MONJOIE - “LOVE SELLS POOR BLISS FOR PROUD DESPAIR”
(2020, LIZARD
RECORDS)
Di Evandro Piantelli
Articolo già pubblicato su MAT2020 di ottobre 2020
Vorrei dire, innanzi
tutto, che questa recensione, per me, non è come le altre dove solitamente vi
parlo delle opere di artisti che non conosco personalmente o, al massimo, che
ho incontrato a qualche festival o di cui sono andato a vedere i concerti.
Questa volta si tratta di un gruppo musicale i cui componenti, nella quasi
totalità, conosco da decenni e dei quali ho seguito le vicende personali,
familiari e artistiche. Ma sono sicuro che tutto questo non interferirà con il
mio giudizio, solamente mi sarà richiesta maggiore attenzione del solito.
Vedremo.
I Monjoie sono un gruppo di musicisti, tutti provenienti da comuni della provincia di Savona, che, alla fine del secondo millennio, decisero di unire le loro esperienze e sensibilità per creare un progetto originale e innovativo, dove folk, world music, elettronica, jazz, canto antico e canzone d'autore si univano in un prodotto colto e popolare ad un tempo. Il loro primo lavoro fu un demo senza titolo (di cui possiedo una copia regalatami all'epoca dal gruppo) i cui brani confluirono, con altri, nel primo CD della band “Contravveleno” del 2002, disco caratterizzato dall'uso di strumenti provenienti da diversi continenti (tampura, tabla, derbouka, musette, djembè, bouzuki, ecc.), accanto a chitarra, basso, batteria, tastiere e voce. Ne uscì un'opera dove i suggestivi testi (in italiano) erano supportati da una musica a 360 gradi, contaminata dai suoni del mondo. Al primo lavoro fece seguito “Il bacio di Polifemo”, dove la band continuò e ampliò il discorso già imbastito. Dopo qualche anno di silenzio la band iniziò la propria collaborazione con la Lizard Records e pubblicando “Affetto e attrazione” (2012). Ma dopo tre lavori improntati sui testi scritti da Alessandro Brocchi e Massimo Gobber, la band decise di intraprendere un nuovo cammino, utilizzando liriche provenienti dalle opere dei poeti inglesi del diciottesimo e diciannovesimo secolo (William Blake, John Keats e William Woodsworth), unendoli alle musiche realizzate dalla band e pubblicando “And in thy heart inurn me” (2018), un lavoro di grande spessore culturale, che è stato portato anche in concerto per alcune date (ad una delle quali ho assistito nell'estate di due anni fa).
Questo disco così particolare ha avuto riscontri molto positivi dalla critica
e, probabilmente, ha incoraggiato i musicisti a ripetere e approfondire
l'esperienza. Così la band si è messa al lavoro e, quest'anno, ha pubblicato
un'altra opera basata sui testi dei poeti inglesi del passato, cioè “Love sells poor bliss for proud despair”, di
cui andiamo a parlarvi.
L'attuale formazione
dei Monjoie non è molto diversa da quella di oltre venti anni fa e comprende
Alessandro Brocchi, voce, chitarre, tastiere e tampura, Valter Rosa, chitarre e
bouzuki, Davide Baglietto, flauti, tastiere, musette del Berry, Alessandro
Mazzitelli, basso, tastiere, programmazione e percussioni (del quale non
possiamo non ricordare l'importante opera di produttore musicale, di tecnico
suoni e luci e di titolare di uno studio di registrazione, la MazziFactory)
e Leonardo Saracino, batteria (musicista di provenienza jazz e swing). Per la
realizzazione del disco ai cinque musicisti savonesi si è unito un nutrito
gruppo di eccellenti collaboratori.
Il CD si apre con la
poderosa suite in cinque parti Ode on a grecian urn, su testi del
poeta John Keats. Si tratta di una composizione molto ambiziosa, dove alla voce
calda e malinconica di Alessandro Brocchi e agli strumenti degli altri
componenti della band si uniscono i preziosi interventi di Edmondo Romano al
sax, di Alessandro Luci al basso fretless e di Matteo Dorigo alla ghironda.
Seguono cinque brani realizzati dai Monjoie su testi del poeta Percy Bisshe
Shelley: Mutability, caratterizzata dai delicati arpeggi di chitarra
acustica e dal bel lavoro al violino di Fabio Biale, To Night, la
lievemente jazzata A Lament, la cantautorale The flower that smiles
today (della quale la band ha realizzato un video presente su YouTube) e A
Dirge (che potremmo tradurre in italiano come Un canto funebre), un
pezzo velato di tristezza che non potrà non emozionarvi, con un bellissimo
intervento dell'ospite Lorenzo Baglietto alla musette. Conclude l'album She
walks in beauty, su testo di Lord Geoge Byron, un pezzo in lieve
controtendenza, che contiene molti riferimenti alla new wave-elettronica degli
anni '80.
Un disco decisamente
particolare, ad alto contenuto lirico e di difficile catalogazione (sempre che
la musica si possa catalogare). Un'opera che ha tra i suoi punti di forza il
lavoro di ricerca sui testi dei poeti inglesi e la realizzazione di musiche che
riescono ad esaltarli. Un lavoro sincero, che conferma la voglia dei cinque
musicisti di sperimentare e non accontentarsi di percorrere vie già battute,
nonché la notevole preparazione e sensibilità dei Monjoie e degli ospiti del
disco (dove, a quelli già citati, va aggiunta Simona Fasano alla voce
recitante). Non posso nascondere, però, che un progetto di questo tipo, alla
lunga, può rivelare poca eterogeneità tra i brani, soprattutto per quanto
riguarda il canto.
Giunto al termine
della mia recensione mi chiedo se l'amicizia che mi lega ai componenti del
gruppo abbia in qualche modo influenzato il mio giudizio. Forse la risposta la
potete dare voi, ascoltando “Love sells poor bliss for proud despair”.
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