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martedì 31 dicembre 2024

In loving memory of Roberto Ciotti (immagini fornite da Wazza)

Il 31 dicembre del 2013 ci lasciava Roberto Ciotti, chitarrista italiano, nato a Roma il 20 febbraio 1953. È considerato uno dei più grandi chitarristi blues italiani di tutti i tempi, ed è stato anche un apprezzato compositore di colonne sonore.

La sua carriera musicale iniziò negli anni '70, quando entrò a far parte del gruppo di rock progressivo Blue Morning. Dopo lo scioglimento del gruppo, Ciotti iniziò a dedicarsi al blues, e nel 1977 pubblicò il suo primo album da solista, "Super Gasoline Blues".

L'album fu un successo di critica e pubblico, e consacrò Ciotti come uno dei più importanti esponenti del blues italiano. Negli anni successivi, pubblicò altri 15 album da solista, oltre a collaborare con numerosi altri artisti italiani e internazionali, tra cui Chet Baker, Bob Marley, Pino Daniele, e Claudio Baglioni.

Nel 1989, compose la colonna sonora del film "Marrakech Express", di Gabriele Salvatores. La colonna sonora fu un successo internazionale, e contribuì a far conoscere il blues italiano a un pubblico più vasto.

Ciotti continuò a suonare e comporre fino alla sua morte, avvenuta a causa di un male incurabile.



















lunedì 30 dicembre 2024

Creedence Clearwater Revival- “Willy And The Poor Boys”, nel dicembre del 1969 in Italia


Usciva a novembre del 1969, ma noi "provinciali" Italiani, l'abbiamo avuto nel dicembre del 1969... “Willy And The Poor Boys”, album dei fantastici Creedence Clearwater Revival, un disco che lasciò il segno; tra gli altri brani contiene "Fortunate Son", canzone contro la guerra in Vietnam, diventato vero e proprio inno di una generazione.

Wazza


Alla fine degli anni ‘60 San Francisco è il cuore pulsante della scena musicale statunitense: qui, tra visioni psichedeliche e deliri in acido, prende forma la  nouvelle vague del rock a stelle e strisce, capitanata da gruppi come Grateful Dead e Jefferson Airplane che ben incarnano i fermenti culturali e artistici della città. Frisco, però, è anche il luogo che dà i natali artistici ai Creedence  Clearwater Revival, band formatasi a El Cerrito (piccolo borgo ai confini orientali della città) e capitanata dal chitarrista e cantante John Fogerty, il quale, a dispetto delle sperimentazioni lisergiche tanto in voga nella bay area, ha in mente un solo concetto: il Revival. Fogerty ama senza mezzi termini gli anni ‘50, il rock ’n’ roll primitivo di Chuck Berry, Little Richard Eddie Cochran, il blues e il folk nelle loro accezioni più pure; e guarda come riferimento stilistico Dale Hawkins, trentenne musicista della Lousiana che rilegge il rock e il blues delle radici con accento sudista, creando un sottogenere che prenderà il nome di Swamp Rock.


In piena rivoluzione power flower, Fogerty attua una sorta di controriforma tradizionalista, rimette al centro del suo progetto il roots rock e la musica nera, scrive canzoni essenziali, utilizza le cover (guarda caso una delle più celebri è proprio Suzie Q di Dale Hawkins) per riaffermare il vincolo col passato. Unoperazione, questa che in mano ad altri poteva risultare una stucchevole operazione di maquillage di sonorità già note, e che, invece, nelle mani di Fogerty e della sua Band si trasforma, con pochi ma straordinari dischi, in uno stile ben definito che sarà la salvezza del rock’n’roll. Così, se si può affermare che senza Elvis Presley i Creedence Clearwater Revival non sarebbero mai esistiti, è altrettanto vero che John Fogerty ha il merito indiscusso di aver traghettato Presley oltre il guado degli anni 60, consegnandolo nelle mani di Bruce Springsteen e Bob Seger, solo per citare due dei nomi che pagano debito verso i CCR.

Zeppe di riferimenti ai cinquanta e intrise di una negritudine vibrante, le canzoni di Fogerty mettono al riparo il rock dai mutamenti genetici del nuovo mondo psichedelico, riportandolo a una forma essenziale, selvaggia, stradaiola eppure altrettanto policromatica. John Fogerty è il padrone assoluto della controrivoluzione: la sua penna che omaggia con devozione i classici, ha il potere di trasformare in note melodie pensate per saccheggiare programmazioni radiofoniche e scalare le classifiche; la sua vocepotente e cartavetrata, rievoca il sudore delle piantagioni, possiede la veemenza di un grido definitivo di libertà. Fogerty canta come vorrebbe cantare un nero se solo ne fosse capace: strattona l’ascoltatore, gli graffia le orecchie, gonfiandogli il cuore di ingenuo entusiasmo, per poi spingerlo a liberarsi dai vincoli delle convenzioni, a ritrovare la purezza nella catarsi del ballo. E il 1969, l’anno cruciale per la Band che, dopo un esordio convincente ma ancora acerbo, inanella tre dischi leggendari: Bayou Country, Green River e Willy And The Poor Boys. Un vero e proprio tsunami creativo: è come se Fogerty sapesse che l’urgenza è tutto e che il suo rock, così puro, ingenuo ed essenziale, rischi di essere sommerso dall’imperante cambiamento circostante. I Creedence, allora, in dodici mesi, sparano a raffica i loro colpi migliori, raggiungendo la perfezione stilistica (che non è solo forma ma è soprattutto energia  allo stato puro) con il celebratissimo Willy And The Poor Boys. Uscito il 2 novembre del 1969, il disco scala le classifiche e vende un milione di copie, certificando in modo definitivo la grandezza della Band, una delle poche al mondo capace di pubblicare tre album di fila in un anno e tutti a cinque stelle (pardon, casse). Manifesto dello Swamp Rock, Willy And The Poor Boysproietta il passato nel futuro, è un disco classico e al contempo avveniristico, suona naif ed esuberante ma è tinteggiato anche di sfumature dark che risentono dei tempi funestati dal doloroso conflitto del Vietnam. La copertina e l’iniziale country rock della solare Down On The Corner esplicitano il contenuto di quello che potremmo definire una sorta di concept album: riportare la musica in strada (Down on the corner, out in the street) in  mezzo alla gente, riscoprirne così la vera essenza che è aggregazione, condivisione, divertimento e stare insieme. Niente intellettualismi dunque, la musica è solo genuinità, purezza, è il linguaggio semplice delle radici (Willy and the  Poorboys are playin Bring a nickel; tap your feet. Rooster hits the washboard a nd people just got to smile). Non è un caso che in scaletta ci siano anche due sublimi cover (Cotton Fields di Leadbelly e il traditional, anche questo passato dalle mani di Leadbelly, Midnight Special, un divertito r’n’b dal mood festaiolo) e uno strumentale, forse superfluo se decontestualizzato (Poorboy Shuffle) necessarie però tutte e tre a rimarcare il concetto di una musica che per essere vitale  deve tornare alle radici, alla terra del blues o alla strada dei buskers, patrimonio della gente semplice che si innamora della melodia ma fatica a comprendere i voli pindarici del movimento psichedelico.


Se Dont Look Now vibra damore per Elvis Presley, reinventato in chiave country folk, la gemma hard rock di Fortunate Son indica che il revivalismo di Fogerty sa sposarsi anche con la stretta attualità. Brano fortemente antimilitarista che sbertuccia il malvezzo dei figli di ricchi, notabili e di militari di imboscarsi per evitare la leva obbligatoria, Fortunate Son è una scelta di barricata audace e ironica che si innesta nella querelle politica dellepoca, come una decisa presa di posizione a favore della working class (It aint me, it aint me, I aint no senators son, son. It aint me, it aint me; I aint no fortunate one, no). Chiude una scaletta di straordinaria intensità Effigy, ballata elettro acustica dall’incedere crepuscolare che, pur non rientrando fra i brani più popolari della band, è senz’altro uno degli episodi più riusciti della carriera di Fogerty. La chitarra del leader guida il gruppo in sei minuti in cui si coagulano melodramma, amarezza e innovazione. E uno scarto riuscitissimo rispetto alla formula collaudata del revivalismo, un lungo lamento epico e tristissimo che segnerà in futuro il songwriting di Neil Young o quello di un antieroe misconosciuto ma geniale chiamato Jason Molina. Da questo disco in avanti, la carriera dei Creedence inizia però la sua parabola discendente. Se il successivo Cosmos Factory (1970) mantiene alto il livello di ispirazione di Fogerty (qui, le grandi hits si sprecano) ma comincia a mostrare la corda di un suono che non conosce più sorprese. Con Pendulum (1971) e soprattutto con Mardi Gras (1972) la Band, orfana di Tom Fogerty, attirato dalle sirene di una carriera solista che non decollò mai, arriva al capolinea e si scioglie. La storia dei Creedence Clearwater Revival è durata solo quattro anni eppure, nonostante il breve periodo di attività, i quattro ragazzi di El Cerrito sono entrati nella leggenda; è bastato un anno, il 1969, e tre dischi favolosi, l’ultimo dei quali,Willy And The Poor Boys, ha rappresentato l’anello di congiunzione tra passato e futuro, e ha riscritto le regole del rock’n’roll come oggi ancora le conosciamo.

domenica 29 dicembre 2024

Corinna Conci presenta la prima parte (“Female side”) del progetto ES/SÉ (Simona Fasano e Edmondo Romano)

ES/SÉ narra una dimensione trasformativa di ciò che manca in ciò di cui abbiamo bisogno per guarire, attraverso un itinerario onirico sonoro e della parola.

Per il loro primo album insieme, Simona Fasano (voce e autrice dei testi) ed Edmondo Romano (compositore e polistrumentista) scelgono un titolo che condensa simbolicamente i due aspetti del percorso di ricerca e conoscenza di ognuno di noi.

L’inconscio, l’istanza “Es” secondo la teoria freudiana, costituisce in gran parte il materiale della nostra realtà onirica e contemporaneamente è custode anche delle nostre ferite mentali e relazionali. Questa parte arcaica dell’essere è fatta di immagini, emozioni, istinti, percezioni, memorie, trasformazioni.

Il sogno e i nodi psichici sono eventi che si configurano in una dimensione archetipica dalla struttura universale.

Esistono sogni comuni in tutte le culture e in ogni periodo storico, a conferma che non si tratta di una raccolta casuale di informazioni, ma di tematiche archetipiche presenti anche nella mente della veglia. Il contenuto onirico invece è personale, autonomo e autogenerato perché attinge da sistemi concettuali della persona.

Allo stesso modo le ferite psichiche parlano di mancanze con un linguaggio comune che poi si declina individualmente.

Solo però nella narrazione si manifestano i significati di queste autobiografie collettive e personali.

Il valore dello svelamento sta nell’ avvicinamento alla consapevolezza, intesa come presenza mentale e viscerale, chiarezza nel sentire, senza essere però travolti da questa esperienza.

Percorrendo questa strada si arriva a muoversi nel mondo essendo sè, esprimendosi e realizzandosi.

In questo senso l’album manifesta delle strutture universali di fragilità umane, le raccoglie in due parti distinte del disco: la Female side” (composta da Rose Moon, Mon Jardin, Enfado, Impermanenza) dedicata alle ferite più vicine alla corrente energetica femminile, e la “Male side” (in uscita entro la fine del 2024) che narra quelle dentro un flusso maschile.

Così nel brano Mon Jardin la ferita del dolore si trasforma alchemicamente: la metamorfosi riguarda la violenza, l’abuso che diventa un giardino segreto rigoglioso, da metallo pesante in oro prezioso. 

Nel brano Impermanenza si affronta invece il vittimismo ma anche il fallimento. Essere ribelle significa uscire dal ruolo in cui il mondo si aspetta che tu giocherai. Ti ritrovi a muoverti in quelle vesti, che invece sei libero di non indossare, staccando l’interruttore dell’autodistruzione. 

In Enfado la tristezza vortica come un gorgo d’acqua, si mescola alla rabbia, ci avvolge completamente. Vivere nel corpo un dolore che la psiche conosce, per connettere il pensiero e le emozioni ai sensi, accettando l’integrarsi dei nostri diversi funzionamenti senza fare esclusioni. 

E nel brano Rose Moon infine, guardiamo insieme la madre di tutte le paure, quella della morte, esorcizzandola con un rito di morte simbolica: lasciare andare il controllo della mente sulla realtà e accettare l’imprevedibilità assoluta che l’esistenza ci offre quotidianamente. 

Esistono alcune esperienze che sono vere solo per chi le vive. Il mondo emotivo dell’altro è invisibile fino a che non c’è sintonizzazione e narrazione. ES/SÉ lavora in questa dimensione creativa, ricordandoci il potere della consapevolezza raggiunta attraverso la condivisione profonda, dove ognuno di noi ritrova un pezzo della sua storia.

Corinna Conci

Giornalista - Psicologa - Psicoterapeuta ad indirizzo analitico transazionale




Le Orme su Ciao 2001 nel dicembre del 1977: “Storia o Leggenda”

Su Ciao 2001 del dicembre 1977, articolo dedicato a “Le Orme”, per l’uscita del loro nuovo album “Storia o Leggenda”.

Di tutto un Pop!

Wazza

ASCOLTO









sabato 28 dicembre 2024

John Peel Carol Concert nel dicembre del 1970

BBC Top Gear Carol Concert first broadcast on boxing day 1970
This performance by an aggregation labelled "The Top Gear Carol Singers" featured Marc Bolan, John Peel & Sheila, Robert Wyatt, Mike Ratledge, Rod Stewart, Kenny Jones, Pete Buckland, Romie Young, Sonja Krystina, Ian McLagan, Ronnie Lane, Ronnie Wood, Ivor Cutler - David Bedford

Quatttordici anni prima della Band Aid, supergruppo creato da Bob Geldof e Midge Ure, quelli del singolo natalizio "Do They Know It's Christmas? ", John Peel, famoso speaker e disck jokey, creò una "super band", Top The Gear Carol Singer, con membri dei Faces, Soft Machine, Marc Bolan, Sonja Krystina...
Il creatore delle John Peel Session organizzò un mini concerto trasmesso dalla BBC nel dicembre 1970. Tra i vari brani eseguiti "God rest Ye Merry Gentlemen", Good King Venceless", e una "Silent Night" da brividi, eseguita dalla cantante dei Curved Air, Sonja Krystina…
Di tutto un Pop!
WK





venerdì 27 dicembre 2024

NOTTURNO CONCERTANTE -“DISTRESSED COLOURS”, di Andrea Pintelli

NOTTURNO CONCERTANTE
“DISTRESSED COLOURS”

Di Andrea Pintelli 

 

Chi mastica un po’ il progressive italico, sa già che il Notturno Concertante è stato uno dei maggiori gruppi in seno al prog revival degli anni Novanta. Tuttora resta uno dei migliori sulla piazza, oggettivamente. Per chi non li conoscesse, buon ascolto; non è mai troppo tardi. Attivo fin dal 1984, ha rilasciato diversi e notevoli album per la mitica Mellow Records, etichetta discografica guidata da Mauro Moroni e Ciro Perrino, che ha contribuito in maniera enorme a rilanciare il genere con clienti sparsi in tutto il mondo. Nel tempo la band è stata chiamata a collaborare con autori di grande rilievo, ovviamente in ambito musicale (es. Steven Wilson), ma anche teatrale, cinematografico, televisivo. Personalmente continuo ad adorare il loro terzo disco, “News from Nowhere” del 1993, ma ora è il turno di “Distressed Colours”, l’ottavo lavoro, uscito a inizio novembre per la Luminol Records.

Si tratta di un’opera interamente strumentale, suonata e arrangiata con tecnica mirabile e trovate eccellenti all’insegna di un’alta qualità che, ancora una volta, sorprende. I brani hanno rimandi che vanno dal folk all’elettronica, dal jazz alla classica; un melting pot che esprime libertà, atta a spaziare ovunque. Questa è la vera forza del Notturno Concertante, i cui musicisti hanno sempre messo interamente se stessi nella loro arte, ritrovandosi l’un l’altro nei risultati finali: Raffaele Villanova, chitarra/tastiere/basso, Lucio Lazzaruolo, chitarra/tastiere, Francesco Margherita, batteria. In questo disco si sono avvalsi della collaborazione di diversi eccellenti ospiti, che hanno portato un valore aggiunto tangibile. Su tutti Cristiano Roversi (Moongarden, CCLR, ecc.) che, oltre a suonare basso e stick, ha anche lavorato dietro la consolle, masterizzando il tutto.

Soft Moon, prima traccia, meravigliosa, con chitarre a creare atmosfera, ritmo, gioca con la possente sezione ritmica per determinarne il percorso; il violino allarga gli orizzonti con gusto e magia.

Shadows Party, col basso che entra nello sterno per restarci, offre alle chitarre lo spazio per potersi esprimere al meglio, con floride aperture e cambi di tempo che in soli due minuti e mezzo fanno intendere la materia di cui sono fatti questi artisti.

Distressed Colours è etnica (direbbero oggigiorno), ma io preferisco citare il cammino folk dal quale parte per inerpicarsi in un difficile, quanto inusuale, tragitto sonoro; la copertina ne racchiude tutto il senso di angoscia per chi ogni giorno attraversa quel cimitero chiamato mare Mediterraneo, in cerca di un futuro vivibile, senza averne un briciolo di certezza. Chi dimentica (o fa finta di non vedere) il dolore altrui, chiaramente, non ha capito nulla della vita.

Kissing Cloud, con andamento rilassato e chitarre acustiche che fanno volare, offre un altro aspetto della band: sofisticato senza vanti, profondo con naturalezza, messaggero di beneficio interiore.

Elusive riporta al movimento, dove il lavoro d’insieme è luce per le orecchie e fiori per l’anima. L’intervento del flauto è da applausi. Lost Cloud, più cupa delle precedenti, si misura con le ansie e le mancanze, per poi tuffarsi in un mare di armonie stratificate e cadenze pressoché perfette.

Dark Silence, ossia ode al prog più intenso, con controtempi da manuale. I ragazzi sono davvero in gamba, in forma, in contatto con entità che, spesso, non vogliamo vedere. Loro ce li presentano direttamente. Poison Town, canzone dai tratti strani e misteriosi, pone l’accento sull’abilità compositiva dei nostri. Partorire pezzi così è rarità, concepire un disco del genere ancora di più. Le parti di tastiera e clarinetto sono d’altrove, a formare un lago di emozioni.

On the Nature of Things torna ad uno sviluppo più disteso; come essere su un tappeto volante fra brezze gentili e profumi di glicine. Da ascoltare a occhi chiusi.

PR Smiles: e qui ci trovo un tono leggermente minaccioso; vuoi il ritmo, vuoi il titolo, vuoi che ognuno di noi negli strumentali ci trova quello che ha, in parte, già vissuto. Comunque, un altro tassello del messaggio che il trio vuole manifestare.

Skywriting ha luci differenti, più sfavillanti, meno velate. Ottima nel procedere, con un grande lavoro di batteria, che va comunque sottolineato per ogni traccia; cadenzata e fantasiosa nelle indicazioni che fornisce all’ascoltatore.

Pastel Ghosts è incentrata su un sax dai tratti fusion, che sorvola, plana, volteggia nell’etere dell’intimità. Bomba.

Winterlude, ottima di questi tempi, guarda le fresche lande per donare calore, stringe la mano alla signora Libertà dandole del tu, fa l’occhiolino a chi non ha follia.

Raw Elegance chiude quest’album in maniera solenne, dimenticandosi della gravità, riportando tutti noi sulla stessa linea d’onda, fatta di emozioni, sorrisi, fratellanza. O almeno, così dovrebbe essere se desideriamo andare avanti e vedere tante albe. “Distressed Colours” può aiutarci a riflettere in tal senso. Abbracci diffusi.



Track list (cliccare sul titolo per ascoltare)

1.    Soft Moon

2.    Shadows Party

3.    Distressed Colours

4.    Kissing Clouds

5.    Elusive

6.    Lost Cloud

7.    Dark Silence

8.    Poison Town

9.    On the nature of things

10.   PR Smiles

11.   Skywriting

12.   Pastel Ghosts

13.   Winterlude

14.   Raw Elegance

 

NOTTURNO CONCERTANTE are:

-         Raffaele Villanova (classical guitar, keyboards, additional bass)

-         Francesco Margherita (drums)

-         Lucio Lazzaruolo (classical guitar, keyboards) 

Guests:

-         Cristiano Roversi (bass and stick bass)

-         Defrim Mala (clarinet on Poison town)

-         Gianluca Milanese (flute on Kissing cloud and Elusive)

-         Jack Julian (keyboards on On the nature of things)

-         Nadia Khomoutova (violin)

-         Spiros Nikas (saxes on Pastel ghosts)

 

All tracks composed by Lucio Lazzaruolo and Raffaele Villanova

Recorded at Transparent Music October 2020 to January 2024

Produced by Raffaele Villanova and Lucio Lazzaruolo

Mixing: Raffaele Villanova

Mastering: Cristiano Roversi

Photo cover and graphics: Raffaele Villanova