FUNGUS FAMILY-‘THE KEY OF THE
GARDEN'
(Black Widow Records)
Di Luca Nappo
Quella dei Fungus, band genovese nata nel 2002
dalla passione e dall’improvvisazioni dal gusto retro prog/psych di Alessandro
Vernetti (chitarra) e Carlo Barreca, già Zerothehero, (basso,
Chapman stick), è una storia di una vera e propria famiglia che ha visto
diversi cambiamenti, avvicendamenti e ritorni e che, oggi, dopo la firma per
l’etichetta Black Widow Records e il cambio di nome, appunto Fugus Family, presenta il quarto album 'The
Key Of The Garden', a confermare
in maniera più esplicita il legame tra i suoi componenti e a porre le basi per
un nuovo ciclo di emozioni sonore.
La band attuale
comprende, oltre al già citato Carlo Barreca, Dorian Deminstrel
(voce, chitarra acustica) Alessio Caorsi (chitarra), Claudio Ferreri
(tastiere) e Cajo (batteria) e si arricchisce in questo nuovo capitolo
d’un illustre ospite in due tracce, la leggenda Nik Turner, tra i
fondatori dei seminali Hawkwind.
"La chiave del
giardino" completa la trilogia iniziata con gli eccelsi episodi
precedenti, 'Better Than Jesus' e 'The Face Of Evil', confermando la bontà
tecnica ed esecutiva della band ligure che, come un ricco giardino citato nel
titolo, ci offre una vasta gamma d’umori, onirici ed introspettivi, tra
psichedelia floydiana e progressive anni '70, come nelle lunghe e suggestive
'1Q84', 'Suite No 5-Part I' e 'Holy Picture' ma anche passaggi più energici e
dalle atmosfere quasi doom di pezzi come 'Demo-crazy' e 'Eternal Mind'.
L'alternarsi d’elementi
più soffusi e parti più energiche rendono l'ascolto accattivante, aggiungendo
un sapore speciale nella fruizione dell'album, con questo alternarsi tra
tastiere e chitarra che ben traducono gli amori della band per il suono del
passato.
Un tributo alle proprie
influenze che si completa anche con due cover (non presenti nel vinile ma solo
nell'edizione in cd), 'See Emily Play' dei primi Pink Floyd e 'The Weaver's
Answer' dei grandi Family, proposte con devozione e gusto personale.
Particolarmente riuscita
la cover art di Jessica Rassi del The Giant's Lab che riesce a descrivere
perfettamente le sensazioni che questo disco ci regala, un caleidoscopio
d’emozioni dal fascino arcano, presentate con una tale abilità esecutiva che ci
conferma d’essere di fronte ad una realtà della scena psych/prog nostrana.
Uno dei dischi da
inserire nella playlist di questo 2019.
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