Of
Monsters And Men: un equilibrato ensemble dall’Islanda
@ Auditorium Parco della Musica – 08 07 2015
Articolo già apparso
sul portale Rome by Wild:
Live
Report e foto di Maria Grazia Umbro
Islanda, remota
terra nordica fatta di montagne e ghiacciai, vulcani e geyser. Con queste
caratteristiche e poco più di 300.000 abitanti, ci si potrebbe sorprendere che
sia anche patria di una “scuola” musicale che da un discreto numero di anni ci
ha fatto conoscere dapprima Björk, Sigur Rós e Múm, e da
tempi più recenti gli Of Monsters And Men che questa sera
hanno quasi riempito la Cavea dell’Auditorium di Roma.
Visto il clima
tropicale che sta attanagliando Roma in questi giorni, nel mio immaginario
auspico che gli Islandesi portino con sé un pizzico del loro clima temperato.
Ma, al contrario, vengo riportata alla realtà meteorologica
quando, pochi istanti prima del loro arrivo, sul palco fa il suo ingresso una
nutrita scorta di bottigliette d’acqua (una balla da
24?) che saranno consumate – e neanche poco – dai numerosi componenti della
band. Tutto è pronto quindi, e con la discreta puntualità che
contraddistingue l’organizzazione dell’Auditorium,
i nove (eh si, proprio tanti) musicisti si apprestano a prendere posto accolti
da un grande applauso.
L’inizio
delinea subito la direzione del live e, nonostante non sia totalmente buio, si
cerca di creare un’atmosfera idonea con luci basse e la
voce (in primo piano) di Nanna Bryndis Hilmarsdóttir, che lascia poi
spazio ad un crescendo finale che fa solo da aperitivo. Il brano, tratto dall’ultimo
disco “Beneath The Skin“, (pubblicato a giugno di quest’anno),
si intitola “Thousand Eyes”. Segue subito un altro pezzo dello stesso
album, “Human”, questa volta
affidato anche alla voce di Ragnar “Raggi“ þórhallsson,
pezzo che evidentemente gode di maggiore notorietà da
parte del pubblico che inizia a cantare battendo le mani a ritmo. Non faccio in
tempo a guardarmi intorno per verificare quanta gente c’è che, forse su invito
di Nanna o più probabilmente per iniziativa di qualche temerario, tutto il
pubblico del parterre si alza e si accalca sotto il palco prima ancora che
inizi il terzo pezzo in scaletta. Addio quindi al fantastico e privilegiato
posto a sedere in quarta fila centrale: da qui in poi per vedere il palco ci
toccherà stare
in piedi. Ma tant’è.
Tutto questo entusiasmo mi colpisce, ma mi ci abituerò perché
adesso il pubblico è davvero partito per la tangente. Nanna saluta e ringrazia
tutti per esserci e annuncia “King and Lionheart” mentre la gente si
sbraccia a poca distanza da lei con telefonini e macchine fotografiche che
sembrano toccarla.
La scaletta,
gentilmente offerta dall’organizzazione,
prevede un mix del loro repertorio che consta di soli due album: quello già citato,
(“Beneath The Skin“, 2015), e il primo “My Head Is An Animal”
(2011) che, seppur diverso nella sua venatura più intimista rispetto al
secondo, che trae ispirazione dai viaggi della band, è il probabile artefice
del loro successo. Scorre tutto piacevolmente con un’andatura
regolare, i brani sono una combinazione molto suggestiva di delicatezza e
ritmo. Si passa dalle voci quasi celestiali e sussurrate dei due vocalist, a
delle sferzate energiche ed inaspettate, in modo totalmente naturale. In
particolare, e non solo per la lunga e folta capigliatura alla vichinga, su “I
Of The Storm” si fa notare il batterista Arnar Rósenkranz Hilmarsson.
Naturalmente, anche gli altri strumentisti danno un contributo tangibile. Anche
solo ascoltandoli e guardandoli su un palco senza una particolare scenografia,
(a parte delle strutture metalliche sul fondo che si illumineranno poi
delineando delle diagonali incrociate all’interno di
rettangoli), si può percepire lo stesso trasporto che si ha guardando alcuni
dei loro videoclip che raccontano con le immagini scene quasi mitologiche, tratte
da storie e leggende Islandesi contenute in molti dei loro primi pezzi.
Lo stile, con
alcune influenze chiare dei loro più noti connazionali che identifica la loro
provenienza e, quindi, la cosiddetta “scuola” di appartenenza, è un indie/folk
rock, con qualche sprazzo di pop (le hit single come “Little Talk” e “Dirty
Paws” – due brani che hanno fatto letteralmente sobbalzare il pubblico – le
conosciamo tutti per passaggi radiofonici frequenti e per lo spot pubblicitario
dell’iPhone).
Loro, senza nessun effetto speciale, riescono ad essere trascinanti; del resto
con quattro chitarre, basso, tastiere, synth, percussioni e trombe, non c’è niente
da dire, sono quasi una piccola orchestra ben assortita.
La band, (per i
nomi completi e impronunciabili della formazione base abbiate pazienza e
arrivate fino a fondo pagina), si è formata nel 2010, ed è composta (nella
formazione base) da giovani tra i 25 e i 28 anni che sono però ottimi
musicisti. Si, certo, non stiamo parlando di musica “complessa”, di arpeggi, assoli
e virtuosismi vari, ma di un equilibratissimo ensemble
su due livelli: voci e strumenti, che armonicamente si incontrano e fanno la
differenza nel loro insieme. Sorprende abbastanza l’atteggiamento
umile, quasi timido, con cui tutti loro reggono il palco. Parlano poco, anzi
pochissimo, se non per presentare alcuni dei brani, e per ringraziare il
pubblico (non fanno nemmeno la presentazione di tutti i componenti).
Difficile lasciarli
andare quando, dopo un bis acclamatissimo, (nella breve pausa fra la fine
ufficiale del concerto e l’encore mi sono augurata
per loro che fossero riusciti a rinfrescarsi dato l’abbigliamento
dark e per niente estivo che hanno sfoggiato), Nanna saluta e ringrazia tutti
sentitamente, mani giunte sul cuore, per l’affetto
e per aver cantato con loro, auspicando di tornare presto.
Come già fatto
notare, il repertorio offerto è ancora un po’ limitato,
(due soli dischi, 17 brani in tutto, in un’ora
e mezza di show), ma la qualità del prodotto
compensa la quantità. E soprattutto si evidenzia che non
è sempre necessario fare i salti mortali sulle note, la semplice armonia fra
tutti gli elementi può essere la carta vincente per il successo.
In tutto ciò, l’Auditorium
con Luglio Suona Bene, si riconferma come manifestazione estiva di altissimo
livello per la location d’eccezione, ma
soprattutto per la programmazione attenta, ben costruita e di grande spessore
artistico. Per gli Of Monsters And Men non poteva esserci
opportunità migliore
per farsi apprezzare e consolidare il loro successo.
Setlist:
Thousand Eyes
Human
King and Lionheart
Slow & Steady
Empire
Black Water
I of the Storm
Hunger
Crystals
Mountain Sound
Wolves Without Teeth
Lakehouse
Little Talks
Six Weeks
Encore:
Dirty Paws
Slow Life
We Sink
Formazione:
Nanna Bryndís Hilmarsdóttir
– voce, chitarra acustica
Ragnar “Raggi” Þórhallsson –
voce, chitarra acustica
Brynjar Leifsson – chitarra
elettrica, chitarra baritona, cori
Arnar Rósenkranz
Hilmarsson – batteria, percussioni, cori
Kristján Páll
Kristjánsson – basso, cori
Steingrimur Karl
Teague – pianoforte, cori
Ragnhildur Gunnarsdóttir
– tromba, tastiera, cori
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