Usciva nel novembre 1980 “Urgentissimo”, primo album del “nuovo corso” del Banco del Mutuo Soccorso, o meglio “Banco”.
La band cambia casa discografica,
dalla Ricordi passa alla CBS, di proprietà della Columbia, una delle major
degli Stati Uniti. Il disco contiene tra gli altri il brano “Paolo Pà”, che
li porterà ad avere un bacino di ascoltatori più ampio.
Il ritmo funky dà un senso di leggerezza ad un brano che ha un tema molto importante, quello dell’omosessualità, argomento tabù in Italia in quel periodo.
“Certo la canzone è interamente costruita sul Do, l’accordo più basico esistente, ma la sottigliezza del ritmo in levare e gli attacchi delle strofe fuori accento la rendono molto più complessa di quanto un ascolto superficiale potrebbe far sospettare. E poi c’è il testo che affronta un argomento spinoso e credo mai prima di quel momento trattato in modo così esplicito“ (Vittorio Nocenzi da “Nati Liberi”)
Un disco da rivalutare, un pop-rock
di grande spessore.
Wazza
Accadde in una non precisata notte dei tempi, che il Mutuo Soccorso lentamente svanì e con esso il saturo decennio che consegnò agli estimatori del progressive (non solo d’oltremanica), uno più aurei capitoli musicali dell’intero novecento. Rimase il Banco, che nel corso del 1979, in pochi mesi, diede modo di assistere ad una chiara virata verso sonorità più sciolte, osiamo pure dire cocciutamente commerciali, che i seguaci della vecchia guardia, vissero in prima persona con un sospetto tremendamente giustificabile. Vero è pure, che stare al passo con i tempi, era in quel periodo un motto di gran lunga ricorrente. Alché il già rarefatto e semplificato “Canto Di Primavera”, chiuse il fortunato ciclo, consegnando la stecca ad una compagine emotivamente restaurata, spacciatrice dell’energico live “Capolinea” (titolo molto probabilmente non scelto in maniera casuale), che in via definitiva blinda in cassaforte a tenuta stagna, quell’imperiale e granitico rock barocco ed orchestrale, gettandone irrevocabilmente la chiave e spalancando agli anni ottanta, dei lavori di più celere ed immediato piglio auricolare.
Fuorviando quello che ne può concernere un discorso puramente stilistico, reputo “Urgentissimo” un disco di eccellenti doti sonore. I fratelli Nocenzi, Maltese e la restante truppa, generano un long-plein che strutturalmente si regge su chitarre più incattivite, giri di basso di gran mestiere e tastiere con atmosferici ed intelligenti sprazzi di elettronica. Nulla di così plasticoso e meticcio quindi. Il disco è gradevole, non stanca, non delude, è un rock più diretto, astuto e funzionale, ma realmente molto, molto artigianale e con un’elevata personalità. Forse il loro prodotto più ispirato degli anni ottanta, insieme a “Banco” del 1983, che rimescola le carte e si contraddistingue per una più sobria eleganza, a discapito dei più deboli "Buone Notizie" datato 1981, tentativo meno riuscito d'emulazione di "Urgentissimo" e il più sfortunato "...E Via" pubblicato agli inizi del 1985, ultimo e snervante "atto di dolore", tristemente accompagnato dal quindicesimo posto di "Grande Joe" al trentacinquesimo Festival di Sanremo, prima di un timido e più dignitoso ritorno negli anni Novanta.
La soave ed incantevole ugola di Francesco “Ciccio” Di Giacomo completa il resto. Sa spalmarsi delicatamente a pennello e come sempre sa anche porsi nei momenti esatti con il giusto tono, sopra quelle nuove e stimolanti melodie d’inizio decennio. Storie di sempre, storie di anime al margine, di Paolo l’omosessuale maledetto, Felice il sognatore e Anna la suicida in una notte di Luna piena. Poi altri pensieri e concetti sul vivere e sul mal di vivere quotidiani, di Dei non pervenuti e di cieli dubbiosi, di riequilibri interiori, di qualcosa che agonizza dentro, che logora e che al contempo fa riflettere.
Un disco a mio parere eccessivamente snobbato e da rivalutare coraggiosamente, che ha per unica colpa, quella di adeguarsi in qualche modo ai tempi in fase di cambiamento. Un disco che tutto sommato, a quei tempi vi si adegua però con lungimiranza, offrendo una qualità nettamente alta e che non andrebbe forzatamente raffrontato con quello che il complesso ha prodotto fino all’anno precedente, perché la sterzata di stile è determinante e rischierebbe di lasciar cadere nel retorico e nel grottesco ogni qualsiasi serena valutazione. Voto: 8-/10
Chiudo con il mio personalissimo e semplice pensiero, dedicando il mio ricordo a Francesco e quella che rimane una tra le più allegre, esaltanti e pulite voci del panorama italiano e con il rammarico di non aver avuto il tempo di ascoltarla dal vivo, nonostante attendessi un nuovo giro di concerti, ai quali mi ero finalmente promesso di presenziarvi. Anche se vive e gioiose, quella voce e quell’amabile mole che la partoriva, lo saranno in eterno.
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