21 Gennaio
"Fù tolto al mondo troppo al dente"
(epitaffio sulla tomba di Aldo Fabrizi)
Ci sarai sempre. Buon viaggio Capitano
Wazza
(Il ricordo di Gianni Marsili)
Un giovedì di fine luglio era in programma una
serata che avevo dedicato a tutte le etnie presenti a Roma. L’avevo intitolata
“Popoli”.
Piazza Santa Maria in Trastevere era gremita
di folla, attenta, partecipe all’esibizione dell’”Orchestra di Piazza
Vittorio”, questa bellissima orchestra di quaranta artisti provenienti da tutto
il mondo, di tutte le etnie e di tutti i colori.
Ricordo tutto ancora con la stessa emozione.
A un certo punto del concerto, la figura ben
nota di Francesco di Giacomo, del Banco di Mutuo Soccorso, si fa strada sul
palco. La sua figura è inconfondibile, il suo modo di essere lo rendono subito
riconoscibile, e la piazza gli tributa di getto un applauso spontaneo, quasi
pregustando qualcosa di importante e di inedito.
...E la magia inizia.
L’orchestra riprende a suonare: suoni di paesi lontani, suoni che disegnano tramonti senza fine in cieli senza orizzonti. Poi, Francesco, con un filo di voce, quasi sussurrando, comincia a cantare.
Quanta pena stasera c’è sur fiume che fiotta così disgraziato chi sogna e chi spera tutti ar monno dovemo soffri’.
Silenzio nel pubblico: la piazza ascolta,
ammutolita, forse un po’ sconcertata. I venditori ambulanti si fermano; anche
se intenti al loro lavoro, si rendono conto che sta accadendo qualcosa e anche
loro ascoltano.
Mi guardo attorno: un bambino smette di
giocare, le coppiette si danno di gomito in un momento di intima complicità;
perfino i palloncini in aria sembrano immobili nel ponentino romano. Sono
convinto che molti, in quel momento stanno trattenendo il respiro.
Er barcarolo va controcorrente.
Sono le parole di “Er barcarolo romano”,
canzone molto amata a Roma e che è stata interpretata dai più grandi cantanti
romani, come Claudio Villa, Lando Fiorini, Gabriella Ferri, etc.
…e quanno canta l’eco s’arisente dice si è vero che tu dài la pace boiaccia fiume je l’hai data tu.
Adesso tutti volgono la loro attenzione verso
il palco: gli artisti di strada, i clown, i suonatori ambulanti ai lati della
strada o sparsi tra la folla...; anche quelli che sono impegnati in altre
attività, come i camerieri che stanno servendo ai tavoli, tutti alzano la testa
incuriositi.
Nell’aria c’è magia. Si sente, si tocca quasi
con mano. Il popolo di Roma percepisce la tensione e ne assapora il piacere.
Più d’un mese è passato da una sera che dissi
“A Ninè quest’amore ormai è tramontato.” Lei rispose “Lo vedo da me”.
Sul palco, Francesco continua a cantare;
nonostante la sua mole sembra essere diventato piccolo, irrilevante, mero
strumento di un attimo di magia, di un sogno d’estate, che l’orchestra
accompagna in un inedito arrangiamento, umile anch’essa affinché il miracolo
non si guasti.
Quaranta musicisti da tutto il mondo, di tutte
le etnie, e un cantante romano: per qualche momento Trastevere è il centro del
mondo.
La luna da lassù fà capocella rischiara il
viso a Ninetta mia bella me voglio sperde solo giù per fiume così chi t’ama
more assieme a te.
Anche l’ultima nota scende su una piazza muta,
rapita. Nessuno osa ancora interrompere l’incanto.
Per almeno cinque secondi non si sente un
suono, poi, timidamente, un incerto battito di mano, poi qualche applauso
sparso, un po’ più forte... Infine, come un argine che si rompe, l’esplosione,
l’urlo liberatorio: la folla dà finalmente sfogo alle emozioni trattenute in
un’ovazione senza fine.
Alla fine, qualcuno chiede urlando anche il
bis, ma come è possibile ripetere un miracolo?
Era la festa de Noantri del 2007, ma mai, come in quel momento, era veramente la festa di tutti.
FRANCESCO grazie e arrivederci.
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