Usciva il 29 marzo 1974, "Starless and Bible Black", sesto album dei King Crimson.
Wazza
Ci sono motivi differenti che
generalmente mi spingono a scrivere su un disco. A volte é quell´emozione che
riesco ancora a sentire quando scopro qualche album mai sentito, vecchio o
nuovo che sia, che riesce a sorprendermi, stupirmi, meravigliarmi. Altre volte é
il ricordo di quegli ascolti passati che sono legati in qualche modo ad una
storia o ad emozioni che valga la pena raccontare.
Il mio rapporto con "Starless
And Bible Black" invece si trova su un´altro piano di valori, essendo il
disco che più ha contribuito a sviluppare il mio modo di percepire la musica
negli ultimi vent´anni.
Ai tempi, ossia nei primi anni
novanta, non immaginavo che la produzione di "Starless.." fosse stata
così particolare, che pezzi in studio fossero alternati a improvvisazioni e a
altri dal vivo. Niente note di copertina a delucidare tale genesi, ma solo i
crediti di ciascuna traccia attribuiti ai vari musicisti, come in normali
composizioni.
Chi sostiene che
"Starless.." sia il punto debole della trilogia del periodo magico
dei King Crimson, spesso sottolinea proprio che la produzione sia stata curata
in maniera disordinata da Fripp creando un album disomogeneo. Certo, la
mancanza di Jamie Muir si sente e forse alcune tracce sono state pensate per dare
piú spazio al violino di David Cross, proviamo peró a metterci nei panni di
Fripp e a fare alcune speculazioni.
Siamo dopo l´uscita di un
capolavoro come "Larks' Tongue In Aspic", Jamie li lascia e porta via
con se molto di più di un semplice contributo musicale, Fripp é assolutamente
conscio di avere fra le mani uno dei gruppi più straordinari in assoluto, che
dal vivo non ha rivali in quanto a coesione, potenza e fantasia, uno dei pochi
che riesce ad improvvisare senza far ricorso a schemi jazzistici o
avanguardistici, e allora decide di collocare dei pezzi dal vivo dentro un
album che dal vivo non é. Forse ha voluto condividere quei momenti magici con i
suoi fan, o forse aveva il timore di perdere quell´attimo di magia senza sapere
quando avrebbe avuto l´occasione di pubblicare quel materiale.
Fatto sta che
"Starless.." entrò nella mia vita dopo pochi anni dalla mia scoperta
del rock progressivo, e paradossalmente, contribuì ad allontanarmi dal genere,
anzi fu come un´iniziazione verso nuove forme musicali come il Rock in
Opposition, l´Avant-Rock e l´improvvisazione.
Il ricordo che serbo della
difficoltà di lettura e comprensione di alcune tracce e le successive grandi
emozioni venute a ripagare lo sforzo, é ancora nitido. Composizioni magnifiche e
intramontabili come "Fracture", che registrata dal vivo regala
piccoli dettagli sorprendenti, (che una produzione raffinata potrebbe chiamare
difetti o sbavature), o la sfida racchiusa nel misterioso crescendo dei 221
secondi improvvisati di "We'll Let You Know", sono ancora ben vivi
nel mio animo perché segnarono un momento di passaggio che al tempo mi illuse
di poter decifrare tutte le musiche che non riuscivo ancora comprendere.
Poi il tempo dimostro come ciò
fosse relativo; se ottenni un grande successo con i Soft Machine di
"Third" non si può dire lo stesso con il Miles Davis di "Bitches
Brew", che resta ai miei orecchi sempre indecifrabile e privo di emozioni,
così, solo per citare a esempio due album famosissimi.
Un altra considerazione, che credo
abbia fondamento anche se non da tutti condivisibile é che se i King Crimson e
i Genesis sono a pari merito le due massime espressioni del progressive, in
termini qualitativi le differenze sono enormi. Se i Genesis sono probabilmente
il modello piú seguito e anche piú imitato del progressive, i King Crimson sono
difficilmente presi come modello e in "Starless.." sono all´apice
dell´antitesi. Chi veramente ha elaborato il proprio stile musicale, in maniera
convincente, basandosi sul lavoro dei Re cremisi relativo al periodo in
questione?
Molti considerano "Red"
come il punto piú alto della trilogia, eppure non mi sento di condividere
quest´opinione. Chi si é lasciato incantare dalle incredibili e irraggiungibili
performance nel cofanetto live che, non a caso si intitola, "The Great
Deceiver", sicuramente ha percepito che le composizioni di
"Red", non sono altro che estratti di improvvisazioni poi ridefinite
e arrangiate in studio, privandole di quella spontanea crudezza presente nella
loro genesi e completandole con elementi presenti nei primi King Crimson.
Così vi lascio alle vostre considerazioni,
ricordando che ciò che ho scritto é frutto unicamente della mia esperienza e
del mio modo di percepire quest´arte così controversa e inafferrabile che é la
musica, e di come l´ingenuità e la caparbietà, in alcuni casi ci permette di
affrontare sfide che con la conoscenza avremmo forse evitato, giudicando e
scartando a priori qualcosa che invece poteva rivelarsi di incommensurabile
valore.
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