www.mat2020.com

www.mat2020.com
Cliccare sull’immagine per accedere a MAT2020

giovedì 15 giugno 2023

Usciva il 15 giugno 1979 l'album "Florian", de Le Orme


Usciva il 15 giugno 1979 l'album "Florian"decimo album in studio di Le Orme.

Pochi capirono questo cambiamento radicale nel sound del gruppo. L'idea venne a Toni Pagliuca, conscio che il punk ed altri stili musicali stavano affossando il progressive rock. Una "protesta", non usare strumenti elettrici e dedicarsi a strumenti acustici alternativi - violino, violoncello, vibrafono, clavicembalo -, una svolta sottolineata dall'amaro testo di "Fine di un viaggio".

Un disco da rivalutare e da ascoltare!
Wazza



RENZO ARBORE RECENSISCE LE ORME
dalla rivista «Il Monello» (1979)

È sempre con un pizzico di nostalgia che, ogni tanto, accolgo qualche nuovo disco di qualche «vecchio» gruppo pop. Certo, la parolina non è più di moda, il pop pare definitivamente morto e sepolto da noi, cosa quasi incredibile se si pensa alla autentica «febbre» dei primi anni Settanta, quando a partire da un memorabile «Festival dell'avanguardia e nuove tendenze» in quel di Viareggio, finalmente ci si contò.

Ai giovanissimi ricordo solo che era etichettata come «pop» la musica rock, quella di ispirazione classicheggiante, quella di ispirazione jazzistica e folk che decine e decine di gruppi andavano facendo in quegli anni, tutti protesi a sperimentare, a «trovare un loro genere e un loro spazio musicale», tutti attivissimi e frenetici, casomai divisi e concorrenti ma uniti da un unico invisibile filo che era quella «voglia matta» di fare musica diversa, nuova.


Oggi, come ho già detto altre volte, pochissimi i superstiti. I New Trolls (nominati per primi per anzianità) le Orme, il Banco del Mutuo Soccorso, la Premiata Forneria Marconi e qualche altro. A tutti, più o meno, il sottoscritto si sente legato da esperienze comuni, dal fatto di aver percorso e vissuto lo stesso «pezzo di vita», dagli entusiasmi per questo o quel disco nuovo.
Tra i più anziani, i quattro ragazzi delle Orme, quei veneti che, dopo aver debuttato con delle canzoni da «disco per l'estate», facili facili (ma sempre con un certo gusto) buone per il mercato, avevano gettato tutto alle ortiche per una musica più impegnativa, più nuova e ricca di fermenti. Quella di quest'anno è una ricorrenza, per le Orme. Il loro compleanno importante, quello dei dieci anni di vita. Una lunghissima vita se si pensa a quanti gruppi sono nati e sono morti nello stesso periodo di tempo. Dieci anni che le Orme hanno vissuto a tempo pieno, anche quando sono stati assenti dalle scene.
Loro principale caratteristica e loro encomiabile qualità, infatti, è sempre stata quella di ritirarsi ogni tanto e meditare, a rinnovarsi, a studiare, rinunciando a sicuri successi, a danaro. Segno che, per loro, innanzitutto viene la «musica», la voglia di fare musica «importante» e poi il mestiere. Cosa non facile oggi che, appena entrato in un ingranaggio discografico, sei quasi costretto ad assecondarlo, preso dalla routine, dagli impegni e da tutto il resto.


Così, tanto per prepararsi a festeggiare il decennale, il gruppo de Le Orme, dopo aver «sperimentato» le lusinghe della musica più o meno elettronica, si è fermato a studiare la strumentazione propria e lo sviluppo futuro da dare alla loro musica. E così Aldo Tagliapietra ha approfondito lo studio del violoncello, Germano Serafin il violino, Michi Dei Rossi alcuni strumenti «percussivi» come la marimba, lo xilofono e il vibrafono e Tony Pagliuca il «vecchio» pianoforte. Tutti strumenti «acustici» come vedete, lontani da quei marchingegni che pure avevano avvicinato nelle loro precedenti esperienze. E i quattro spiegano di essere delusi dall'elettronica che «eccita sì la fantasia ma impedisce il cervello e le mani».

Quindi, il rientro in Italia, dopo aver registrato tutti i precedenti album nei migliori studi di Los Angeles, Parigi e Londra. Un ritorno a casa in piena regola, visto che il loro nuovo disco è stato interamente registrato a Mestre, e senza tanti accorgimenti tecnici che avrebbero «impigrito il cervello e le mani». E «un ritorno a casa» anche nella musica, visto che il disco viene intitolato «Florian», come il celeberrimo caffè di Piazza San Marco, ritrovo di intellettuali e di appassionati di musica, con quelle inconfondibili orchestrine che ripropongono classici della musica «seria», melodie «immortali» e valzer nostrani e europei. Quindi anche da parte delle Orme, un riscoprire le loro origini musicali (oggi si parla di «radici») e di tornare ad essere affascinati dal classico, dalla musica ispirata a quella dei grandi maestri.

Così, Florian è un disco «sentito», affascinante se ascoltato con attenzione, ricco di atmosfere e oggi assolutamente inconsueto, tra la «disco-music» da una parte e il rock dall'altra. Buon compleanno!!!



Nessun commento:

Posta un commento