di Andrea Pintelli
La Spagna da sempre sforna realtà
culturali grandiose. Per esempio ci si rivolga al loro cinema, capace di dar
vita a film profondi e “diversi” oltre ogni ambito (purtroppo e criminalmente
molti di essi non vengono doppiati in italiano); si guardi ai pittori che nel
tempo ha partorito, facendoci gioire per secoli di sublimi capolavori; si
arrivi quindi alla musica, dove meravigliosamente si può venire a contatto con
straordinari artisti, i quali hanno via via dato alle stampe dischi (nel nostro
ambito) che hanno saputo mixare la scuola Prog inglese con le loro sonorità
latine e mediterranee. E’ il caso che analizzeremo stavolta, prendendo in esame
la band ON THE
RAW, in particolare il loro nuovo lavoro intitolato “Big city awakes”.
La band è composta da musicisti
che hanno fatto parte di ottime band: Jordi
Amela, tastiere, Jordi Prats,
chitarre, entrambi degli Harvest, nonché dei Dracma negli anni ’90; Alex Ojea, batteria, già negli Harvest;
Pep Espasa, sax e flauto, membro di
band quali Apple Smell Colour, Utròpic e Otxque!; per finire con Toni Sanchèz, basso, de La Band Puig.
Musicalmente i nostri offrono un
ventaglio sonoro che va dal Prog al Jazz, dalla musica elettronica al Rock,
dalla Fusion al Groove, rendendo omaggio, fra le note prodotte, a maestri quali
Pink Floyd, Supertramp, Spyro Gyra, Snarky Puppy, ecc., ma producendo comunque
un loro personale linguaggio sonoro che ne delinea un’identità netta e parecchio
creativa. Il tempo dirà se questo sarà un side project, oppure una nuova strada
che intenderanno nuovamente percorrere.
Il disco, davvero ottimamente
suonato, arrangiato e prodotto, inizia con “Big
city awakes”, una canzone che fin dalle prime note ci fa capire che
l’ascolto di questo lavoro necessita di una nostra pausa, che va premiato
sedendoci per gustarlo appieno (non è certo un CD da ascoltare in macchina…).
Un sospiro di tastiere e flauto apre la strada ad un percorso in cui tutti gli
strumenti pian piano vanno ad amalgamarsi, fino a produrre una soave refrain
guidato con maestria dai nostri. Quel che colpisce maggiormente è la difficoltà
che si ha nel collocarlo temporalmente: sembra uscito tanto dagli anni ’70, che
dagli ’80 (elettronica), che dai giorni nostri. Il che ci permette di
straniarci, per partire, grazie a loro, verso un mondo parallelo fatto, anche,
di benessere. Mai sopra le righe, fa dell’equilibrio uno dei suoi punti di
forza. Mai, e dico mai, una nota al di fuori del giusto, che non vuol dire
prevedibile, anzi tutt’altro (detto per inciso). L’intreccio fra flauto,
chitarra e tastiere è qui da manuale.
“Roller coaster” inizia in maniera soft, jazzata, direi anche cool, per
sfociare in un ritmo incessante, guidato da un basso (quasi) indemoniato, che
traccia il cammino agli altri strumenti. L’alto livello del sax permette una
lettura del brano che può e deve considerarsi attenta e dinamica. Spesso il
tempo cambia, (dis)orientandoci, per riportarci comunque alla prima nota
emessa, rendendo appieno il concetto del titolo.
“Day 49” inizia con un tempo da marcia, pochi secondi
comunque, per sfociare in un grande spettro sonoro che i nostri dominano con
professionalità. Un tappeto sonoro fatto da un continuo tema martellante che
improvvisamente lascia spazio ad un momento intimo che sembra sospeso nel
vuoto, ancora tastiere e flauto a braccetto ci guidano in un luogo fatto di
nebbie, paesaggi crepuscolari, luce fioca. D’un tratto la reprise che fa
ripartire la corsa, un brano fatto di tre brani, una mini suite che lascia
stupefatti.
“On the raw” è ovviamente il brano trainante dell’album, titolo del
pezzo, nome della band. Quindi dichiarazione d’intenti dai contenuti
importanti. Qui il concetto iniziale di equilibrio si fa magia: nessun
strumento prevarica l’altro, ognuno è protagonista; pur mantenendo il proprio
ruolo, si arriva ad un dialogo a cinque, le cui voci risultano baciate dalla
Dea della bellezza: non si può restare impassibili davanti a un lavoro di
ricerca sonora simile, in cui questa band si produce con impegno e passione. Un
vortice che ti prende non per scaraventarti chissà dove, ma per offrirti la
possibilità di osservare con l’udito quante più policromie sonore un brano possa
contenere, senza mai risultare stucchevole. “Caravan” ha un tempo accessibile a tutti, una canzone d’atmosfera
dai tratti classici messa a stemperare lo straripante discorso della
precedente. Quasi un riposo ad effetto, comunque ben congegnato per rilassare
le fauci della nostra mente, guidato da un sax veramente ispirato.
Con “Dreams in a box” si torna all’impegno, tempi e controtempi a scaldarci
ancora una volta. Ma come i nostri ci hanno ormai abituati, si lascia spazio
successivamente ad un momento di lirismo evocativo, che fa da contraltare al
brano precedente. Nulla di sinistro, comunque. E si torna ad un ritmo incessante
ma lieve (a dispetto delle apparenze), dove chitarra e sax duellano d’immenso.
“Everything will come”: torna il flauto a tratteggiare particolari
di luce che servono a ricalibrare le nostre sensazioni. Le tastiere continuano
il discorso, tante e diverse tastiere, sonorizzate come fossero un’orchestra,
con una chitarra che taglia in mezzo la strada per inserirsi con stupenda
scelta di tempo, per tornare a parlare proprio con le tastiere stesse. Da
rendere merito al grandioso lavoro di batteria, non semplice, efficace e
fantasioso. Riassumendo: Fusion (e tanto altro) d’autore.
“Two steps from glory” parte in maniera onirica, quasi accomodante,
ma un doppio sax ci rende noto che nulla è come sembra e la chitarra ce lo
sottolinea, pur restando nell’ambito di un non-tempo in un non-luogo che di
riferimenti ne ha pochissimi. Il più consigliato è lasciarsi andare, fidandoci
degli On The Raw a farci da guida in questo labirinto sonoro che non produce
panico, ma stupore e meraviglia, sia per scelte stilistiche, che per percorsi intrapresi.
E’ una sorta di un appassionato bacio musicale.
“Looking for mr. Hyde”, ultimo brano del disco, fa dell’elettronica
un mezzo per risaltare il percorso del panorama di tutto questo lavoro; quasi
dieci minuti di grandiosità, dove compare anche qualche voce a suggellare il
tutto. Questo poi sfocia davanti a un panorama che sembra la fotografia della
fatica (tutta) che i nostri hanno prodotto: un viaggio conclusivo che, si
spera, possa porre le basi per un lavoro successivo, che per qualità e varietà
vorremmo equivalente a questo “Big city
awakes”.
Un disco, questo, che vale la pena
di avere, perché cresce ascolto dopo ascolto, rivelando mille sfaccettature,
accrescendo il concetto stesso di musica pensata, creata, sudata, ottenuta,
grazie alla forza delle proprie idee. Un disco fuori dal tempo, ma che lo
abbraccia tutto.
Formazione
• Jordi Amela- Piano,
tastiere e programmatori
• Jordi Prats- chitarre
• Pep Espasa- flauto e sassofoni
• Toni Sànchez: basso
•
Alex Ojea- batteria Drums
Brani
1. Big
City Awakes 9:58
2. Roller
Coaster 5:13
3. Day 49
7:46
4. On The
Raw 7:39
5. Caravan
6:21
6. Dreams
In A Box 5:39
7.
Everything Will Come 7:35
8. Two Steps From Glory 5:56
9.
Looking For Mr. Hyde 9:39
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