Banco
del Mutuo Soccorso – Io sono nato libero (Legacy Edition)
(2017)
Di
Alberto Sgarlato
Chi lo avrebbe mai detto che il 2017 ci avrebbe regalato
simultaneamente del materiale audio inedito dai due gruppi più iconici nella
storia del rock progressivo italiano? Stiamo ovviamente parlando di Pfm e Banco, ma
si tratta di due lavori completamente diversi tra loro.
Mentre la Pfm pubblica dopo 11 anni dal precedente “Stati
d’immaginazione” il suo primo lavoro interamente di canzoni inedite,
caratterizzate da un buon rock venato di prog moderno, intitolato “Emotional
Tattoos” il Banco punta su un lavoro che in parte è una ristampa, e in parte
no.
Spieghiamo meglio: si tratta di “Io sono
nato libero”. Il cantautore inglese Billy Bragg aveva coniato
l’espressione “The difficult third album”,
nel senso che forse il terzo album, per qualsiasi artista o band, è il più
difficile. Il primo è una sfida, o vali ed emergi o non piaci e sparisci
subito. Il secondo può essere una conferma o una delusione. Ma è solo con il terzo
che la storia, la critica, il pubblico, decideranno se farti entrare nel mito o
meno. E nei primi anni ’70 il Banco del Mutuo Soccorso queste tre battaglie le
vinse trionfalmente e a testa alta, inanellando tre capolavori della musica non
italiana ma mondiale: l’album omonimo comunemente noto come “Il Salvadanaio”, il concept-album “Darwin!” e, appunto, “Io sono nato libero”.
Questo è il disco che esce oggi in una ristampa denominata “Legacy Edition” in un cofanetto che
comprende un libretto di 40 pagine e un’audioguida all’ascolto tracciata da
Vittorio Nocenzi. Ma la vera sorpresa sta nel secondo CD, intitolato “La libertà difficile” e contenente i
primi 30 minuti di materiale inedito che il Banco abbia dato alle stampe dal
1994, anno d’uscita di “Il 13”, fino
a oggi.
Nel frattempo, come ben sappiamo, la grande famiglia del Banco ha
dovuto accettare e superare due gravissimi lutti: il cantante Francesco Di
Giacomo e il chitarrista/fiatista Rodolfo Maltese (che proprio in “Io sono nato libero” faceva la sua prima
apparizione). Per cui i brani di “La
libertà difficile” sono suonati da una formazione molto rimaneggiata, che
in tanti hanno descritto come Banco 2.0. Unico nome storico è il tastierista Vittorio Nocenzi, affiancato da Filippo Marcheggiani (chitarrista ormai
“in squadra” dagli anni ’90) e da tanti nuovi acquisti: Tony D’Alessio (voce), Nicola
Di Già (chitarre), Marco Capozi
(basso) e Fabio Moresco (batteria).
Bassista e batterista possono vantare collaborazioni con altri due nomi
leggendari del prog italiano: rispettivamente Balletto di Bronzo e Metamorfosi.
Evitando di aggiungere qualsiasi commento superfluo su “Io sono nato libero”, album meraviglioso
sul quale nei decenni è già stato detto e scritto di tutto, soffermiamoci
sull’aspetto di maggior curiosità, cioè il materiale nuovo: “Je suis” (ispirato a “Canto Nomade per un prigioniero politico”)
alterna cavalcate di Minimoog sorrette dagli inconfondibili arpeggi con la mano
sinistra sulle note basse del piano, tipici di Nocenzi, a momenti di gusto più
“fusion”, con linee di basso cariche di groove e strani intrecci tra chitarra e
mandolino. La prima parte del cantato, in francese, è usata quasi come
ulteriore accento ritmico che va a unirsi al lavoro del basso e dei riff di
chitarra. La seconda parte, in italiano, è corale e ricorda a tratti l’uso
delle voci di brani come “Il ragno”.
“Apres rien, rien est plus
le meme”, come si evince dal titolo, invece, è un seguito ideale di “Dopo…. Niente è più lo stesso”. Il
testo, come quello del brano precedente, fu scritto ancora da Di Giacomo e
supporta una musica che ricorda quelle tipiche dei matrimoni balcanici (non a
caso, come ci spiega il libretto a corredo, le liriche prendono spunto da un
canto nuziale in albanese antico). Melodie folkloristiche si fondono a
interventi strumentali tra chitarra e Minimoog di matrice tipicamente prog.
Anche stavolta si ricorre al cantato in italiano e in francese.
“Improvviso: Un viaggio
alato!” è una poesia di Manlio Rondoni dedicata proprio alla scomparsa di
Di Giacomo, ma scritta sotto forma di lettera a Gianni Nocenzi (in occasione di
un suo concerto solista) e musicata da Vittorio Nocenzi, che esegue questa
traccia interamente da solo, alla voce recitata e al pianoforte, inserendo
ampie citazioni dal classicissimo “Non mi
rompete”. Il momento più toccante, emozionante, commovente dell’intero
nuovo disco.
“Bach chromatic”, con i
suoi oltre 8 minuti, è la traccia di più ampia durata del nuovo CD e regalerà
non poche emozioni ai fan del prog-rock di matrice più tastieristica: a
dispetto del titolo Bach non c’entra e si tratta di una composizione di
Nocenzi, interamente strumentale, tutta composta e arrangiata su un
sintetizzatore/workstation Kurzweil K2500, con il contributo di Filippo
Marcheggiani alle chitarre.
La brevissima (peccato!) “La
libertà difficile” è scritta da Michelangelo Nocenzi, figlio di Vittorio
(con testo di Paolo Logli e Vittorio Nocenzi)… Un brano che racchiude in sé
nella forma, nella melodia, nelle strutture e negli arrangiamenti le “due
anime” del Banco: quella più prog degli anni ’70 e quella più pop degli ’80:
sarà dunque lui, Michelangelo, a raccogliere un giorno lo scettro di un
ipotetico “Banco 3.0”?
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