Intervista di Edmondo Romano a Federico Bagnasco sul suo primo
lavoro discografico:
“Le trame del legno”
Collaboro con Federico Bagnasco
da molti anni, assieme abbiamo suonato in molti concerti con numerosi artisti,
realizzato dischi, creato musica per teatro e registrata musica per il cinema
ed è quindi con grande piacere che gli rivolgo queste brevi e semplici domande
inerenti al suo primo lavoro discografico, “Le trame
del legno”, lavoro che ho ascoltato molte volte e che ho
apprezzato davvero a pieno solo dopo numerosi approfonditi ascolti, perché la
sua musica richiede conoscenza diretta, intima.
Cosa significa per te "Le trame del legno".
Il titolo del disco è successivo al disco stesso, e lo stesso vale
anche per buona parte dei singoli brani. Inizialmente ero orientato verso
"Massa critica", poi ho
scoperto che Dave Holland anni fa ha pubblicato "Critical Mass", e francamente non mi è sembrato il caso
(peraltro oggi "Massa critica" non mi convince più, sono ben contento
di aver cambiato).
In entrambi i casi mi affascinava l'uso di un titolo che potesse
essere fortemente ambiguo, che aprisse più strade interpretative.
Le trame del legno sono i rilievi e i disegni che si sviluppano su
una superficie legnosa (che lasciano immaginare percorsi tortuosi interni al
legno e propri del legno), sempre diversi e imprevedibili, nell'andamento e
nelle sfumature; e le trame sono anche le storie che possono essere intraviste
in questi labirinti, piccole sceneggiature di forme e colori; il legno diventa
la scenografia per tutto questo, e vuole essere il richiamo all'uso esclusivo
del contrabbasso in tutto il lavoro, che rimanda a quel suono che gli è proprio
anche quando l'elettronica lo modifica radicalmente (alla radice, appunto, del
legno). E inoltre mi piace il suono che hanno le due parole, "trame"
e "legno".
Credo di poter racchiudere il mio significato di questo titolo (o
forse addirittura di questo lavoro), l'aspetto propriamente più semantico
insomma, in questo rapporto con il suono (in questo caso il suono delle parole)
e con le molteplici suggestioni che questo suono (o parola) si porta dietro.
Quali sono i musicisti e i compositori che hanno guidato il tuo
cammino e quali sono le opere che ritieni essere fondamentali nella storia
della musica.
Una risposta soddisfacente a questa domanda metterebbe in seria
difficoltà il lettore curioso davanti a un elenco tanto enorme quanto
inevitabilmente non esaustivo. In maniera più diretta, una guida importante,
casuale o desiderata, è costituita dai tanti musicisti (e compositori) con cui
ho avuto il piacere di collaborare (guardacaso, fra gli altri, anche il mio
intervistatore attuale), gli amici musici con cui sono cresciuto, i maestri che
mi hanno supportato e sopportato. Né oserei stilare classifiche sulle opere
fondamentali (per pigrizia innanzitutto): fondamentale, per me, è stata
sicuramente la curiosità di scoprire sempre cose nuove e differenti, cercare
sempre qualcosa di insolito o un sentiero non ancora battuto: dalla musica
antica a quella più moderna, da musiche di diverse parti del mondo, da contesti
più dichiaratamente d'intrattenimento a contesti decisamente più
"intellettuali", dai riti collettivi alle ricerche più personali,
insomma sentire, non solo nel senso più fisico-acustico, un po' di tutto, compatibilmente con le
esigenze e i limiti spazio-temporali che la vita mi concede.
Non nascondo che un piccolo elenco mi avrebbe fatto piacere… pura
curiosità. Suoni acustici ed elettronici coesistono nel tuo lavoro. Perchè
questa scelta? In che modo ha influenzato la parte compositiva? In cosa secondo
te “Le trame del legno” è innovativo?
La distanza tra un suono acustico e un suono elettronico è più
labile di quanto normalmente si pensi: di fatto già la registrazione è un
operazione "elettronica" (tanto più con l'uso della registrazione
digitale); ma soprattutto quando si analizza il suono "acustico", il
suono "reale", potremmo dire, dello strumento, evidenziandone alcuni
parametri, anche solo lavorando con le distanze di un microfono dallo strumento
si entra subito in un tipo di sonorità che facilmente identifichiamo come
"elettronica". Di fatto in questo lavoro non c'è nulla di elettronica
pura, con generatori di onde, di sintesi ecc.; tutto è fatto unicamente con il
suono "acustico" di un contrabbasso: viene manipolato, filtrato,
tagliato, cucito, rallentato, polverizzato... ma gli ingredienti sono sempre
"naturali". Un prodotto bio praticamente! Non so quanto questa mia
operazione rappresenti una novità, io me la sono inventata così e così mi è
uscita.
So che a breve realizzerai dei concerti dove presenterai il tuo
lavoro, come si sviluppa la trasposizione di "Le trame del legno" dal
vivo?
Questo è stato un bel dilemma ed è costato un bel po' di lavoro!
Dal vivo lavoro in trio con Alessandro Paolini (con cui peraltro
ho realizzato il cd) e con Emilio Pozzolini. Io ho solo il mio contrabbasso e
loro due si occupano del Live Electronics: in pratica, da dietro una scrivania,
con mixer, computer, controller e aggeggi tecnologici vari, manipolano il mio
suono in tempo reale, lavorando con filtri, riverberi, volumi, ritardi,
spazializzazioni tra i canali (dove possibile infatti, il concerto sfrutta uno
spazio quadrifonico), e altre diavolerie tecnologiche, e spesso registrano il
contrabbasso e lo ripropongono per creare tessuti polifonici o vere e proprie
interazioni tra strumento e elettronica. La difficoltà è che ogni brano ha la
sua patch specifica, ogni volta uno strumento nuovo, con nuovi comandi, da
imparare a manovrare. Inoltre Alessandro per metà concerto suona anche un
secondo contrabbasso che agevola il mio lavoro e l'insieme. In queste due
prossime date per me molto importanti avrò anche un supporto "visivo"
al concerto: a Torino, giovedì 19 Marzo, presso il Superbudda, uno spazio molto
particolare e affascinante, saremo accompagnati da Stefano Giorgi al
live-painting, un bravissimo artista che usa delle tecniche molto particolari
(tra pochissimo pubblicherò un videoclip che Stefano ha fatto per me); a
Genova, venerdì 20 Marzo, alla Claque (Teatro della Tosse) saremo invece
accompagnati da Luca Serra che ci darà una mano alle luci e con due supporti
video "elettronici" per due miei brani (anche Luca mi ha preparato un
video che tra poco sarà reso pubblico).
La formazione è insolita (d'altra parte mi sembra lo sia anche il
progetto), ma secondo me funziona assai bene.
Secondo te la musica
"colta"(chiamiamola così per comprensione) e per colta intendo quella
orchestrale, contemporanea, di ricerca, di confine... si sta evolvendo negli
ultimi anni? Come pensi si svilupperà il panorama musicale futuro?
Così su due piedi mi viene da
rispondere affermativamente. Qualche difficoltà ad argomentare la risposta è
legata alla quantità e varietà di proposte compositive, inversamente
proporzionale alla loro diffusione (qui faccio riferimento in particolare
all'Italia). Sono innanzitutto consapevole di avere un po' di limiti
conoscitivi per avere un panorama chiaro della situazione. Sto conoscendo in
questo ultimo periodo molta musica recente grazie al lavoro con l'Eutopia
Ensemble, questo gruppo di musica contemporanea di cui faccio parte da due
anni, anche per via di un confronto continuo sulle scelte da portare avanti, e
per quel classico paradosso del sapere, più si conosce più ci si rende conto
che non si conosce abbastanza. Mi sembra abbastanza evidente in genere che la
musica scritta, di matrice "colta", si sia decisamente ampliata in
diverse direzione (tanto da mettere spesso in discussione i termini, cosa è
colto e cosa non lo è), contaminandosi con le diverse "musiche" in
cui viviamo, e allo stesso tempo sia sempre meno autoreferenziale, si ponga
cioè un problema di tipo "comunicativo", senza complessità fine a sé
stessa. E posso immaginare che questa direzione, già presente da venti o
trent'anni almeno, sarà sempre più evidentemente intrapresa.
Alla stessa maniera l'approccio
"colto" già da tempo è evidente in contesti musicali precedentemente
più settoriali (il jazz, il rock, il folk... per parlare usando categorie da
negozi di dischi). Credo che enormi differenze ci saranno da paese a paese,
come d'altra parte così già è.
Creare un primo lavoro
discografico è sempre un qualcosa di
importante per un artista, l’inizio di un percorso che spesso non si ferma nel
tempo ma si evolve. Bisogno importante e basilare diventa poi la diffusione della
musica creata, l’artista ha una innata spinta verso la divulgazione della
propria arte. Negli ultimissimi tempi il mondo della comunicazione e della
distribuzione musicale è drasticamente cambiato perché è cambiato l’utilizzo
del mezzo di promozione e divulgazione. Cosa ne pensi dei vari Spotify,
Napster, MySpace Music...?
Penso innanzitutto che siano una cosa con cui fare i conti, per
chi vuole lavorare con la musica, e penso che siano descrittivi di come è
cambiato e sta cambiando il rapporto che si ha con la musica. Mi colpisce molto
che i miei allievi adolescenti sono ben distanti dall'acquistare musica, non
semplicemente per non spendere, ma proprio non viene loro neanche in mente, non
hanno quel brivido o quel desiderio che molti della mia età provavano
relativamente ai "prodotti musicali"; è un mondo diverso. Parlandone
dal punti di vista del fruitore attuale Spotify o altre simili realtà sono
qualcosa di incredibilmente meraviglioso, un archivio pazzesco a disposizione,
con dischi magari non facilmente recuperabili, e gratuitamente! (seppur pagando
pegno con quelle odiose pubblicità, sempre a un volume più alto della musica
scelta). Il primo danno, sociale, è la perdita di una qualità dell'ascolto: non
penso solo alla compressione dell'mp3, ma al fatto che spesso l'ascolto su
queste piattaforme avviene tramite casse di computer per lo più scadenti, e al fatto che l'ascolto è sempre
più superficiale, schiavo del visivo, interludio tra le chat di un social,
sfondo di approcci multitasking.
E poi c'è l'aspetto visto da chi la musica la produce e qui casca
veramente l'asino, perché, seppur la cosa sia regolare, il guadagno effettivo è
praticamente nullo (salvo rari casi da hit parade), quindi deve essere contento
di avere una potenziale visibilità (ascoltabilità?). Nessuno acquista più musica,
pur usufruendo del lavoro che qualcuno ha svolto. Non ho un'opinione precisa su
quanto ciò sia buono o demoniaco per l'arte...
Credo comunque che tutto questa
mancanza di "passione" sia collegata anche alla nuova tendenza dei
gruppi ad essere sempre meno duraturi nel tempo (tendenza globale da qualche
anno) e al fatto di vivere la musica sempre più come un hobby o divertimento.
Oggi per un giovane musicista conta più l'apparire del creare, quindi meglio
essere visti da più persone possibili tramite una cover band che un lento e
costruttivo percorso.
Ultima domanda, scontata ma a mio
avviso importante per conoscere meglio un “nuovo” musicista, qual'è il tuo
percorso futuro?
Adesso vorrei riuscire a rinforzarmi un po' in queste veste di
musicista con un proprio progetto, a proprio nome; da lì mi piacerebbe che si
sviluppassero magari collaborazioni di qualche tipo, perché ritengo
fondamentale questa fase "in solo" per crescere, ma i progetti
condivisi possono essere più divertenti e stimolanti (oltre che di minor
responsabilità, più leggeri). Professionalmente voglio semplicemente riuscire a
fare con più agio quello che già faccio, cioè insegnare (contrabbasso al liceo
musicale) e lavorare come freelance; e accanto a ciò mi interessa coltivare un
mio percorso individuale, ma che non ha in realtà un obiettivo preciso, sotto
un profilo di "progettualità estetica". Vorrei tentare diverse strade
e fare un po' di esperimenti e di giochi: così sono nate Le Trame del Legno, e
così forse potranno nascere altri progetti. Vedremo!
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