Compie gli anni oggi,
22 marzo Michi
Dei Rossi, batterista delle Orme,
vera forza della natura.
Da 50 anni dietro i
tamburi a scandire il tempo di questo glorioso gruppo!
Happy Birthday Michi!
Copio e incollo, una
"vecchia" intervista a Michi Dei Rossi, dove si raccontano molti aneddoti.
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
La verità si avvicina
quando salta fuori il concetto di tempo zoppo. Michi Dei Rossi lo sfodera per
descrivere Al mercato delle pulci, il brano strumentale che chiude Storia o leggenda, disco pubblicato dalle Orme nel 1978. Unsette ottavi, precisa, un tempo dispari che rende
perfettamente il senso dell’incedere sghembo e casuale dei passanti in cerca di
tesori. Manca qualcosa, un ottavo, ed è questa l’assenza che rende la traccia speciale, svela
un formicaio urbano, la vita che insegue la vita. Cassa pulsante. Suono pieno.
Melodia romantica e ossessiva. Fantastico.
Eeehhh… sospira il batterista veneziano,
come se riabbracciasse un amico che non vede da anni -. L’abbiamo costruita intorno alle mie marimba. Eravamo a Parigi a
registrare l’album, e quella mattina avevamo fatto un giro fra le bancarelle
delle cose vecchie. Germano Serafin (il chitarrista del gruppo prematuramente
scomparso nel 1992) trovò un violino con una sola corda, lo prese in mano e
sembrava averlo suonato da sempre; col tempo imparò a maneggiarlo in modo
straordinario. Tornati in studio, su un giro improvvisato abbiamo finito il
pezzo. E praticamente dal vivo. E ha il tempo zoppo. Quello che cambia il
senso della vita filtrata dalla orecchie. Il battito che incrina la vita
ordinaria e svela i miracoli.
Michi racconta tutto
questo mentre sorseggia una birra bruna seduto sulla piazza di Verviers, sotto
il primo sole caldo dell’anno che riscalda il pavé dell’ex capitale tessile del
Limburgo. Ha i capelli lunghi e bianchi, gli occhi luminosi, una sciarpa per
tenere a bada gli acciacchi del tempo incerto del Nord. Le Orme sono nel mezzo
di un tour europeo, il primo da anni. Dopo un giro italiano in coppia coi New
Trolls, sono partiti da Rotterdam alla riscoperta del vecchio continente. Il
gruppo è nuovamente rimaneggiato, c’è la sicurezza di Michele Bon alle tastiere col nuovo
Fabio Trentini a voce, basso e chitarra. Solidi e precisi.
Va tutto molto bene -ammette Michi. Le serate italiane
sono state spesso tutte esaurite. C’era gente che non ci
aveva mai visti, ci hanno ringraziato entusiasti. Lo farà anche un belga figlio di italiani
venuto da Liegi, a fine concerto. Mio
fratello li ha visti quando era in vacanza a Spilimbergo nel 1974, racconta, e
da allora ha comprato sempre i loro dischi. Ero piccolo, per me assistere a uno spettacolo delle Orme è sempre
stato un sogno. Lo stesso assicura un altro fan, una trentina di anni. Ha
la maglietta dei Motorhead, ma in una busta di plastica cela tutti i vinili
delle Orme. Li adoro, confessa, vorrei farmeli firmare. Ci
riuscirà, quando la
musica sarà finita.
Intanto Michi beve la
sua bruna. Si salta da un argomento all’altro, è come sfogliare l’album delle foto di famiglia. Inevitabile parlare
degli anni Settanta, quando tutti i gruppi erano di sinistra e il pubblico pure. Ci gridavano buuuuu perché ”Giochi di bimba” era entrata nella Hit
Parade. Lo vedevano come un tradimento. Noi non eravamo di destra, solo che non
lo dicevamo. E poi basta leggere i nostri testi, l’emarginazione, il
rifiuto delle megalopoli, l’omosessualità, per capire dove ci collocavamo.
Con Uomo di Pezza e Collage, il gruppo che allora vedeva Alda Tagliapietra al basso e
voce, e Toni Pagliuca alle tastiere, viene elevato all’empireo della musica popolare del paese. La rivista
Ciao 2001 gli attribuisce il migliore disco del 1972 e anche il migliore
tastierista, lo definisce per la seconda migliore band col secondo miglior
batterista. A fine anno vanno in tournée e si portano come supporter Peter
Hammill, leader degli appena disciolti Van der Graaf Generator, altro gruppo da
numero uno per la penisola. Si raccontano meraviglie delle jam session
celebrate prima dei concerti
Peter mi insegnava l’inglese, ricorda Michi, lo chiamavo Teacher. Io gli passavo l’Italiano, che poi ha imparato come si deve. L’idea di Felona e Sorananacque anche grazie a
lui.
Fu il disco del 1973, per molti un capolavoro. Hammill
convinse la Charisma, la casa discografica dei Genesis, a farne una versione in
inglese. Non sfondò. Forse non era adatto alla platea britannica il modo di cantare di Aldo,
prova a dire il batterista. Il disco è molto raro e in
effetti la versione in italiana è più bella da ascoltare. Però quella inglese è
incisa meglio, più dinamica e cristallina. Avevano delle macchine che da noi
potevamo solo immaginare, concorda l’uomo dei tamburi.
Comunque sia, le Orme erano in quei giorni una band che aveva
dei mezzi. Una sera eravamo ad Aosta e decidemmo di andare a vedere Emerson
Lake & Palmer a Londra. Trovammo una Mercedes, guidammo notte e giorno e
arrivammo all’Odeon poco prima del concerto. Ci portava Armando Gallo, un giornalista
nostro amico. Dopo il concerto andammo a cena nello stesso ristorante di
Emerson e gli facemmo avere una bottiglia di champagne. Siamo divenuti amici.
Quando sono scesi in Italia, ci siamo rivisti. Successe a Genova, nel giugno
1972.
Felona e Sorona, l’album concept dei due pianeti in armonia, esce il 10 aprile del 1973,
poche settimane dopo The dark side of the Moon dei Pink Floyd. Per il tour che
segue Michi assembla una batteria monstre, una Ludwig nera progettata su sue
istruzioni, con una lunga serie di tamburi melodici, un Supersensitive di legno
fatto su misura (il primo mai costruito), e il Moog Drum Controller, il tamburo
sintetizzatore, mai visto. Ce l’avevamo solo Carl
Palmer ed io,
sorride il batterista. Il pubblico si gode sinfoniette e spettacolo. Esce il
primo live del rock italiano. Salvo che Contrappunti, il disco successivo, è troppo ambizioso e difficile.
Formidabile per pochi. Vende meno, il che non impedisce una cavalcata
coraggiosa e di successo per tutto il decennio. Con gli anni Ottanta si cambia,
e nulla sarà più lo stesso. Se ne va il talentuoso Pagliuca, poi alla fine
mollerà anche Tagliapietra. Michi tiene viva la fiamma, quarant’anni e passa anni sulla scena e non
sentirli.
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