RocKalendario del
secolo scorso – Maggio
Di Riccardo Storti
1955 – Per la prima volta in cima alla prestigiosa classifica Billboard R&B Chart: lui si chiama Ray Charles e la sua hit I Got a Woman, una sorta di blues al passo ritmico del country, insomma una buona miscela che possa piacere al tanto variegato, quanto diviso, popolo giovanile americano. È il 7 maggio del 1955 e questa canzone ne ha fatto di strada: incisa nel novembre del 1954 presso gli studi dell’Atlantic di Atlanta, con l’inizio del nuovo anno il brano cominciò a scalare l’hit parade, conquistando la vetta dopo cinque mesi. Pezzo forte della playlist di Charles, il cantante la stava rodando da più di un anno durante le sue apparizioni live. Dopo di lui, coverizzarono I Got a Woman Elvis Presley, i Beatles e il francese Johnny Hallyday.
1965 – Come nasce una canzone e che canzone. Qui parliamo di Satisfaction dei Rolling Stones: quel riff – che rivoluzionò irrimediabilmente la storia del rock – pare sia nato in circostanze piuttosto nebulose. Keith Richards registrò una versione grezza del riff su un registratore a cassette Philips. Non aveva idea di averla scritta o meglio… diciamo che si fosse dimenticato parecchi dettagli della serata precedente. Poi, la mattina successiva, ascoltando la registrazione, si accorse che c'erano circa due minuti di chitarra acustica, poi si sentiva cadere il plettro e quaranta minuti di un inedito Richards roncopatico. Insomma, quando si dice cadere tra le braccia di Morfeo (una “camomilla” troppo forte?). Sulla location di questo episodio, esistono diverse versioni: una stanza d’albergo al Fort Harrison Hotel a Clearwater in Florida, oppure una casa a Chelsea o il London Hilton, benché Richards insista sul fatto che l’epifania sonora avvenne nel suo appartamento di Carlton Hill, a St. John's Wood. Comunque sia andata, una data e un luogo certi ci sono per quanto concerne la prima incisione di Satisfaction: era il 10 maggio del 1965 presso i Chess Studios di Chicago.
1975 – 18 maggio 1975 esce in edicola il n. 18 di “Ciao 2001” e in copertina c’è Rick Wakeman; sfogliando, però, il nostro occhio viene catturato a pagina 43 da una novità discografica che si riferisce all’esplosivo esordio dei Napoli Centrale (la recensione al disco era di Giorgio Rivieccio). Siamo nella Napoli di metà anni Settanta tra la pausa degli Osanna e la “nascita” musicale di Pino Daniele; in mezzo i Napoli Centrale sono quasi un ideale elemento di continuità che, a dire il vero, parte da molto lontano. I due fondatori James Senese e Franco Del Prete provengono dagli Showmen (che tanto successo ebbero alla fine degli anni Sessanta), mentre l’inglese Tony Walmsley e l’americano Mark Harris arrivavano da Il Rovescio della Medaglia (senza essere peraltro mai entrati in studio). L’album omonimo, pubblicato da Ricordi, è una mirabile fusione di verità etnofoniche partenopee e jazz-rock d’oltreoceano; la loro Napoli non è quella che esce dalle cartoline ma è un’occasione di denuncia sociale e civile, quasi in sintonia con un altro lavoro coevo ovvero El Tor dei Città Frontale (spin-off degli Osanna).
1985 – I Dire Straits il 17 maggio pubblicano il loro quinto album in
studio, Brothers in Arms. L’album riscuote un enorme successo, in parte
grazie all’eccezionale qualità del suono; causa di ciò il fatto che è stato
registrato interamente in formato digitale, anziché con il tradizionale nastro
magnetico analogico. Per tale motivo l’album incentiva gli appassionati di
musica a compiere un salto tecnologico dal vinile al compact disc, visto che Brothers
in Arms sarà il primo album a vendere più copie su CD rispetto a quelle su
disco. Non solo: diverrà l’album più venduto degli anni ’80 nel Regno Unito.
Al di là dell’appeal tecnologico, Brothers in Arms reca in sé una serie di successi tali da incrementare la popolarità della band di Mark Knopfler: pensiamo a Money for Nothing (con Sting), So Far Away, Walk of Life oltre alla title track. Sul solco delle innovazioni, merita menzione pure il videoclip di Money for Nothing, uno dei primi realizzati con grafica animata computerizzata (CGI).
1995 – Esce Stanley Road, terzo album di Paul Weller, e, in quattro e quattro otto, l’opera arriva al vertice della classifica britannica degli album più venduti. Al di là del consenso “pop”, la qualità compositiva di Weller si avverte canzone dopo canzone: sa fondere con sintesi i suoi due amori primigeni (il rock e il soul), guarda alla tradizione però anche alla contemporaneità e ciò è provato dagli ospiti (c’è Steve Winwood, ma pure Liam Gallagher degli Oasis). Spunti vintage ben evidenti sulla copertina, il cui collage è opera di Peter Blake, uno dei designer che stavano dietro all’artwork di Sergeant Pepper dei Beatles. Tra le canzoni, svettano l’hit The Changingman con quel riff arpeggiato all’inizio così simile a quello di 10538 Overture degli ELO, la smagliante black song Broken Stones e la suggestiva ballad da pelle d’oca You Do Something to Me.
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