18 luglio 2022, Arena di Verona, Simple Minds
finalmente ci siamo…
Erano 19 anni che mancava per me un
concerto dei Simple Minds e non riesco a capire come ho fatto a perderli nell’aprile
del 2017 al Teatro Manzoni di Bologna, proprio la mia città… forse ero girato
dall’altra parte.
Era il marzo 2020 quando ho
acquistato i biglietti e di rinvio in rinvio siamo arrivati fino ad oggi.
L’Arena di Verona è sempre magica e ti accoglie sempre come un grande abbraccio, meglio se con un cuscino sotto al sedere. Con i posti numerati in gradinata non c’era bisogno di arrivare ore prima quindi, prima una pizza e alle 20,15 eravamo all’interno, seduti proprio su quel cuscino di cui sopra.
Si comincia alle 21,20 con “Act of
love”, un vecchio pezzo che sinceramente non ricordavo per poi avere un
primo grosso scossone con “Love song” ed il piedino e le mani cominciano
a battere in mode frenetico.
Jim Kerr, un po' appesantito nel
fisico, si muove sempre con maestria su di un palco enorme ma molto essenziale,
finalmente senza quei maxischermi giganti (per me odiosi) che ti fanno sentire
come davanti alla TV anziché ad un evento live. Solo un lungo e stretto schermo
dietro alla band dove scorrono immagini computerizzate che danno comunque un
senso alla musica che stiamo ascoltando.
Come dicevo, Jim Kerr si muove bene,
anzi benissimo e arriva spesso fino in mezzo al pubblico a stringere mani,
battere cinque e parlare il italiano, tanto da uscirsene con un “minchia che
caldo!”.
Si prosegue con i classici ma la
tripletta “Waterfront” “Glittering prize” e “Book of brilliant
things” è terrificante e mi dimentico di dover fare i conti con una
caviglia in disordine, ma ci sarà tempo per curarla, non stasera. Il classico “Mandela
Day”, la nuovissima “Vision thing” (che credo farà fatica ad entrare
di diritto nei capolavori dei SM) e “Let there be love” proseguono una
atmosfera magica che raggiunge il top quando partono le prime note di “Belfast
child”, eseguita in modo intimo e struggente, quasi religioso tanto che
quasi tutto il pezzo Jim Kerr lo canta in ginocchio.
Con “Theme for the great cities”
si ritorna con i piedi per terra e non si riesce proprio a non batterli
ritmicamente, poi una apoteosi di successoni fino a contare ossessivamente
81-82-83-84…
Il solito finto finale e poi ci si
ritrova tutti a saltare con tre pezzi forti nel bis.
Senza dubbio un bel concerto, sereno
e divertente, senza scalmanati o litigiosi, con il divieto assoluto di fumare
all’interno dell’Arena, insomma una bella serata.
Non ho ancora scritto niente della
band ma non c’è molto da scrivere. Li ho trovati di una perfezione quasi
maniacale, con Charlie Burchill preciso e puntuale come un treno giapponese e
mai invadente la scena.
Tastiere, basso e cori assolutamente
perfetti ma vorrei tenere per ultimo un piccolo commento per il motore ritmico
della serata. Ho sempre adorato il drumming potente e suntuoso di Mel Gaynor ma
quando mi sono trovato davanti una macchina del ritmo come Cherisse Osei, che
picchia più forte di Mike Tyson ed è anche una gran bella ragazza (che non
guasta mai) ho capito che nessuno è insostituibile.
Evviva Mel, evviva Cherisse, evviva i
Simple Minds.
Alla prossima.
Valerio Gabrielli
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