Suoni Disumani
La Menade “DisumanaMente”Release Party +
Helligators + Black Motel Six
Jailbreak,
Roma, 6 febbraio 2015
Report a
cura di Leopoldo Russo Ceccotti
Photo a cura
di Jennifer Venuti
Articolo già
apparso sul portale Rome by Wild:
“Che bella
serata che è stata, che bella serata passata…”. Non è un veglione né tantomeno
un concerto di Capossela quello a cui io e i tanti presenti abbiamo preso parte
al Jailbreak di Roma, ma alla
presentazione del nuovo album delle signore del rock romane, La Menade. Ma quel mood di festa e
atmosfera complice presente nella canzone “Al
Veglione” si è respirato anche in questa occasione.
Ad aprire le danze sono due gruppi spaccaossa: Black Motel Six e Helligators.
I BMS sono i primi intorno
le dieci e mezza e il loro set fa capire che quella che ci aspetta è una serata
dai livelli molto alto sia per qualità delle band che per il volume dei suoni!
I ragazzi suonano alla grande, un suono compatto, potente, i primi
riferimenti che vengono in mente sono Drowning
Pool, Black Stone Cherry e
qualche eco più grunge degli Alice in
Chains più violenti. Si definiscono groove metal, ma è un’etichetta che
proprio non mi piace. Si tratta di una riflessione che non ha a che fare con
loro, ma con l’uso recente di definizioni astruse e spesso forzate che non
aiutano a capire le sonorità di una band; applicano un finto brand che dovrebbe
essere caratterizzante e invece confonde molto di più le acque. Non potrò mai
scordare d’altronde il periodo in cui alcune band metalcore si definivano crabcore…
Ora, crab vuol dire granchio e i chitarristi di suddette band suonavano in pose
a dir poco ridicole che ricordavano appunto il crostaceo, da qui la definizione.
Ecco non vorrei che ci si inerpicasse in descrizioni sempre più contorte nel
tentativo di aggiungere particolarità, ma che in realtà rischiano di far
perdere il senso più profondo di una proposta musicale, ove questo senso sia
presente. E nei Black Motel Six ce
ne è eccome. Suonano heavy, suonano rock (nel senso più ampio del termine),
sudato, grasso, aggressivo. La voce di Stefano è potente, precisa, coinvolge.
Sia lui che gli altri componenti del gruppo hanno grande esperienza nel metal, sui palchi italiani e non, e hanno da poco
aperto a Lacuna Coil ed Extrema a Roma. Inoltre stasera a
sostituire una delle due chitarre, c’è Andrea Angelini degli Stormlord, non male come rimpiazzo. I
pezzi scorrono veloci, non ci sono momenti di noia. Lasciano il palco dopo poco
più di mezz’ora. Da seguire e sostenere.
Il tempo di preparare il palco e i feedback di chitarre annunciano
l’inizio del set degli Helligators.
Non hanno bisogno di presentazioni, la loro attività live è frequente e di
altissimo livello, mettono a ferro e fuoco qualunque bettola, club, locale,
palco su cui possono poggiare i piedi. Li ho visti spesso in questi anni, ho
avuto la possibilità di condividere serate con loro più di una volta, ma in
questa occasione sono particolarmente contento perché la loro scaletta è del
tutto rinnovata, fatta eccezione per “Burn”
e “Snake Oil Jesus”; il loro concerto
è una succulenta anteprima di quello che sarà il prossimo disco. I nuovi pezzi suonati
sono compatti, meno derivativi rispetto ai precedenti, si ha l’impressione che
gli Helligators, oltre a rimanere la
macchina schiacciasassi che chi ama il genere ha imparato a conoscere, siano
maturati nel songwriting e ci abbiano guadagnato in originalità in un genere,
un rock ‘n’ roll alla Motorhead per
capirci, che è sempre più difficile rinnovare o caratterizzare con soluzioni
inedite.
Insomma alla fine di questi due antipasti a dir poco prelibati si
arriva alla pausa prima del piatto forte di questa sera. Sotto al palco c’è un
folto numero di presenze e anche i tavoli del locale sono pieni di avventori.
E’ questo dei tavoli un tallone di Achille per il Jailbreak, a cui difficilmente gruppi che suonano il genere
proposto stasera riescono ad abituarsi. D’altronde la formula attuata dal Jailbreak, concerto con possibilità di
cena o panini, sta funzionando in questo periodo di crisi generale, immagino
anche per i locali, ma forse un po’ più di elasticità nella configurazione
della sala a seconda degli eventi proposti sarebbe da valutare. Durante
l’esibizione degli Helligators, mi
sono inoltre reso conto della disparità di qualità di ascolto all’interno della
sala: un suono molto definito e potente nella zona tavoli, troppo impastato
dalle chitarre sotto palco, a tal punto da coprire voce e rullante.
E’ già passata la mezzanotte quando alcune candele rosse vengono
accese sul palco. E’ il momento de La
Menade. Le quattro musiciste fanno il loro ingresso incappucciate e avvolte
da un mantello nero, si ha subito l’impressione che quello a cui si sta per
assistere sarà più di un concerto, più di un semplice release party. E’ un
rituale e abbiamo l’onore di esserne stati messi a parte.
“DisumanaMente”, il nuovo lavoro del combo romano
è un concept album, la cui scaletta viene rispettata rigorosamente anche nel
live di stasera. “Carne fragile” apre
il concerto con i synth e la voce di Tanya Marano, ma presto arriva
l’esplosione rock con la voce principale e la chitarra di Tatiana Lassandro
supportata dalla sezione ritmica. “DisumanaMente”
continua il viaggio musicale a cui stiamo assistendo e poi ancora “Maschere” e “Fate di Me”. Tatiana Lassandro non interagisce molto con il
pubblico tra un brano e l’altro, certo l’emozione c’è e si percepisce, la band
ha avuto un’intensa attività dal 2000 al 2009 con importanti successi a livello
nazionale, poi un brusco stop fino al 2012 quando si definisce la nuova line
up. Da allora è ripresa l’attività live, ma stasera è il vero e proprio ritorno
de La Menade, un nuovo disco, nuove
emozioni e nuovi pensieri da condividere. Ma non è dovuto a tutto questo il
silenzio, sono le canzoni stesse ad essere il mezzo di comunicazione con i
presenti a questo release party, non c’è bisogno di altro. Basta guardarsi
intorno e vedere le bocche di molti cantare insieme a Tatiana in un crescendo
di empatia per nulla scontato. E’ la volta di “La differenza”, “Sogni e
Lacrime” e “Nero Caos”, singolo
apripista di questo come back, con un
video uscito già da qualche settimana. Abbiamo superato la metà del set, La Menade è in ottima forma, sempre la
stessa e di più. C’è il grunge di fine anni ’90, suoni industrial più
aggiornati e contemporanei, una base ritmica che appena può si apre verso lidi
decisamente metal oriented, inoltre il cantato in italiano convince anche nella
riproposizione live dei brani, soprattutto nei ritornelli, sempre accattivanti
e ben costruiti, che in qualche modo si legano alla tradizione rock italiana. Non
è facile la proposta musicale del gruppo, è l’affiatamento delle componenti a
farla sembrare tale, l’esperienza maturata su palchi importanti da Tatiana
Lassandro e Tanya Marano si fonde con la forza e l’energia di Laura Colarieti
(batteria) e linee di basso efficaci e martellanti di Chiara Milita.“L’assassino” e “Boogeyman” chiudono la presentazione del disco, ma non del
concerto. Dopo un breve break, ecco di nuovo sul palco La Menade che spulcia dal suo passato: “Maledetta Me” e “Desideri di
Una Notte Senza Stelle” sono inframezzate da un’imprevedibile e bellissima
versione de “La Bambola”, così avvolgente
e convincente che non avrebbe sfigurato all’interno di “DisumanaMente”.
E’ davvero la fine stavolta, molti si accalcano nello stand del
merchandise a fare incetta di dischi, magliette e autografi, La Menade si merita tutto questo calore
perché ne ha dato altrettanto durante l’esibizione di stasera. Le ho chiamate
signore del rock ad inizio report, non per un fatto anagrafico sia chiaro, ma
per rispetto nei confronti di un gruppo che ha costruito meritatamente solide
basi in passato ed è pronto a riprendere a tutta velocità il proprio percorso
artistico e musicale. A me non resta che mettermi in disparte, sorseggiare
un’ultima birra e aspettare che il locale si svuoti per poter rivolgere qualche
domanda a queste esauste, ma felici musiciste per conto di Rock by Wild. Sono le tre di notte al Jailbreak e tutto va decisamente bene.
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