Mi chiamo Claudio Bellato e sono un musicista indipendente.
Che cos’è un musicista
indipendente?
Iniziamo a dire che cosa non è un
musicista indipendente.
Un musicista indipendente non è un
dipendente di ente pubblico (quindi non è un insegnante di conservatorio o
scuola pubblica, né tanto meno è un musicista esecutore o compositore che
dipende da tali apparati).
Un musicista indipendente è un
tizio che grazie alla propria credibilità viene chiamato da scuole di musica
pubbliche o private, per contratti a lungo o medio termine.
È un signore che scrive, compone, arrangia,
realizza i propri progetti musicali e li sottopone a locali, direttori
artistici, comuni, festival enti ed associazioni).
Bella la vita bohemien? Sempre in
giro? Lo sai solo te quanto guadagni, lavoratori in nero...
E così che molti ci vedono... come
dei… cazzoni!
Questo è un lavoro dove molti come
me hanno passato trent’anni attaccati ad uno strumento, e in cambio non hanno
cassa mutua, ammortizzatori sociali: i soldi che si versano su di una fattura
finiscono all’INPS? lo domando a voi perché io non ne sono poi così sicuro (altrimenti
non si spiegherebbe come mai amici che hanno fatto musica sulle navi e nei
locali tutta la loro vita, per colpa di pasticci burocratici non attribuibili a
loro, si ritrovino a vivere con la pensione sociale, soli e molto malati dopo
una vita di contributi).
Vorrei dire una volta per tutte
che questo è un lavoro debole ed è un lavoro socialmente importante (questo è
quello che io e molti come me credono).
Esattamente come i lavori
usuranti, i lavori precari ecc... questo è un lavoro debole.
Chiunque può proporre ad una
scuola un progetto didattico o un concerto ad un assessorato alla cultura,
anche se nella vita percepisce uno o più stipendi da altri lavori e relativi
contributi previdenziali.
Questa è una delle mille cause che
hanno contribuito a distruggere questo lavoro anche in epoca pre-covid 19.
Non c’è nulla di male nel fare
musica e didattica a pagamento.
Tutti possono salire su di un
palco e venire ricompensati di questo, altrimenti il nostro lavoro didattico
nei confronti dei ragazzi e di proposta di valori alternativi al pattume che
c’è là fuori non avrebbe alcun senso… forse avrebbe senso fare in modo che le
tasse sulla fatturazione pagate da chi fa il musicista in maniera straordinaria
finiscano veramente a favore di chi lo fa come unico lavoro.
Ma ogni qual volta che io faccio
fare l’impianto elettrico o i lavori di muratura a qualcuno che di primo lavoro
fa il messo comunale, il ferroviere, l’impiegato delle poste, io lascio a casa
un elettricista che è iscritto all’albo, paga i contributi, le certificazioni, le
attrezzature, e i contributi ad uno o più dipendenti.
Lui resta a casa a rigirarsi i
pollici, mentre qualcuno si guadagna il secondo o terzo stipendio, oppure quel
mese non mette mano alla sua pensione.
Io non credo che questa sia una
cosa giusta
Qualcuno a questo punto dirà: “Se
uno è un bravo professionista o no la gente se ne accorge!”
Vedete… il punto non è questo… io
potrei essere Jimi Hendrix, o più semplicemente Claudio Bellato, ma il punto è
il seguente: io non faccio il lavoro di un altro.
Nel rispetto e nella tutela del
lavoro di un altro, del suo unico lavoro (debole e precario).
Perché io credo che questo lavoro
abbia una valenza sociale?
Cerco di spiegarlo…
Siamo noi che diamo il nostro
piccolo contributo per far si che molti dei vostri figli non diventino degli
autistici digitali (come qualcuno li ha definiti), facendoli aggregare nei
saggi e nei corsi di musica di insieme... grazie alla musica.
E una piccola cosa, ma buona, come
direbbe Raymond Carter.
Io credo che l’impossibilità di
fare un’azione sociale come musicisti dipenda dalla mancanza di una coesione
tra di noi, da quello che un tempo si chiamava “coscienza di classe”.
C’è un bellissimo film di Elio
Petri: “La classe operaia va in paradiso”.
In quel film i crumiri sono contro
gli operai, gli operai sono contro i crumiri, gli studenti vengono visti male
dagli operai, e i sindacalisti vengono visti male da tutti.
Nessuno di loro è veramente
cosciente del suo essere sulla stessa barca dell’altro, tutto preso dalle
proprie invidie personali. E soprattutto ci sono i padroni che si fregano le
mani e condannano tutti ad una vita in fabbrica.
Seguendo l’antico ricatto: Se non
lavori... non mangi…
Nel mondo della musica le cose non
vanno diversamente
Si invidia l’orto dell’altro senza
pensare all’interesse comune che in questo momento più di ogni altro sarebbe
necessario.
Le cose non cambieranno senza una
coesione tra i musicisti.
Se domani riaprissero le gabbie ci
sarebbe una fila oceanica di musicisti pronti a leccare il culo all’assessore
di turno, a vendere un concerto in cambia di una campagna elettorale, ad
associarsi a questa o quella associazione culturale che fa lavorare sé stessa ed
i propri protetti, in cambio di scambi di concerti.
Gli altri diverrebbero presidenti
di associazioni culturali, cioè imprenditori, parola che ci insegna il buon
Silvano Agosti rivela la propria natura cancellando le prime due sillabe.
Quel che resta è prenditori.
Io non farò l’imprenditore.
Sono un musicista, so scrivere
arrangiare, so cantare so fare musica.
Quello che i musicisti non hanno
capito è che le gabbie non riapriranno e se riapriranno avranno ancora meno
diritti di prima.
Non lo dico nel mio interesse, io
ho quasi 50 anni... dove vado?
Probabilmente la danza per me
finisce qui.
Ma a tutti quei giovani che
credono o sperano che questo sia un lavoro che cosa gli raccontate?
In mezzo a loro c’è qualche mio
giovane allievo molto promettente e creativo
A loro cosa racconteremo? Che fare
il musicista in Italia non è possibile perché non è considerato un lavoro?
Anziché cercare il nemico fra di
noi vogliamo farci delle domande?
Da chi è stata rappresentata la
nostra categoria nel corso del tempo?
Vogliamo parlare della SIAE?
oppure vogliamo parlare dell’INPS?
Una delle poche cose che ho capito
utilizzando internet per il mio lavoro è che in Italia e nel resto del mondo ci
sono cose delle quali non si può parlare (pena, la censura e l’oblio).
Io questo l’ho toccato con mano e
visto in realtà ben più gravi della mia.
Le poche volte che mi sono
ritrovato con l’account chiuso in vita mia è stato perché mi ero permesso, con
linguaggio equilibrato e sereno, di parlare di problemi sociali.
Le inchieste di Milena Gabanelli
sulla Siae o sulle multinazionali in rete non sono più presenti per presunti
diritti RAI.
Mariano Giustino (equilibratissimo
e moderato giornalista di Radio Radicale) sta svelando orrori senza fine in
Turchia, cose che la stampa nazionale non fa arrivare a noi, e ha denunciato
che ha tutti gli account social chiusi.
In compenso sul web si può trovare
ogni genere di cosa: pedopornografia, insulti razziali e sessisti nel mondo
dello sport, dettagliatissimi filmati di esecuzioni capitali, e torture
animali, e molto altro ancora.
Che cosa imparo io da questa
esperienza?
Imparo che sul web ci si può
interessare di qualsiasi argomento, compreso il più ignobile, ma non si può e
non si deve parlare dei poteri forti.
Se io dicessi che il presidente
della SIAE, il signor Gino Paoli è stato accusato dal fisco di evasione per una
cifra pari a due milioni di euro - altri riportano 800.000 - reato caduto in
prescrizione grazie ai suoi potenti avvocati… mi bloccate nuovamente l’account?
In caso positivo, provvedete a
bloccare l’account o a denunciare per diffamazione tutti quelle testate che si
sono occupate di questo fatto (Stampa, Corriere della Sera ecc., le ho qui con
me).
Dirigente SIAE indagato per false
fatturazioni in una vicenda inerente alle bigliettazioni del gran premio (fonti
Monza Today).
La grande famiglia dei dipendenti SIAE
(quattro su 10 legati da parentela) con stipendi fino a 64.000 euro e bonus
lavanderia (fonti il Corriere della Sera).
Perché mi arrabbio?
Perché questa gente avrebbe dovuto
rappresentare la mia classe lavoratrice attraverso la legge sul diritto
d’autore. E invece mandano comunicati stampa patetici dove si impegnano a
recuperare i denari del diritto d’autore da multinazionali come Google e Youtube…
si limitassero a pagare i soldi del diritto d’autore!
A me da tre anni non arriva nulla
(mi si dice perché i borderaux cartacei sono stati depennati dalla ripartizione
sul diritto d’autore) ed i miei brani sono stati pubblicamente eseguiti in
club, festival internazionali, rassegne, teatri.
Caro Giulio Rapetti, mandami i
miei soldi, sono Claudio Bellato, numero di, matricola 117252! Autore.
La questione previdenziale l’ho
già spiegata, e aggiungo che se andate in 10 sedi Inps o cooperative musicali riceverete
10 versioni diverse inerenti alla vostra situazione contributiva e alle
legislazioni che vi riguardano.
Ci sono contributi Enpals che non
sono stati accorpati ad altri tipi di contributi e sono finiti (nelle tasche di
qualcuno).
I professionisti a partita Iva
hanno ricevuto (l’elemosina dei 600 euro).
Gli iscritti al fondo
pensionistico dello spettacolo mediante cooperativa, se non hanno versato
trenta contributi nel 2019 non hanno diritto a nulla (io sono uno di quelli).
Ora vorrei stabilire una volta per
tutte che il musicista indipendente non è un nemico delle fatture (sulle quali
si ricarica L’IVA e l’Inps).
Ma il “nero è l’unica modalità
lavorativa consentita dal 90 % del nostro lavoro.
Scuole, club, scuole private ecc…
giustificano i nostri compensi attraverso l’associazionismo, il rimborso spese,
ecc.
Solo festival, comuni, assessorati
alla cultura, Teatri, Fondazioni mi permettono di emettere fattura, ma questi
committenti rappresentano solo il 10/15% del mio lavoro.
L’alternativa tra accettare questa
condizione o restare a casa, è quella di cambiare lavoro (condizione
inquietante a 50 anni re-inserirsi nel mercato del lavoro, la sto vivendo e non
ve la consiglio).
E noi tutti (o quasi) ci siamo
adattati a questa situazione.
Stiamo provando a parlare
dell’aspetto fiscale a molte scuole o club, ma la cosa è impossibile... occorrono
leggi, occorre un intervento deciso da parte delle istituzioni.
Non mi sono mai interessato di
ammortizzatori sociali, non li ho mai cercati.
Ora che avrebbero rappresentato
una piccola boccata di ossigeno in attesa della fine di un incubo ho scoperto
mio malgrado che avere una casa ed un’automobile significa essere dei
latifondisti per questo stato.
Ho scoperto mio malgrado che il reddito
di cittadinanza da 700 euro è stato assegnato a gente che non ha mai lavorato,
mentre invalidi gravissimi (come un caro amico) ne percepiscono 300.
Ecco, mi piacerebbe conoscere il
criterio di assegnazione di questi ammortizzatori.
Lo stato non vede di buon occhio
il mio possesso di un bene immobile perché sono ricco e non avente diritto ad
amortizzatori, ma se io non pago i lavori e il riscaldamento e le tasse
sull’immobile la legge mi manda un decreto ingiuntivo.
A 50 anni ho capito che possedere
qualcosa è più dispendioso che vivere in affitto, e se non pago ogni anno cifre
esorbitanti di spese condominiali nebulose e improbabili mi arriva una bella
lettera dell’avvocato
L’attuale amministratrice del mio
condominio è allo stesso tempo l’assessore alle politiche sociali al comune di
Savona, amministratrice di un numero imprecisato di immobili, ed un ex
dipendente del ministero della pubblica istruzione.
A fronte di chi percepisce tre
stipendi e tre pensioni e vive in uno stato che gli permette (alla faccia del
conflitto di interesse) di occuparsi della cosa pubblica e di fare il libero
professionista.
C’è gente come noi che ha dedicato
una vita alla musica e la pensione non la vedrà mai, così come non vedrà mai
nessuna forma di ammortizzatore sociale.
Per lo stato siamo portafogli su
due gambe.
L’attività musicale muove una mole
di danaro pari a 3,5 miliardi di euro.
Queste sono le notizie giunte da
varie dirette di you jazz e note legali dove hanno parlato avvocati, direttori SIAE,
esperti di diritto del lavoro:
431 milioni di redditi Inps
1,5 miliardi di Volume di affari
nei Live
1 miliardo Volume di affari dati Siae.
535 milioni volume di affari dei
live
Fonti SIAE, Symbola e Agis.
Questo è il volume di affari della
musica dal vivo realizzata da noi indipendenti insieme alla cultura, in questa cifra
ci sono parecchi denari che non ritorneranno mai nelle tasche dei musicisti
sotto forma di diritto, pensione, ammortizzatore sociale.
Un tempo qualcuno ci elogiavano
dicendo “il futuro è dei creativi, artisti, artigiani, contadini e tutti quelli
che non avendo voluto indossare una divisa o entrare nello stato mediante
concorso avevano deciso di vivere della propria creatività, della propria
impresa”.
Ci dicevate “Il futuro è vostro!
La pacchia dello stato è finita!”.
Si sbagliava.
Le stanze del potere e della Siae
sono ancora piene di inamovibili gerontocrati, mentre noi siamo nella merda, ma...
tant’è... quando dai semi di zucca nasceranno manzi allora le cose
cambieranno diceva Sgalambro.
Caro Pasquale Tridico presidente
dell’inps
Caro Dario Franceschini, ministro
per i beni culturali
Caro Presidente del consiglio
Giuseppe Conte
Caro Presidente della SIAE: Gaetano
Blandini
A nome di una categoria che
rischia l’estinzione vi ringrazio di tutto.
Del resto, come aveva tuonato un
vostro illustre predecessore…
Con l’arte non si mangia
Claudio Bellato