La Ruzza Nun
S’Addorme
La Notte
della Ruggine, Roma Canta Neil Young – CrossRoads 23/01/2015
Report a
cura di Leopoldo Russo Ceccotti
Photo a cura
di Stefano Panaro
Articolo già
apparso sul portale Rome by Wild:
Il 26 febbraio del 1992 avevo poco più di nove anni e, mentre ero
seduto sul divano di casa vicino a mia nonna, Luca Barbarossa intonava Portami a ballare dallo schermo del
nuovo Sony Trinitron di cui eravamo tutti fieri in casa. Io quella sera mi innamorai
di quella canzone che, vincendo quell’edizione del festival di Sanremo, mise
arrogantemente nella mia testa che: ragazzi
di musica ci capisco eccome. Non so che voglia dire tutto questo perché ho solo
nove anni ma vedrete che…
Non si è visto molto negli anni successivi a dire il vero, ma di
sicuro io ignorai per lungo tempo Barbarossa, sposai la fede del duro metallo
pesante e perseverai nei meandri di tutta la musica estrema underground da
ascoltatore e da musicista.
A poco meno di 23 anni di distanza la sera del 23 gennaio 2015
sono al Crossroads per una serata tributo
a Neil Young.
Ho scoperto l’esistenza di Young
grazie a una maglietta in perfetto stile grunge che dopo metà anni novanta
un’intera generazione di amanti del rock ha indossato almeno una volta. Il viso
di Kurt Cobain con a fianco il testo
della sua lettera di addio al mondo passeggiava sui petti di teenagers sparsi
per il mondo. Quel testamento spirituale si chiude con i versi di “My My Hey Hey” : “It's Better to Burn Out Than to Fade Away”.
E senza i Pearl Jam con
la cover di “Rockin’ in the free world”
e la partecipazione al disco “Mirrorball”, Neil
Young sarebbe caduto probabilmente nel dimenticatoio.
Capirete quindi che per me non è mai stato quello di Crosby, Still, Nash e Young, né più di
tanto il tipo con la chitarra a capo del “Wild
Horse”, ma un’icona proto grunge, se mi passate il termine, su cui si
fondarono alcuni dei gruppi che mi hanno svezzato musicalmente e ai quali ho
dato anni importanti della mia adolescenza.
Insomma, con questi pensieri e ricordi entro, insieme a Stefano
Panaro (autore del servizio fotografico), in un locale già colmo di gente. La
Notte della Ruggine, Roma Canta Neil Young è il titolo di questo evento
tributo che ha come nomi di punta sul cartellone The Niro e Luca Barbarossa
e poi Leo Pari, Emma Tricca e i Dangerbyrds
(band tributo ufficiale a CSN&Y).
Lo ammetto sono perplesso. Barbarossa,
The Niro, in un evento che deve
celebrare il padre del grunge? Non ho molto tempo per darmi una risposta che la
serata comincia. Ad introdurci nel mood è Valerio
Mirabella, speaker della web radio The Roost (www.theroost.it) che, con pochi ma precisi
cenni delinea la multiforme carriera di Neil
Young e si sofferma sul disco “Live
Rust” in particolare, che farà da filo conduttore per questo
concerto/evento.
Quando è il momento di lasciar spazio alle note, il palco è
affollato da tutti i musicisti che prendono parte all’iniziativa e intonano una
splendida “Tonight’s the Night”, poco
dopo tocca ad Emma Tricca aprire
questa prima parte del concerto, dedicata all’esibizione dei singoli artisti in
versione acustica, che poi scambieranno di volta in volta quattro chiacchiere
con Valerio Mirabella per la diretta
streaming e non lasciare vuoti tra un cambio palco e l’altro.
Canta “Sugar Mountain”
accompagnandosi alla chitarra con un’ottima tecnica di fingerpicking. E’ una
versione ridotta all’essenziale quella della Tricca, delicata ma piena di emozioni.
Tocca poi a Leo Pari e rimango senza
parole. Lo conoscevo come cantautore romano, ma non avevo capito le
potenzialità della sua voce. Gli basta intonare poche parole di “My My Hey (out of the blue)” per mettere
in chiaro due cose: che Neil Young
ce l’ha nella carne, gli scorre nel sangue; che la sua voce si esalta nel
cantato inglese molto più che nell’italiano. Emozionante non si può dire altro,
e non solo per la bellezza della canzone; quando parla al microfono della web
radio conferma il suo amore incontrastato per il cantautore canadese.
E’ il turno di The Niro,
non è che lo conoscesse molto bene, ha scoperto tardi Neil Young, ammette nell’intervista di Mirabella, ma fa del suo
meglio per onorarlo cantando “I Am a
Child”. Il timbro è inconfondibile, la gestione della voce impressionante,
non lo si scopre stasera d’altronde, lo attestano i dischi pubblicati a livello
internazionale e la partecipazione alla scorsa edizione del Festival di
Sanremo, ma sembra avere difficoltà ad entrare nel mondo di Young. Torna Leo Pari per una versione tastiera e
voce di “After the Gold Rush”, che
conferma le alte aspettative.
Ecco quindi che salgono parte dei Dangerbyrds, Stefano Frollano e Francesco Lucarelli (dei ex machina
di questa serata) alle chitarre e Gabriella Paravati alla voce. “Thrasher”, “Sail Away” e “Pocahontas”
scorrono veloci, e il trio è ben presto raggiunto dal resto della formazione (Fabrizio
Settimi al basso, Gianluca Galletti alla chitarra elettrica e voce, e Marco
Molino alla batteria).
Può avere così inizio la seconda parte della serata, il set
elettrico. Sulle note di “When You Dance
I Can Really Love” si scatena un Leo
Pari in versione chitarrista, sembra un metallaro che ascolta gli Iron Maiden facendo le pose davanti
allo specchio. Ma attenzione, non è ridicolo, anzi si diverte ed è contagioso
con la sua energia. Segue “The Loner”, cantata da Stefano Frollano. D’ora in avanti
le chitarre sul palco saranno tre o quattro, ma saranno quasi sempre sovrastate
un po’ troppo dal basso e si farà fatica a sentire il rullante, uniche note
leggermente negative di un live che sarebbe stato altrimenti dai suoni
impeccabili ed avvolgenti. I Dangerbyrds
sotengono quindi la voce di The Niro
sulle note di “Cortez The Killer” e
quella di Leo Pari per “Cinnamon Girl”.
Indossando un perfetto kit stile Young, composto da camicia di
flanella a quadri blu e neri e jeans, fa il suo ingresso sul palco Luca Barbarossa con la sua chitarra acustica,
in compagnia di Mario Amici alle chitarre e Giovanna Famulari al violoncello. E’
il tempo necessario per ascoltare “Comes
a Time” e “The Needle and the Damage Done”, interpretate da questo insolito
trio che serve per rendersi conto di quanto Barbarossa sia perfetto per cantare
Young. Non è un rappresentante del bel canto, lui è un cantante di Roma in
tutto e per tutto e questo aspetto popolare è ciò che lo lega al cantautore
canadese. Scherza con il pubblico, l’atmosfera si fa più calda e familiare, “La ruzza non s’addorme” è la sua
traduzione in romanesco del titolo dell’album da cui questa serata prende le
mosse, “perché a Roma se redimensiona
tutto”. Ma è proprio questo ridimensionare che rende le cose più belle,
rendendole alla portata di tutti, senza intellettualismi, o letture colte. Il
folk è ruggine, è terra, è gente. Come il rock d’altronde, come lo è stato il
grunge. E Neil Young è tutto questo
e molto di più. Tocca poi a “Lotta Love”,
e “Out of the Weekend”, con cui
Barbarossa chiude uno splendido ed imprevedibile set.
Si entra nella parte finale della serata, i Dangerbyrds si riappropriano del palco ed eseguono “Powderfinger”, “Welfare Mother”, insieme a Leo
Pari, e “Hurricane”. Rimane solo
una cosa da fare, lo sanno gli artisti e lo sa il pubblico; “Hey Hey My My (into the black)”, che esplode
dalle casse dell’impianto del Crossroads,
tutti gli artisti che hanno preso parte all’evento sono sul palco: Emma Tricca, The Niro, Leo Pari, Luca Barbarossa, Mario Amici, Giovanna
Famulari e naturalmente i Dangerbyrds.
Si celebra Neil Young, si chiude
come si comincia, insieme, nessuno escluso.
Roma canta Neil Young, forse ci sarebbe voluto anche qualche rappresentante della scena
rock per celebrare in maniera più esauriente questo artista dai contorni poco
definiti e così influente in tanti generi diversi, ma a vedere la
partecipazione del pubblico, questa mancanza non ha scalfito minimamente il
successo della serata. Un concerto tributo diverso dal solito, il cui piatto
forte sono state le originali e sentite interpretazione dei singoli artisti che
senza ombra di dubbio hanno fugato ognuna delle perplessità che mi avevano attanagliato
all’inizio di questa fredda serata. E Luca
Barbarossa che canta Neil
Young è una figata pazzesca.
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