ELECTRIC SWAN – “Windblown”
Black Widow Records
di Andrea Pintelli
Finalmente. Per diversi motivi, s’intende. Perché cinque anni sono
lunghi, se si contano a mesi. Perché c’è chi la qualità la mette prima di
tutto. Perché si rende lampante il concetto che alcune persone, con l’avanzare
dell’età, migliorano. Perché c’è la conferma che entro i confini nazionali vive
chi è capace di elevarsi ben oltre certi blasonati mestieranti esteri. Perché
tutta la ricchezza della bellezza la fa entrare in un solo disco, senza orpelli
inutili. Questi sono gli Electric Swan, band nata nel 2008 come
solo-project di Lucio Calegari
(fondatore degli indimenticabili Wicked Minds, band piacentina che ha saputo
mixare hard rock, psych, blues e prog con ottimi risultati) e arrivata nel 2017
con grandissimo slancio creativo, tanto da pubblicare il terzo lavoro dal
titolo “Windblown” (il secondo “Swirl in Gravity” risale al 2012).
Il gruppo, dopo alcuni cambi di “personale”, è ora stabilmente
composto dal leader “Swan”,
sopracitato, chitarra e voce, Monica
Sardella alla voce, Vincenzo Ferrari
al basso e Alessandro Fantasia alla
batteria. Rimando la storia completa del gruppo, e relativa intervista,
all’articolo che uscirà sul prossimo MAT2020.
In questa occasione ci si vuole concentrare sulle undici gemme (più una bonus
track) che compongono “Windblown”.
“Cry your eyes out”,
primo singolo estratto, apre le danze di questo caldissimo lavoro, e lo fa in
modo “misuratamente deflagrante”: quasi in sordina per “presentarsi”, poi con
un wah-wah impossibile da dimenticare, Swan ci fa subito capire in che
labirinto di decisi e amabili suoni siamo piacevolmente finiti; l’incipit si fa
spazio da sé, seguito da una (qui e ora) batteria-pochi-colpi-e-giusti, basso
pieno, e voce suadente che sfocia in un inciso degno di nota, molto carico, per
poi estendersi in un assolo pieno di pathos e forza d’urto.
“Face to face”, secondo singolo estratto, potrebbe, anzi è un singolo che qualsiasi radio dovrebbe programmare, ma quotidianamente; in ogni sua parte non ha meno di quello che si vorrebbe ascoltare da una canzone che, mi si passi il termine, ti fa godere, e tanto; trattasi di un brano pressoché perfetto, rock, blues, e pop quanto basta. Ha un lirismo che ti abbraccia, possiede quel potere che ti fa cantare l’anima insieme ad esso. Grazie ad esso. Siamo in vetta, ragazzi. Vorreste scendere dopo esserci arrivati? Nemmeno per idea, e infatti i nostri con “Bad mood”, ci fanno restare lì, con un brano più hard dei due precedenti, chitarra insistente su un giro ad effetto, meravigliosamente insistente, con Monica a condurci attraverso quest’esperienza, strana a tratti, specialmente nei bridge usati per cucire vari momenti diversi ma “fratelli”, con la chitarra che dialoga continuamente con la gioia delle nostre orecchie.
“Face to face”, secondo singolo estratto, potrebbe, anzi è un singolo che qualsiasi radio dovrebbe programmare, ma quotidianamente; in ogni sua parte non ha meno di quello che si vorrebbe ascoltare da una canzone che, mi si passi il termine, ti fa godere, e tanto; trattasi di un brano pressoché perfetto, rock, blues, e pop quanto basta. Ha un lirismo che ti abbraccia, possiede quel potere che ti fa cantare l’anima insieme ad esso. Grazie ad esso. Siamo in vetta, ragazzi. Vorreste scendere dopo esserci arrivati? Nemmeno per idea, e infatti i nostri con “Bad mood”, ci fanno restare lì, con un brano più hard dei due precedenti, chitarra insistente su un giro ad effetto, meravigliosamente insistente, con Monica a condurci attraverso quest’esperienza, strana a tratti, specialmente nei bridge usati per cucire vari momenti diversi ma “fratelli”, con la chitarra che dialoga continuamente con la gioia delle nostre orecchie.
“Leaves” parte in
quinta, forse in sesta! Rockeggiante all’ennesima potenza, solidità ed
espressione di una band assolutamente matura dei propri mezzi e della “botta”
che ti dà ad ogni ascolto; la parte centrale è giustamente riflessiva, una
sensazione di calma apparente ti percuote, come il basso che qui la fa da
padrone, con un assolo centrato sia nell’essenza, che nel tracciato, per poi
lasciare strada al ritorno del ritmo, incalzante, dove Monica, prima del guitar
solo finale, si lascia andare ad un acuto da pelle d’oca.
“Losin’ time”, blueseggiante
fino al midollo, ci fa comunque tanto battere il piede, quanto il cuore, perché
c’è lui prima di tutto. L’intreccio continuo fra chitarra e voce si eleva fino
all’azzurro, e mette le ali a chi, chiudendo gli occhi, vuole arrivarci. E’ anche
un mezzo che ci promette di condurci altrove, sta a noi coglierlo nel suo vero
significato. Una sfida, quindi. Ma una bella sfida. Ci fa correre nei cieli,
con un’accelerazione che lo fa diventare un momento che speri non finisca mai.
Da sottolineare il gran lavoro del potente drummer.
“Sin’s a good man’s brother”,
cover dei granitici Grand Funk Railroad, ha tutto il merito di essere stata
scelta dai nostri per essere incastonata fra le loro songs. Non poteva che
essere lei, e lì, in questo disco. Gli Electric Swan ne danno
un’interpretazione da brividi, che non ha nulla da invidiare all’originale,
avendo loro una freschezza d’approccio e una determinazione in quel che fanno
che in pochissimi possono vantare; queste qualità si sentono con molta
chiarezza. E gioia.
“Beautiful bastard” è
quel che non ti aspetti. Funky (già, proprio così) con fraseggi psych, rocking
moments con sogni lunghi un levare, ma in modo talmente creativo, che questi
ritmi vengono presi e ripresi da Lucio, per giocarci, modellandoli a suo piacimento,
tanto da inserirci il sax jazzato di Sergio
Battaglia, che sembra arrivato da un altro pianeta (leggasi ambito
musicale), ma che si pone con grazia al servizio dei nostri. Questo brano
strumentale non lascia spazio a dubbi: c’è una maturazione dell’idea che lascia
stupefatti, evoluzione allo stato puro, progressione nel proprio cammino
musicale. Volete vincere? Ascoltatela tre volte di fila. Come essere
attraversati da un fiume, ma di note penetranti e soavi.
“Carried by the wind”
riparte dall’hard, un mid-tempo dove la coesione è l’arma vincente per
proseguire nell’ascolto di questo bellissimo disco. E dove Swan ci regala un
altro dei suoi infinitamente eccitanti assoli.
“Here is nowhere” parte
con l’immaginifico flauto di Samuele
Tesori (secondo ospite), che si fa incalzare da Monica, sempre più
florilegio di significati e conscia della propria potenza stilistica (di una
voce così ci si innamora, senza se e senza ma). Questa stupenda ballad arriva al
momento giusto per farci sedere e riflettere, non per guardarci indietro ma per
ammirare fin dove può arrivare la creatività delle persone. Se Lucio è l’autore
delle grandissime e altissime musiche, Monica è l’autrice dei profondi e
ammirevoli testi, finalmente i suoi testi, e tutto ciò si sente, si capta,
dall’intensità delle sue interpretazioni, nitidi attimi di bellezza. Questi
sono regali. Quindi si può solo che dire grazie.
Paolo
“Apollo” Negri, ex membro della band e qui in veste di ospite, introduce col suo
(davvero) magico Hammond “If I’m luck I
might get picked up”, cover di Betty Davis, super hot song, sia nella
versione originale della moglie di Miles, sia in quella dei nostri, che ancora
una volta sorprendono per scelta di soluzioni stilistiche, che per favolose
mosse all’interno del brano stesso, proponendone un arrangiamento da brividi.
Blues, tanto, fa da contraltare ad una marea psichedelica che qui ci travolge,
riempiendo le nostre orecchie di colori accesi e perenni. Mai domi, ora si
divertono a portarci in un vortice di suoni, lasciarci trascinare dalla loro
corrente, per poi farci uscire con la sensazione che di pezzi così non se può
mai avere abbastanza.
Il lavoro si chiude con la breve strumentale “Windblown”, un delicato fraseggio di sola chitarra, quasi una
carezza, sicuramente un biglietto firmato appeso alla nostra memoria, la quale
non potrà scordarsi tanto facilmente di un disco talmente importante. Ed
esportabile. Assolutamente.
Bonus track è la “Midnight”
dei T. Rex, che troverà posto anche nell’imminente tribute cd della Black Widow
Records (gloria sempre), dedicato alle figure degli immensi Bowie e Bolan,
creatori del movimento Glam. Ma qui ci sono gli Electric Swan, che prendono
spunto da questa indimenticabile canzone per fare loro stessi, col piglio di
chi sa di essere bravo, senza ostentarlo. Chapeau.
Da sottolineare la splendida copertina, ad effetto, creata da Sasha Montiljo, opera dal titolo “Nihil”, con la quale è ben raffigurata
l’essenza di questo meraviglioso disco.
Averne di artisti così…
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