Compie gli anni oggi, 29 maggio, Gary Brooker, pianista, cantante compositore, fondatore dei Procol Harum.
Nel 1967 scrisse
assieme a Keith Reid "A Whiter Shade of Pale", praticamente la sua
"pensione"!
Nella sua lunga
carriera ha scritto altri grandi brani, ed è sul palco con i Procol Harum…
Happy Birthday Gary!
Wazza
“A whiter shade of
pale” ebbe un grandissimo apprezzamento anche a livello internazionale,
raggiungendo subito (sin dai primi di giugno dello stesso anno) la vetta più
alta delle classifiche europee: nel Regno Unito vi rimase per 6 settimane, In Germania
per due settimane, in Italia per sette settimane, in Irlanda per cinque, nei
Paesi Bassi per otto, in Australia per tre ed in Francia per nove. In Norvegia
ed in Austria non riuscì a toccare la vetta ma arrivò rispettivamente terza e
quarta, mentre nella Billboard Hot 100 si classificò come quinta canzone in
assoluto.
Nel 1998 la fortunata
canzone ottenne il premio “Grammy Hall of Fame Award”.
“A whiter shade of
pale”, con tale successo, non poteva non essere interpretata nelle lingue dei
più svariati paesi (europei ma anche oltre oceano).
In Italia fu riscritta da Mogol con il Titolo “Senza luce” ed interpretata dai Dik Dik.
In Italia fu riscritta da Mogol con il Titolo “Senza luce” ed interpretata dai Dik Dik.
Fra i molti rivali
artistici che i Beatles vedevano moltiplicarsi a vista d’occhio approssimandosi
la fine degli anni sessanta, i Procol Harum sembrarono a un certo punto fra i
più agguerriti e accreditati grazie ad una serie iniziale di singoli stupendi, rapidamente
fatti uscire uno dietro l’altro come usava allora, a cominciare da quello in
questione che si impose come esordio clamoroso per poi rimanere, pur sgualcito
dal tempo, un acclarato evergreen della musica pop.
Quando però
cominciarono ad uscire anche i loro album, essi contenevano tanti riempitivi,
diversi episodi poco curati ed ispirati. E malgrado un certo miglioramento
progressivo, con uscite discografiche di qualità media sempre crescente, a quel
punto vennero però quasi a mancare le singole canzoni memorabili, i capolavori,
i vertici di produzione con la conseguenza che il marchio Procol Harum perse
rapidamente carisma e considerazione, arretrando sempre più nelle posizioni di
rincalzo del panorama pop e rock e compromettendo sin troppo la memoria storica
di questo gruppo.
La magia di questa
canzone ha il suo fondamento nella commistione fra il cantato accorato di
impostazione rhythm & blues del pianista e frontman Gary Brooker e
l'assolutamente dominante contro tema, eseguito a tutto volume all’organo
Hammond come non s’era mai sentito fare prima da nessuno in un brano di
successo, a merito dell’organista Matthew Fisher. Il suddetto musicista,
ispirandosi garbatamente alla così chiamata “Aria sulla quarta corda” di Bach,
ne trapianta quasi integralmente il movimento discendente del basso (che
bassista Bach! Uno dei migliori…) riuscendo poi a ricavarne una variazione
melodica di quasi altrettanta bellezza, meno fascinosa e misteriosa ma più
gloriosa ed estroversa.
È indubbio che
l’avvenenza e la fortuna commerciale di questa canzone siano merito più del
contenuto motivico organistico (e del relativo eccellente timbro, reso a giusta
prevalenza dal missaggio) che della melodia del canto, per non parlare del
testo astruso e insignificante anzichenò, ma erano tempi psichedelici… pure il
titolo non scherza: “Un’ombra più bianca del pallido”! Eppure, Fisher ha dovuto
lottare legalmente per molti anni prima di riuscire a farsi riconoscere il 50%
delle royalties per questo brano, per lunghi anni appannaggio del solo collega
Brooker che ne aveva scritto la parte vocale, armonia melodia e testo.
Nella copertina,
psichedelica quasi quanto il titolo, Brooker è il baffino in primo piano,
Fisher la prima faccina a destra, seminascosta. Gli altri tre non contano…
erano session man assoldati per la bisogna; il gruppo si costituirà in maniera
organica proprio a valle dei primi riscontri di grande successo di questo
singolo e a quel punto verranno imbarcati un paio di ottimi musicisti ossia il
batterista B.J. Wilson (a cui Jimmy Page aveva fatto un pensierino per i futuri
Led Zeppelin, prima che l’appena ingaggiato frontman Robert Plant gli facesse
vedere come suonava il suo compaesano John Bonham e allora… amen!) e il
chitarrista Robin Trower, poi valorizzatosi autonomamente col suo gruppo rock
blues.
John Lennon disse al
tempo che “A Whiter Shade of Pale” era il più bel singolo del 1967 e, dato che
lui nel mentre stava buttando fuori cose come “Strawberry Fields Forever” e
“I’m the Walrus”, c’è da credergli, anche perché non soffriva di modestia e
mancanza di ambizione.
from
left, Dave Knights, BJ Wilson, Gary Brooker, Matthew Fisher and Robin Trower
(source The Guardian)
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