
Massara, Angel Salvador, Gianni Dall'Aglio e Demetrio Stratos con la tuta della
Innocenti
DEMETRIO STRATOS-dalla rivista italiana
GIOVANI 5 Gennaio 1967
I RIBELLI
dalla rivista italiana
GIOVANI
5 GENNAIO 1967
DEMETRIO STRATOS-dalla rivista italiana
GIOVANI
5 Gennaio 1967
I RIBELLI vestiti da
clowns (1968) con Gianni Dall'Aglio e Demetrio Stratos
(anteprima dell'album “Human Ritual” - ScentAir Records - )
Di Claudio Milano
“Siamo una macchina
pop industriale e il termine Industriale non è riferito al genere musicale ma
al settore industriale della nostra città”, dicono di loro Teo De Cillis
(synth/basses/programming), Antonio Iacca (synth/guitars/programming) e Mimmo
Modeo, cantante e autore delle liriche anglofone.
Una dichiarazione
socio-culturale di chi prende posizione, in un'epoca in cui l'intrattenimento è
inteso in qualità di messaggio univoco.
1. Taranto e la
cultura “dark-wave”
Per chi non vive
quest'area culturale, quella dell'entroterra tarantino, per quanto agli orrori
di cronaca (il caso delle due violenze fin qui raccontate su disabili a
Manduria, il cui Comune è da anni commissariato per Mafia, l'ILVA, le
discariche abusive, tra i tanti fatti), è difficile capire, perché il luogo
comune secondo il quale ogni provincia o periferia ha tratti identici, è cosa
più falsa e comodamente ipocrita immaginabile.
Ognuna realtà ha
caratteristiche a sé, pur con oggettive eccezioni.
Qui, astenia e livore
sono la doppia faccia della medaglia di un humus dove lavoro è
agricoltura (“campagna” si dice qui) non intesa in un'accezione industriale e
morte nell'industria o per causa sua. Perché dal 21 ottobre 1964, data di
nascita dell'ex Italsider, poi ILVA, Taranto è città in ostaggio del suo
perverso seminato, che in molti, quasi tutti, continuano a vedere come l'unica
realtà mai stata possibile e l'unica futura, assieme alla Marina e l'esercito,
dacché Taranto è città militare per eccellenza in Italia, dal 1865. In rari
centri persiste un artigianato prezioso, a mantenere tradizioni familiari
relative al lavoro della ceramica e della cartapesta, ma anche del filo d'oro a
telaio, nel settore tessile, con Gabriele Cosma Baldari ad Avetrana (altro
piccolo centro marchiato da cruente memorie). Interessante il fenomeno
crescente dei liutai, Fabrizio Trono a Sava, con la magnifica Liuteria Storm,
Mauro Corvaglia a Lizzano con la McLiuter. Pochi i poli dove il commercio è ben
radicato. Persino la città capoluogo, ha l'aspetto di un paesotto mal vestito,
con vecchi edifici logori e decadenti, qualcuno segnalato con pericolo di
crollo, ma occupato abusivamente, a due passi dall'Arsenale e dunque, in pieno
centro.
Gli incappucciati -Perdoni nei Riti della
Settimana Santa a Taranto - foto d'epoca
Una città che pur
vanta il MarTA, Museo Archeologico della Magna Grecia tra i più belli al mondo,
ad esistere nonostante il “lavoro occulto” dei tombaroli che ha portato nelle
case di gente comune (ma esposti in bella vista in studi di medici e avvocati,
l'oro invece viene fuso e venduto) reperti di ogni sorta e a distruggerne a
migliaia, pure ad opera dei coltivatori che altrimenti si sarebbero visti
confiscati terre dalla Soprintendenza ai Beni Culturali.
Ma del resto, neanche
il vice ministro Di Maio è a conoscenza del Museo. In una sua intervista a
Cartabianca su Raitre 3, lo scorso settembre, il politico ha affermato “Taranto
“è l’area con i reperti archeologici più grande di tutta la Magna Grecia e non
ha musei degni di quell’area”.
Grottaglie-ceramiche
Eppure tra i giovani
non è la cultura “storica/artigianale/manifatturiera” il principale interesse.
Le droghe, a basso
costo tutte (la quantità di rave party organizzati in zona ha davvero
dell'impressionante) e l'alcool tra i 13 e oltre i 60 anni sono modalità non
solo d'evasione, ma d'integrazione sociale (da “figli ed ex figli della
strada”, oggi Far West sui social) e la musica tra le arti è la
prediletta.
Un posto dove la
follia può essere una via di fuga e la peggiore delle gabbie, perché quando
Alda Merini scrisse di manicomi, parlava del reparto di neuropsichiatria
dell'Ospedale Civile di Taranto e ne scriveva così, in “La Terra Santa”:
Fummo lavati e sepolti
odoravamo di incenso.
e dopo, quando amavamo,
ci facevano gli elettroshock
perché, dicevano,
un pazzo non deve amare nessuno.
Lo faceva, lasciando
che quei versi alle musiche di Giovanni Nuti fossero associati.
Tarantismo in terra jonica
E la musica a Taranto?
Da 40 anni in qua, è
essa post-punk e o comunque legata al fenomeno “new wave”, con in prima
linea i veterani Panama Studios (pure a loro tempo fondatori dell'Associazione
culturale “Voltage Control”), Central Unit, The Act, i Vena, la rivista Mackina
Metropolitana, i Volo Notturno (anni '90), negli ultimi anni i Karma in Auge, i
Nero Moderno, gli Zeimaschine, ma davvero i nomi sono tantissimi, non a caso, a
Manduria vive oggi Piero Arnò che fu parte del collettivo noto come “The Great
Complotto” e da leggere sono il libro di Giuseppe Basile e Marcello Nitti
“80 New Sound – New Wave”, che dell'epopea oscura in zona, anche parla e
“Taranto new wave. Dalla byte generation al Great Complotto” di Sergio Maglio(chi
era a conoscenza del fatto che “The Beach” dei New Order e “Cities in the Dust”
di Siouxie & The Banshees, proprio da suggestioni tarantine nacquero?).
A Taranto si esibirono tutte le
grandi band della nuova scena dell'epoca (e il Medimex lo scorso anno ha
visto pure in prima linea i Kraftwerk in uno show memorabile. Quest'anno
Patty Smith e gli Editors) e con grande riscontro di pubblico, eccezion fatta
che per gli Ultravox di Midge Ure, apertamente fischiati (ero bambino ma
c'ero), perché “non suonavano” e la cosa fece scalpore, abituati come si era a
vedere le dita muoversi su strumenti e non a manovrare manopole.
I Panama Studios in concerto nel 1983 in Villa Peripato, a
Taranto:
Appena qualche nome in
zona relativo alla scena progressive e psichedelica tra gli anni
'70 e '90 (nonostante l'amore di qualche radio locale per Genesis e Pink Floyd,
la storica PrimaVeraRadio su tutte e nonostante qui viva Richard Sinclair a
riproporre a suo modo il lascito dei Caravan), ma ben poca cosa davvero,
considerando l'attenzione per il verbo “scuro” e “oscuro”, cosa che non
sorprende visto che fino ai tardi anni '80 è sopravvissuto il fenomeno del
tarantismo per le strade e fino alla soglia del 2000 la quantità di maghi
(bianchi e “neri”), visionari, taumaturghi era pubblicizzata su muri alla pari
di un prodotto di commercio qualsiasi, pure in risposta alla fusione tra
sentimento religioso e paganesimo presente nei celebri e crudi riti della
Settimana Santa. Tuttora persiste una discreta presenza di sette sataniche e
molti sono i custodi di segreti “dell'occulto”.
In città è la musica
neo-melodica napoletana ad essere radicatissima e la più sentita in assoluto,
ad ogni fascia d'età, anche e soprattutto adolescenziale, dove acquista un
valore identitario “di protesta” pari e più (qui) all'hip-pop/rap/trap,
basta ascoltare ciò che proviene da rumorosi impianti stereo delle auto e da
telefonini usati come radioline, sui mezzi di trasporto pubblico (Ferrovie del
Sud Est, AMAT e CTP/Cotrap), impiegati principalmente da giovanissimi,
lavoratori dell'ILVA e tanta gente in condizioni di disagio sociale, che l'auto
non ce l'ha.
Creazioni Liutera McLiuter
Una città dove il
Conservatorio rischia di chiudere da anni, ma che pure da anni, non disdegna
iniziative culturali di spessore. Appena oggi (Domenica 19 Maggio 2019), una
Masterclass gratuita su flamenco per chitarra e voce, anche ad esplorare
modalità mediorientali. Eppure, in questa istituzione e in tutte le scuole di
musica in zona, pubbliche come private, latita ed è osteggiato apertamente
l'interesse per la contemporaneità nella musica classica, cosa imbarazzante,
pensando che in Europa tutta si investono soldi per far cantare la Terza
Sinfonia di Gorecki a Beth Gibbons dei Portishead, su direzione di Penderecki e
con esiti non meno che memorabili ma che Luca Francesconi, italiano, debba
farsi commissionare il suo “Trompe-la-Mort” dall'Opera di
Parigi e che Fausto Romitelli sia stato edito su disco principalmente da Cypres
e Tzadik, non certo etichette italiane. Vergogna. Si fa eccezione qui come
altrove, per fenomeni new age legati a logiche
commerciali e difatti dagli stessi musicisti classici visti senza interesse
autentico, ma sola “devozione economica”, quali Allevi e Einaudi e soundtrack
assortite ascrivibile a Nuova Consonanza. Per il resto, è il solito, orrendo
capitolo italiota dal titolo “900, un secolo di musica buttato in una
discarica, abusiva” (mi propongo in qualità di autore), se non per
rarissime iniziative in materia, come la frequente proposizione, si, proprio a
Taranto, della “Threepenny Opera” di Weill/Brecht, cosa rara in un'Europa che
ai due autori tributa solo censura.
Massafra vista dalla Gravina
Da qualche anno c'è
un'attenzione crescente nei riguardi dell'urlo grunge e del fenomeno stoner;
in passato c'è stata una scena avant-metal (ma il metal tutto si
sa, è fenomeno che dovesse cascare il mondo, continuerà ad essere), comunque in
direzione black e dunque cupa; il jazz e il blues, sono
legge ma solo nell'accezione più antica e tradizionale e come tale,
tendenzialmente e salvo rare eccezioni, fanno salotto o “tappezzeria” ad una
buona bevuta (il motto comune è “ascolto la musica che conosco”,
un'affermazione in voga davvero raccapricciante, spesso accompagnata a “non si
può cambiare il mondo”).
Una terra, quella del
vino Primitivo (ma anche della birra artigianale prodotta in loco, dal birrificio
Daniel's ad esempio, a far da contraltare alla fabbrica Heineken e alla
istituzionale birra Raffo, oggi prodotta a Roma per Peroni) e del culto del
buon cibo (povero, ma buono), che pur d'estate s'accende (oltre che nella
giornata del Primo Maggio, giorno dell'ormai istituzionalizzato e pure più in
vista di quello romano, “concertone”), complice il rientro di tutta la gente
che per cambiar vita è andata a vivere lontano e solo da qualche anno, grazie
pure a qualche sparuto turista a frequentare il litorale jonico. Campomarino
(noto anche per la presenza dell'unica spiaggia naturista ma “non ufficiale”
nel raggio di moltissimi chilometri) e l'affollatissima Frescheria Jamaica, la
spiaggia del fiume Chidro a San Pietro in Bevagna, in particolare, unici poli
autentici dopo un incendio doloso del complesso turistico Fatamorgana, che ne
ha segnato tristemente le sorti.
Manduria Chiesa di Madonna del Rosario
interno
Non si fanno 500 metri
a piedi neanche per fare la spesa, non si usano biciclette, solo automobili e
scooter (in città non è in uso portare il casco).
L'alterità qui è
guardata con sospetto, se urlata o spaurita viene attaccata senza mezzi termini
e in modo subdolo. Nessuno vuole essere “il soggetto” del luogo, dove per
soggetto si intende “fogna di insulti, violenze fisiche e sessuali”, legittimate
da una legge di strada da tutti difesa, giovani e vecchi (ne sa qualcosa il
presidente dell'ARCIgay di Taranto, Luigi Pignatelli, da anni oggetto di
violenze, da tutti – omosessuali in primo luogo – negate, ma reali, visto che
chi scrive questo articolo è stato testimone e pur coinvolto in una di esse e
deposizione in materia ha lasciato presso la Questura). L'omertà come forma di
auto-difesa è quasi “esercizio di stile”. La musica è modalità di integrazione,
di stima (laddove benvenuta nell'essere “genere” ben accetto e identificabile)
e trasforma “nerd” in “leader” e piccoli eroi di gruppi giovanili locali (qui
finché si è figli senza famiglia a carico si rimane “ragazzi”), negli incontri
nei bar di paese, nei pub, nelle osterie, negli antichi ghetti ebraici (a
Manduria il più bello, con l'imponente e magnifica Chiesa Matrice, raro esempio
di commistione di elementi romanici, gotici e barocco/catalani), le piazze e i
vicoli delle stupende Grottaglie e Massafra (con un Teatro Comunale dalla
programmazione più unica che rara) .
Una terra appannaggio
e storicamente delle destre tutte (ex “eroe” locale Giancarlo Cito, fondatore
della Lega d'Azione Meridionale, pure titolare a suo tempo di una sua rete
televisiva, Antenna 6 e dichiaratamente fascista, non solo d'ammissione, ma
d'azione a chiudere a manganellate centri sociali e ARCI), ma tutt'oggi abitata
da hypsters di una vitalità incredibile, autentici agitatori culturali
di ieri e oggi e del resto, l'accoglienza a suon di fischi riservata a Matteo
Salvini in occasione dei suoi recentissimi comizi pugliesi, mostrano che
qualcosa sta cambiando.
Debora Marasco attuale
visionaria mariana a Manduria
Non solo, Taranto è
anche terra in cui persistono nostalgie neo-borboniche ampiamente documentate
sul sito del movimento stesso.
Poi, ci sono anche
realtà che ricavano spazi mentali e vitali per chi vivo vuole rimanere o
divenire, da passatismi in primis, penso alla Pelagonia Music (che pure
di tanto teatro è promotrice grazie alla figura importante di Giorgio Consoli,
in musica leader dei Leitmotiv oltre che didatta di teatro tra i più
apprezzati, assieme a Giovanni di Lonardo), alla Cooperativa teatrale Crest, al
Teatro Tatà, all'Associazione culturale “Cittadini lavoratori liberi e
pensanti”, alla Cooperativa Robert Owen, al jazz club Quattro Venti
(pure dalla programmazione variegata e che storicamente ha accolto nel jazz,
il meglio del verbo afro-americano e non poco di quello mondiale in centinaia
di personalità), all'enoteca e pure Jazz Club “Per...Bacco”, le tantissime
Associazioni Culturali chiamate a compiere sforzi a dir poco eroici (e spesso a
dover chiudere, causa avversità di ogni sorta), tra le realtà a voler dare
spazio, luce e vigore all'espressione tutta (o quasi).
Gabriele Cosma Baldari al telaio
Una terra che pure ha
dato natali a musicisti puramente “avant” come Valerio Cosi, Fabio Orsi, alcuni
responsabili della Minus Habens (label devota al verbo elettronico
evoluto), di stanza a Bari ma che qui abitano e... spostandosi, fino alla
provincia più “barese d'ascendenza” al poliedrico talento di Camillo Pace, ad
esempio... perché qui l'arte è davvero esigenza culturale che ha natura
ascetica e anche legata “al sacro mestiere”, stesse componenti che venivano
promosse, anche economicamente, dalle famiglie nobili che abitavano i castelli
e i palazzi dei piccoli centri.
2. Amber Teaser, anteprima
di “Human Ritual”
Amber Teaser
A questa realtà
“altra” sono da ascrivere gli Amber Teaser.
Un electro pop glaciale ed
elegantissimo, stiloso (cosa sempre più rara in una scena come quella dark
wave, sempre più involgarita da eccessi grossolani, al limite del grottesco)
il loro.
Un suono ipnotico e dai tratti
onirici, che non disdegna aperture improvvise nel disegno musicale complessivo,
melodie dal sapore mediterraneo e anche pulsazioni da dancefoor goth,
sottointeso ma non manifesto, dacché i brani in qualche caso si possono anche
ballare, ma il fine della materia sonica non è quello, non solo perlomeno. Una
miscela assolutamente portatrice di identità, fruibilissima, ma colta al tempo
stesso e come tale, degna di nota e plauso.
Presentiamo in anteprima un ascolto
commentato del disco.
L'introduttiva “Dioxine”
prende slancio proprio non appena appare una batteria elettronica di grosso
impatto e capacità evocativa, ad accompagnare altrettanto interessanti synth
a far propri sonorità analogiche.
“Go Out from This
Chaos”, si muove ritmicamente in modo ineccepibile ad avvicinare l'electro-pop
con una melodia in realtà assolutamente mediterranea, splendida. E' questo un
brano prezioso, in cui il candore immacolato e “caldo” della melodia sposa bene
la freddezza ricercata dei suoni, che vedono un bel contributo di Iacca
all'elettrica. Un momento degno di nota, come pian piano avrò modo di esporre,
tra i tanti del disco.
I sintetizzatori di De
Cillis furoreggiano in “Here”, a far propri suoni d'oltremanica (O.M.D.
su tutti), spigolosità nordiche care alla nuova dimensione house, trance
e techno prestata al verbo EBM, ma anche le belle progressioni di un
indimenticato Mauro Sabbione. Le chitarre chiudono con degli intervalli
decisamente non convenzionali per il genere, a ricordare un vecchio maestro,
per molti insuperato, tale Robert Fripp.
La melodia di “Animal
Ritual” va ad incontrare direttamente i capiscuola indiscussi di tanto pop
elettronico dai primi Ottanta ad oggi, i Depeche Mode, ma le trame
chitarristiche dalle armonizzazioni aperte, talvolta prossime a pura
dissonanza, le folate di synth di scuola dance, rendono il disegno
complesso e intrigante. Altro momento di pregio, peraltro organizzato benissimo
in fase di mixing e sorretto da un basso elettrico di tutto rispetto.
I Clock DVA e Kirlian
Camera la scena gotica più affine al folk del “giorno del Giudizio” (del
successo intramontabile di band come Camerata Mediolanense, forti di un
recente e bellissimo “Le Vergini Folli” e Ataraxia, per quanto tutte segnate da
poetiche differenti, non si avrà mai abbastanza da dire), fanno direttamente
capolino nello strumentale “Mistery”, dove i suoni di chitarra diventano
sempre più affini a un mondo di derivazione “avant” (David Torn), le tastiere
sposano fraseggi prima organistici e poi pari a quelli di una fanfara.
Inclassificabile e come tale, una sorta di manifesto del suono del gruppo
tutto. Qualcosa che merita davvero un'attenzione ampia, nei circuiti pop
come in quelli più “alternative”, o “underground rock” tutto che dir si voglia.
“Dance in a
Restaurant”, ritrova la solennità del racconto in musica, complice la voce
di Modeo, capace qui di rotondità gravi e pure “alleggerimenti di grazia”.
Bella la melodia, belli i suoni di tastiere a disegnare circolarità stereofoniche.
Grande leggerezza, ma al tempo stesso profondità d'esposizione. Sara Caprino si
presta ai controcanti donando il suo bel timbro, ricco di armonici.
“Nothing” ha la
stessa sinfonica esposizione di certi Ultravox, ma senza timore per
armonizzazioni impervie. Davvero encomiabile il lavoro di scrittura, che sembra
nascere dalle iperboli di Borges. Le ritmiche si fanno zoppicanti, le tastiere
tornano ad essere fanfara roboante. Composizione sorprendente invero,
mitteleuropea di spirito e senza esagerazione alcuna tra i più avvincenti
episodi dell'epopea synth wave tutta che mi sia stato dato d'ascoltare.
Si, perché quando i riferimenti culturali iniziano a divenire tanti,
tantissimi, l'identità si fa grande e la poiesis qualcosa di non
risolvibile in un semplice ascolto, ma che necessita di ripetute e piacevoli
indagini in un'epoca in cui si consuma in fretta pure il respiro.
“Human Ritual”
è il lungo brano che chiude e nomina il lavoro tutto, qui raccontato in
anteprima. La linearità dei percorsi di kraftewrkiana memoria è pura
eco, come gli Ultravox di Mr John Foxx e del suo “The Garden” che diventano
contemporaneità assoluta, incontrando la consolidata circolarità minimale delle
tastiere a dipingere un monolite pari a un fiordo norvegese mentre il canto si
fa di un'austerità pregevole. Come rapportare l'estetica dei drones alla
musica pop in chiave synth wave.
Ecco, quello che
questo disco racconta è una storia bellissima, ovvero che laddove le difficoltà
si fanno aspre, la risposta creativa può essere altrettanto grande e
soprattutto, autenticamente libera.
Che dire se
non... grazie?
“Human Ritual” live at Mexico70
Nota allo scritto: per l'oscenità
che l'immagine porta, non ho voluto pubblicare alcuna foto rispetto allo
stabilimento siderurgico citato nell'articolo.