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giovedì 21 dicembre 2017

Il ricordo del giorno 21...


21 dicembre

"Tutti mi dicono grazie, dopo. Non brava ma grazie. Quello che so fare è cantare, e penso forse che questo porti un po' di bellezza nelle vite, faccia stare meglio le persone."
(Maria Callas)

Ci sarai sempre. Buon viaggio Capitano!
Wazza 

Una "vecchia" intervista a Francesco
MARINELLA VENEGONI

Francesco Di Giacomo, voce tenorile indimenticabile del Banco di Mutuo Soccorso, lo ricorda con orgoglio quieto: «Nel 1972 il nostro album "Darwin" fu proclamato da 300 critici americani il miglior disco progressive dellanno». Allora ci si poteva pure permettere di cantare il tema dellevoluzionismo, con le liriche sapienti di Big Francesco. Ma se il tempo passa, e la memoria si riduce a un soffio di cenere sparsa nel vento, quello stesso vento sta riportando allattenzione dei ragazzi più inquieti uno stile nel quale lItalia ha sparato alcune delle sue più corpose cartucce, dalla PFM al Banco stesso. Quel Banco, protagonista di memorabili festival alternativi nei torridi 70, sta per festeggiare i 40 anni di vita: con un tour che ha come ospiti le Orme, in partenza il 24 febbraio da Palermo; con un concerto che verrà trasmesso da Radiouno il 27 prossimo; e con un disco che non potrebbe che essere dal vivo, la dimensione più consona ad artisti di questo calibro, la cui lontananza spaziale dalle logiche industriali contemporanee è insieme un problema e una risorsa. Anzi, aggiunge Francesco: «Stiamo invitando altri artisti a incidere nostri pezzi a modo loro. Avremo lasciato un segno?».  

Intanto Vittorio Nocenzi, compositore eclettico e fondatore carismatico del primo nucleo BMS nel 1969, nel libro-intervista, «Sguardi dallestremo Occidente» racconta le proprie esperienze a tutto campo, dallo studio del pianoforte al lavoro con Gabriella Ferri, dal progressive rock fino alla collaborazione con circuiti di studio e ricerca. Un curriculum denso, che ne fa uno dei personaggi italiani di rilievo nel pop del secondo Novecento. E se anche, in questi ultimi due decenni convulsi, del Banco di Mutuo Soccorso sè parlato pochino, esso non ha mai smesso lattività dal vivo: della band originaria sono rimasti Nocenzi, Di Giacomo e Maltese, in pausa per problemi di salute; nuovi musicisti hanno innervato nel tempo la formazione, che si prepara a calcare le scene sotto occhi più attenti.  

«In realtà - spiega Di Giacomo - per i nostri 40 anni stavamo cercando, senza snobberia, di evitare nostalgia e festeggiamenti. Ci sono colori, storie e autori che ci siamo portati dietro: siamo arrivati a oggi con convincimenti forti. Per esempio, abbiamo detto di no al programma tv "I Migliori Anni" perché il tempo che ci avevano dato era così stretto, e il batterista doveva suonare in playback. Cè un asservimento totale agli ospiti stranieri, se mi tolgono un minuto e mezzo e poi Michael Bublé o chiunque altro si fa mezzora, punto i piedi. Noi abbiamo fatto, come lui, concerti veri e tour in America ma non a Little Italy con tutto il rispetto; e in Giappone, Inghilterra, sempre sold out, e ci trattano come provincia dellimpero. Allora ti metti il cuore in pace e dici: il mio motore reale è il live dove io mi sento me. Questo è il mio mestiere, questo so fare e questo faccio».  

La coerenza paga: «Abbiamo scoperto con enorme piacere che da un paio danni ai concerti abbiamo un pubblico di giovani che riscopre un movimento storico, e anche che cosa significhi suonare non solo per il sogno di guadagnare quanto i calciatori. Vedo con raccapriccio in tv bimbi mandati allo sbaraglio a cantare, hanno dieci anni e la voce da quarantenni».

Ma il prog del Banco non è solo progressive; è unamalgama che oltrepassa letichetta per tingersi di melodia e storia della musica, con testi immaginifici: «Credo che abbiamo scavalcato tale etichetta senza neanche rendercene conto - racconta ancora Di Giacomo -. Oggi ci piace far diventare quasi minimalisti certi brani ponderosi. Ma non cè dubbio che volendo ricavalcare londa sarebbe facile...». Lautore e il vocalist, Nocenzi e Di Giacomo, dopo tanti anni non sono diventati fratelli/coltelli alla Keith&Mick: «Il nostro è un rapporto spesso conflittuale, guai se così non fosse, però le nostre cose son sempre nate da un confronto forte. Conosciamo qualità e difetti, possiamo montare un pezzo e distruggerlo dopo una settimana di lavoro perché non è quello che volevamo».  


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