Il
Bacio della Medusa: “Imilla” (2023)
AMS Records - distr. BTF Vinyl Magic
(9 tracce | 44.20 min.)
Commento di
Alberto Sgarlato
Con questo quinto album in studio intitolato “Imilla”, Il Bacio della Medusa da Perugia si conferma ancora una volta come una delle più solide e appaganti certezze per gli amanti del rock progressivo italiano. “Imilla” era il nome di battaglia di Monika Ertl, combattente rivoluzionaria tedesca ma naturalizzata boliviana, soprannominata “la vendicatrice del Che” e trucidata a maggio del 1973 in un periodo di grave instabilità politica per questa nazione dell’America Latina. Questo breve excursus storico era non necessario ma addirittura fondamentale per inquadrare la crudezza che pervade tutto questo concept album dedicato, appunto, alla guerrigliera.
Il disco si apre con i tre minuti
di “Un visto per la Bolivia”: i tasti di una vecchia macchina da
scrivere sembra quasi che ci accompagnino nella stesura della trama di questo
concept. Ma subito l’entrata delle chitarre asciutte, taglienti, squadrate, ci
fa respirare un’atmosfera western morriconiana che quasi sembra evocare il
“combat rock” di certi Clash o dei nostrani the Gang, a dimostrazione che al di
là delle gabbie di generi e stili la musica non ha confini. Ipnotico il
contrasto tra il suono “ironico” del kazoo e i vocalizzi acuti, anch’essi da vera
colonna sonora, fino all’emozionante crescendo “cullato” da flauto e Mellotron.
Che partenza!
Il suono della nave che parte ci
accompagna alla successiva “Amburgo 1° aprile ‘71” e qui la
potenza del riff di sax e tastiere e il muro di suono che ne consegue fanno
pensare a Van Der Graaf, Raw Material e ai nostrani Osanna. Primo brano
propriamente “cantato” (tolti i vocalizzi della prima traccia) e il testo ci
introduce nelle drammatiche vicende narrate nel disco. Non solo parole
toccanti, ma grande prestazione vocale che ne rende bene l’intensità.
Per trovare la prima vera ballad
di folk-prog dobbiamo arrivare alla terza traccia, “La Dolorida”;
ma la quiete dura poco: il delicato arpeggio chitarristico acustico
dell’introduzione lascia ben presto spazio alla potenza del riff di sax. E da
qui in poi è un saliscendi di emozioni, tra momenti rarefatti e altri più
aggressivi, entrambi punteggiati da un gran lavoro di “intelaiatura” da parte
del basso.
“La Dolorida”, con la sua
infuocata coda nella quale domina un emozionante solo di organo Hammond (prima
della ripresa acustica finale con commoventi duetti di sax e chitarra), è anche
la traccia più lunga del disco con i suoi 6 minuti abbondanti. Pregevole la
scelta della band di costruire in modo intelligente brani articolati senza
perdere mai il senso della misura e senza abbandonarsi a inutili riempitivi.
“Zio Klaus” è forse
il brano più vicino alla tradizione di certo “obscure-dark-prog” italiano,
grazie a una massiccia presenza di organo liturgico e sintetizzatori analogici,
ben sorretti da cupi riff chitarristici e un flauto quasi jethrotulliano. Il
pathos di questa traccia è – superfluo dirlo – davvero notevole. Qui la band
devasta i confini del rock per sfociare in un climax teatrale e quasi
operistico, con tanto di fulminea citazione della Cavalcata delle Valchirie.
“Dentro Monika qualcosa non
va”, recita il titolo della traccia successiva: sorprendente prova di
maestria nel passare fluidamente da momenti strumentali in tempi dispari
dominati dal flauto a una strofa in levare reggaeggiante fino al crescendo
cantautorale del ritornello.
“Ho visto gli occhi di Inti
virare a nero” è un’ennesima dimostrazione della varietà di linguaggio
di questa band: un solido jazz-rock dove il wah-wah funkeggiante della chitarra
e i riff del sax fanno il grosso del lavoro, sempre ottimamente sorretti dalle
linee del basso.
Dopo il groove della sesta traccia
torniamo a uno dei momenti più cupi con “Senior Service”, un
brano che fa realmente respirare, nel testo e nelle musiche, le atmosfere
fumose e inquietanti dei peggiori bar boliviani. Anche qui situazioni in odor
di jazz-rock si alternano a momenti arpeggiati più da ballad.
Ci stiamo ormai avvicinando al
finale con “Lo specchio di Hans Ertl”: e qui di nuovo torniamo a
riabbracciare il progressivo italiano più “pastorale”, quello acustico e
delicato di tante band degli anni ‘70. Forse la traccia più commovente,
soprattutto nel suo intenso crescendo finale drammatico, di un intero disco che
fa del forte impatto emozionale la sua cifra stilistica.
Ma il disco finisce con un brano
che fa già paura fin dal titolo: “Colt Cobra 38 Special” (e già è
detto tutto). Sono infatti gli spari e le sgommate all’inizio del brano a
ricordarci che una storia di guerriglia purtroppo non può mai essere a lieto
fine. Troppo sangue si sparge, troppo dolore ne scaturisce. I suoni acuti del
sintetizzatore analogico ben punteggiano il lavoro del flauto
nell’introduzione. E quando parte la chitarra con le sue note lunghe strappa
letteralmente il cuore dal petto. Un brano quasi totalmente strumentale (tranne
le ultime, tristissime strofe) dove le parole non servono, perché a scuotere
l’ascoltatore ci pensano i continui cambi d’atmosfera, ancora una volta tra
Morricone, Osanna, Jethro Tull, hard rock e momenti più barocchi.
La band spiega che tutto l’album è
nato da una prima stesura acustica da parte del cantante Simone Cecchini. Ma
tanta è la coesione della band, tanto è forte l’impatto sonoro, tanto è ricco
il lavoro fatto da tutti i singoli musicisti che questo aspetto non traspare;
al contrario, sembra tutto frutto di una sessione di lavoro collettiva.
A dispetto delle atmosfere
“western” che pervadono certi brani, la splendida grafica di copertina evoca
semmai un altro grande filone “di genere” del cinema italiano, cioè il
cosiddetto “poliziottesco”. I collezionisti, infine, saranno già in sollucchero
nel sapere che di “Imilla” esiste anche la versione limitata in vinile rosso.
Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)
1.Un Visto per la Bolivia 2:59
3.La Dolorida 6:11
4.Zio Klaus 5:01
5.Dentro Monika Qualcosa Non Va 5:30
6.Ho Visto gli Occhi di Inti Virare a Nero 4:46
7.Senior Service 5:37
8.Lo Specchio di Hans Ertl 3:29
9.Colt Cobra 38 Special 5:38
Il Bacio della Medusa:
Simone Cecchini:
voce, chitarra, kazoo e cori
Diego Petrini:
batteria, percussioni, piano, organo, mellotron, synth, melodica e macchina da
scrivere
Eva Morelli: flauto
traverso, sax alto e sax soprano
Federico Caprai:
basso
Andrea Morelli:
chitarra elettrica e steel guitar
Il Bacio della Medusa:
https://www.facebook.com/ilbaciodellamedusa
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