www.mat2020.com

www.mat2020.com
Cliccare sull’immagine per accedere a MAT2020

sabato 28 marzo 2015

La Notte della Ruggine, Roma Canta Neil Young


La Ruzza Nun S’Addorme
La Notte della Ruggine, Roma Canta Neil Young – CrossRoads 23/01/2015

Report a cura di Leopoldo Russo Ceccotti
Photo a cura di Stefano Panaro
Articolo già apparso sul portale Rome by Wild:

Il 26 febbraio del 1992 avevo poco più di nove anni e, mentre ero seduto sul divano di casa vicino a mia nonna, Luca Barbarossa intonava Portami a ballare dallo schermo del nuovo Sony Trinitron di cui eravamo tutti fieri in casa. Io quella sera mi innamorai di quella canzone che, vincendo quell’edizione del festival di Sanremo, mise arrogantemente nella mia testa che: ragazzi di musica ci capisco eccome. Non so che voglia dire tutto questo perché ho solo nove anni ma vedrete che…
Non si è visto molto negli anni successivi a dire il vero, ma di sicuro io ignorai per lungo tempo Barbarossa, sposai la fede del duro metallo pesante e perseverai nei meandri di tutta la musica estrema underground da ascoltatore e da musicista.
A poco meno di 23 anni di distanza la sera del 23 gennaio 2015 sono al Crossroads per una serata tributo a Neil Young.
Ho scoperto l’esistenza di Young grazie a una maglietta in perfetto stile grunge che dopo metà anni novanta un’intera generazione di amanti del rock ha indossato almeno una volta. Il viso di Kurt Cobain con a fianco il testo della sua lettera di addio al mondo passeggiava sui petti di teenagers sparsi per il mondo. Quel testamento spirituale si chiude con i versi di “My My Hey Hey” : “It's Better to Burn Out Than to Fade Away”.
E senza i Pearl Jam con la cover di “Rockin’ in the free world” e la partecipazione al disco “Mirrorball, Neil Young sarebbe caduto probabilmente nel dimenticatoio.
Capirete quindi che per me non è mai stato quello di Crosby, Still, Nash e Young, né più di tanto il tipo con la chitarra a capo del “Wild Horse”, ma un’icona proto grunge, se mi passate il termine, su cui si fondarono alcuni dei gruppi che mi hanno svezzato musicalmente e ai quali ho dato anni importanti della mia adolescenza.
Insomma, con questi pensieri e ricordi entro, insieme a Stefano Panaro (autore del servizio fotografico), in un locale già colmo di gente. La Notte della Ruggine, Roma Canta Neil Young è il titolo di questo evento tributo che ha come nomi di punta sul cartellone The Niro e Luca Barbarossa e poi Leo Pari, Emma Tricca e i Dangerbyrds (band tributo ufficiale a CSN&Y).
Lo ammetto sono perplesso. Barbarossa, The Niro, in un evento che deve celebrare il padre del grunge? Non ho molto tempo per darmi una risposta che la serata comincia. Ad introdurci nel mood è Valerio Mirabella, speaker della web radio The Roost (www.theroost.it) che, con pochi ma precisi cenni delinea la multiforme carriera di Neil Young e si sofferma sul disco “Live Rust” in particolare, che farà da filo conduttore per questo concerto/evento.
Quando è il momento di lasciar spazio alle note, il palco è affollato da tutti i musicisti che prendono parte all’iniziativa e intonano una splendida “Tonight’s the Night”, poco dopo tocca ad Emma Tricca aprire questa prima parte del concerto, dedicata all’esibizione dei singoli artisti in versione acustica, che poi scambieranno di volta in volta quattro chiacchiere con Valerio Mirabella per la diretta streaming e non lasciare vuoti tra un cambio palco e l’altro.
Canta “Sugar Mountain” accompagnandosi alla chitarra con un’ottima tecnica di fingerpicking. E’ una versione ridotta all’essenziale quella della Tricca, delicata ma piena di emozioni. Tocca poi a Leo Pari e rimango senza parole. Lo conoscevo come cantautore romano, ma non avevo capito le potenzialità della sua voce. Gli basta intonare poche parole di “My My Hey (out of the blue)” per mettere in chiaro due cose: che Neil Young ce l’ha nella carne, gli scorre nel sangue; che la sua voce si esalta nel cantato inglese molto più che nell’italiano. Emozionante non si può dire altro, e non solo per la bellezza della canzone; quando parla al microfono della web radio conferma il suo amore incontrastato per il cantautore canadese.
E’ il turno di The Niro, non è che lo conoscesse molto bene, ha scoperto tardi Neil Young, ammette nell’intervista di Mirabella, ma fa del suo meglio per onorarlo cantando “I Am a Child”. Il timbro è inconfondibile, la gestione della voce impressionante, non lo si scopre stasera d’altronde, lo attestano i dischi pubblicati a livello internazionale e la partecipazione alla scorsa edizione del Festival di Sanremo, ma sembra avere difficoltà ad entrare nel mondo di Young. Torna Leo Pari per una versione tastiera e voce di “After the Gold Rush”, che conferma le alte aspettative.
Ecco quindi che salgono parte dei Dangerbyrds, Stefano Frollano e Francesco Lucarelli (dei ex machina di questa serata) alle chitarre e Gabriella Paravati alla voce. “Thrasher”, “Sail Away” e “Pocahontas” scorrono veloci, e il trio è ben presto raggiunto dal resto della formazione (Fabrizio Settimi al basso, Gianluca Galletti alla chitarra elettrica e voce, e Marco Molino alla batteria).
Può avere così inizio la seconda parte della serata, il set elettrico. Sulle note di “When You Dance I Can Really Love” si scatena un Leo Pari in versione chitarrista, sembra un metallaro che ascolta gli Iron Maiden facendo le pose davanti allo specchio. Ma attenzione, non è ridicolo, anzi si diverte ed è contagioso con la sua energia. Segue “The Loner”,  cantata da Stefano Frollano. D’ora in avanti le chitarre sul palco saranno tre o quattro, ma saranno quasi sempre sovrastate un po’ troppo dal basso e si farà fatica a sentire il rullante, uniche note leggermente negative di un live che sarebbe stato altrimenti dai suoni impeccabili ed avvolgenti. I Dangerbyrds sotengono quindi la voce di The Niro sulle note di “Cortez The Killer” e quella di Leo Pari per “Cinnamon Girl”.
Indossando un perfetto kit stile Young, composto da camicia di flanella a quadri blu e neri e jeans, fa il suo ingresso sul palco Luca Barbarossa con la sua chitarra acustica, in compagnia di Mario Amici alle chitarre e Giovanna Famulari al violoncello. E’ il tempo necessario per ascoltare “Comes a Time” e “The Needle and the Damage Done”, interpretate da questo insolito trio che serve per rendersi conto di quanto Barbarossa sia perfetto per cantare Young. Non è un rappresentante del bel canto, lui è un cantante di Roma in tutto e per tutto e questo aspetto popolare è ciò che lo lega al cantautore canadese. Scherza con il pubblico, l’atmosfera si fa più calda e familiare, “La ruzza non s’addorme” è la sua traduzione in romanesco del titolo dell’album da cui questa serata prende le mosse, “perché a Roma se redimensiona tutto”. Ma è proprio questo ridimensionare che rende le cose più belle, rendendole alla portata di tutti, senza intellettualismi, o letture colte. Il folk è ruggine, è terra, è gente. Come il rock d’altronde, come lo è stato il grunge. E Neil Young è tutto questo e molto di più. Tocca poi a “Lotta Love”, e “Out of the Weekend”, con cui Barbarossa chiude uno splendido ed imprevedibile set.
Si entra nella parte finale della serata, i Dangerbyrds si riappropriano del palco ed eseguono “Powderfinger”, “Welfare Mother”, insieme a Leo Pari, e “Hurricane”. Rimane solo una cosa da fare, lo sanno gli artisti e lo sa il pubblico; “Hey Hey My My (into the black)”, che esplode dalle casse dell’impianto del Crossroads, tutti gli artisti che hanno preso parte all’evento sono sul palco: Emma Tricca, The Niro, Leo Pari, Luca Barbarossa, Mario Amici, Giovanna Famulari e naturalmente i Dangerbyrds. Si celebra Neil Young, si chiude come si comincia, insieme, nessuno escluso.

Roma canta Neil Young, forse ci sarebbe voluto anche qualche rappresentante della scena rock per celebrare in maniera più esauriente questo artista dai contorni poco definiti e così influente in tanti generi diversi, ma a vedere la partecipazione del pubblico, questa mancanza non ha scalfito minimamente il successo della serata. Un concerto tributo diverso dal solito, il cui piatto forte sono state le originali e sentite interpretazione dei singoli artisti che senza ombra di dubbio hanno fugato ognuna delle perplessità che mi avevano attanagliato all’inizio di questa fredda serata. E Luca Barbarossa che canta Neil Young è una figata pazzesca.

Nessun commento:

Posta un commento