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domenica 19 agosto 2018

I racconti di Gianni Leone...

La prima volta che suonai in Giappone con il Balletto di Bronzo fu nel 2002: il 14 settembre a Tokyo e il 15 ad Osaka. Nel bel mezzo del concerto del 15, apparve sul palco un cameriere in livrea (o qualcosa del genere) reggente una torta con tanto di candelina accesa. Sì, solo una. Io non capii... Poi, al microfono, il tizio disse qualcosa al pubblico e mi porse la torta sorridendo, mentre tutti applaudivano. Allora realizzai che quella inaspettata "incursione" doveva essere un omaggio per me, visto che il giorno della mia nascita è appunto il 15 settembre. Vincendo la mia atavica avversione nei confronti di tali rituali banali e infantili (anche se devo ammettere che quella sorpresa al momento mi colpì piacevolmente), soffiai sulla candelina e ripresi il concerto, non senza aver prima avidamente addentato la torta. 
2018. Torno per la sesta volta a suonare in Giappone. La formazione attuale, che considero (quindi, è) la migliore finora fra tutte, è completata da Riccardo Spilli alla batteria e Ivano Salvatori al basso: una bomba di sezione ritmica. Gli organizzatori (non gli stessi del 2002)  fin da quando abbiamo cominciato a pianificare l'evento lo scorso dicembre, hanno chiaramente espresso la ferma volontà di voler organizzare due date a Tokyo per il Balletto proprio a settembre: guarda caso, una il 14 e l'altra il 15. La ragione? Rendermi "omaggio" in un giorno "speciale". Hanno anche organizzato un mega party dopo il concerto del 15. Certo, la cosa mi fa piacere e mi lusinga, ma...  adesso come faccio a far loro capire che, in realtà  - e da sempre -, io ho un'avversione totale verso tutte le feste comandate? Come faccio a spiegare a persone tanto carine e gentili che dei compleanni non m'importa un fico secco, che non li festeggio da decenni poiché lascio che sia IL MIO CERTIFICATO DI NASCITA (che è un semplice e volgare pezzo di carta) e non io come persona ad esserne coinvolto? D'altronde ho sempre affermato che per me un artista debba essere considerato o "morto" o "vivente". Basti questo. Ed io sono "viventissimo". Non deve interessare altro, i dettagli prosaici sono inutili e fuorvianti, magari anche oltraggiosi. 
Alla festa dovrò glissare e limitarmi ad abbuffarmi di dolcetti giapponesi, sorridendo e ringraziando tutti. Ovviamente, proibitissime le sciocche e tristi canzoncine da cantare in coro, i brindisi e le soffiate su candeline accese: mi verrebbe immediatamente l'orticaria.
 Sayonara! 
 Leo

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