Effetto Memoria: Osanna (Wishlist Club, Roma, 12 aprile 2018)
Un ricordo “a quattro mani” di Davide Petilli ed Enrico Meloni
Quando ho proposto a Davide, amico di lunga
data, di contribuire all’articolo della rubrica “Effetto Memoria”
riguardante il concerto degli Osanna di Roma
di due (!) anni fa, la controproposta è stata “perché non ci facciamo una
chiacchierata, informale, sul concerto?”
Ecco il risultato di questo inaspettato e
piacevole scambio di vedute sul concerto e su molto altro ancora. In the name of Prog!
Davide:
Serata di gala del miglior prog italiano con spettatori di lusso al Wishlist
per il concerto degli Osanna.
Concerto
reso ancora più bello se visto da due amici che si conoscono ormai da 15 anni e
hanno condiviso tante esperienze e tante passioni in comune: in primis quella
della musica.
Ora,
non so te Enrico, ma per me gli Osanna rappresentano tanto nel mio mondo
“Italian prog”. Un mondo vasto, spesso immenso, con mille dispute su
nomenclature e vari sottogeneri. Un prog meno barocco e cupo di altri gruppi
loro contemporanei, che risente delle chiare influenze latino-mediterranee
tipiche di Napoli.
A me
trasmettono proprio energia positiva pure quando suonano tematiche “serie”.
Rappresentano un bel punto di incontro che trova il suo apice in “Oro Caldo”,
anche se l’hanno eseguita in versione ridotta questa sera. Che ne dici tu?
Enrico: Dico che hai ben ragione, amico mio.
Un prog energico, estremamente vivace, a modo suo avanti anni luce sui tempi e
sempre interessante e vario, anche in quegli album più “snobbati” dalla
critica... il cui demerito è forse solo quello di essere stati pubblicati dopo
un trittico di autentici capolavori quali “L’Uomo”, “Preludio, Tema, Variazioni
e Canzona” e “Palepoli”?
Che dire poi del pionieristico ruolo nel
disegnare un nuovo modo di presentarsi sul palco, con tanto di face-painting?
Ricordo che, quando ero ancora al liceo, un amico mi disse che prima dei Kiss
c’era stata una band italiana “di quegli anni lì” a usare il trucco che
coprisse tutta la faccia… lo guardai quasi stizzito.
Ma che ne potevo sapere, allora, che questa
band mi avrebbe poi letteralmente rapito negli anni dell’università a Genova,
proprio grazie all’album “Preludio, Tema, Variazioni e Canzona”,
indissolubilmente associato al film “Milano Calibro 9”, e a un certo
immaginario noir legato ai libri di
Giorgio Scerbanenco, di cui mi nutrivo quando li ho scoperti? Gli Osanna sono
una delle prime del prog italiano che abbia mai conosciuto e approfondito.
Erano gli anni in cui scoprivo anche i Calibro
35, notevole band italiana che ai film poliziotteschi anni ‘70 si rifa(ceva) in
modo abbastanza evidente, almeno agli inizi (“Bouchet Funk” vi dice qualcosa?).
La scoperta degli Osanna mi ha aperto un mondo.
Nel corso della serata intitolata “Da Milano
Calibro 9 a Live in Japan”, assistiamo alla proiezione di alcune sequenze dal
film-documentario “Down by Di Leo. Viaggio d’amore alla scoperta di Fernando Di
Leo” di M. Deborah Farina (presente in sala), dedicato alla vita di Di Leo,
regista di “Milano Calibro 9”, più una imperdibile riproposizione della colonna
sonora del film (ossia il secondo album in studio degli Osanna) con tanto di
scene salienti del film. Non manca una ricchissima carrellata di brani storici
della band napoletana.
E tu che sei ormai de Roma, che mi dici del Wishlist, la venue del concerto? Ricordo
che l’abbiamo trovata alla fine di una stretta via dove c’erano diverse
marmerie, ho come un vago ricordo di pezzi di lapidi o simili lasciati un po’
qua e là per strada...
Sì,
una viuzza davvero particolare tra il Verano e San Lorenzo. Io sarò di parte ma
ho sempre ottimi ricordi del Wishlist. Vivendo a Roma, ci vado quelle 4-5 volte
l’anno e non mi delude mai. Locale non enorme, senza fronzoli, con un’ottima
acustica e il fonico resident Marco Raffo è molto bravo.
Il
club è inserito in un contesto molto caro a musicisti e studenti. San Lorenzo è
un quartiere storicamente operaio con un’anima profondamente cambiata negli
ultimi anni in parte dalla gentrificazione.
Dopo
questo excursus socio-antropologico, se non ricordo male per te è stata la
prima volta al Wishlist, vero?
Sicuramente la prima volta… e spero non
l’ultima! Mi trovavo a Roma in occasione della conferenza per amanti della
programmazione Codemotion (ciao Ale!), ma ho sempre amato molto le infinite
possibilità che il dover viaggiare può fornire quando si tratta di mischiare
una trasferta di lavoro con la musica live ed eventi che mi interessano. E così
è stato.
Ho un ottimo ricordo del Wishlist, locale in
cui l’acustica è stata pressoché perfetta per tutta la serata. Per non parlare
del prima e del dopo… paninozzi belli ignoranti e qualche birretta. Cosa puoi
chiedere di più?
Ricordo anche la presenza di un tuo collega,
fan del prog con qualche anno più di noi ma con uno spirito giovanile
perfettamente intatto. Un trio d’eccezione per una serata indimenticabile.
Ed è anche probabile che abbiamo contribuito
ad abbassare un po’ l’età media dei frequentatori abituali dei concerti prog,
che ne pensi?
Mitico
il mio collega Stefano, un’anima rock resta “forever young” come direbbero gli
Alphaville. Sinceramente un aspetto che mi fa sempre piacere e che mi fa
sentire meno mosca bianca è l'abilità e l’intelligenza con le quali gli Osanna
sono riusciti ad allargare la loro platea ad un pubblico più eterogeneo
rispetto agli standard del genere. Era sì certamente presente la “storica
guardia” cresciuta con quegli album storici e più o meno coetanei di Lino
Vairetti, tuttavia credo tu potrai confermare che c’era un buon numero di
persone nella fascia di età 30-40 e una preponderanza maschile non troppo
schiacciante.
Sì, questa volta il pubblico era bello
variegato, sia per genere che per età.
Lino stesso si è circondato di giovani per
continuare a portare avanti il progetto Osanna, musicisti preparatissimi tra
cui il figlio Irvin, che non si risparmiano affatto sul palco, regalando uno
show coi fiocchi.
Visto che
parliamo di giovani (e meno giovani), ne approfitto per presentare la band: Lino
Vairetti, fondatore, cantante, chitarrista, armonicista e artista a tutto
tondo (è anche insegnante di scultura, scultore e fotografo), unico membro
originario del primo nucleo degli Osanna, è oggi accompagnato da una
formazione affiatatissima, in cui troviamo Gennaro Barba alla batteria, Nello
D’Anna al basso, Sarà Priore alle tastiere, Pako Capobianco
alla chitarra, e il figlio Irvin Vairetti ai synth, coadiuvati
dall’ingegnere del suono Alfonso La Verghetta.
Tornando al pubblico in sala, è stato
divertente fare “Indovina chi?” avendo notato tra il pubblico alcune delle star
del prog tricolore.
Queste rispondono ai nomi di Jenny Sorrenti,
Claudio Simonetti e Gianni Leone. Se della prima purtroppo non abbiamo aneddoti
divertenti da raccontare, per gli altri due sicuramente sì.
Ebbi già occasione di incontrare Claudio a
Londra in occasione della riproposizione di “Suspiria” e “Profondo Rosso” con
tanto di colonna sonora suonata dal vivo in due occasioni diverse (ciao
Matteo!).
Lino Vairetti dal palco poi continuava a
chiamarlo “Enrico Simonetti”, il che aggiungeva quel pizzico di trash a una
serata già divertente di suo.
Ahaha!
Ricordo il fatto che continuava a chiamare Claudio Simonetti con il nome del
padre (Enrico).
Guarda,
si potrebbe fare un effetto memoria “binario” perché nel febbraio 2019 andai al
Teatro Parioli di Roma (quello del Costanzo Show, esatto!) a vedere il grande
Carl Palmer accompagnato in “Lucky Man” proprio da Lino Vairetti:
Concluso
il concerto di Palmer, la chiusura della serata fu affidata a Goblin. Uno show
pazzesco durato complessivamente tre ore.
Le
composizioni di Claudio Simonetti sono davvero immortali, tuttora attuali nel
loro sound decisamente avanguardista dell’epoca, rese famose soprattutto dal
sodalizio con il maestro del cinema del brivido Dario Argento.
Ed è
giusto citare, nella serata che stiamo ricordando insieme, il grande Gianni
Leone presente al concerto e davvero in splendida forma. Personalmente reputo
l’album “YS” dei Balletto di Bronzo davvero geniale, una pietra miliare del
genere.
Incontrarlo
di persona e parlare con lui a ruota libera di argomenti random è stato davvero
piacevole e divertente. La tematica web e social è stata l’apoteosi, con Gianni
che si lamentava (non a torto) della tempesta di foto con gattini e
“buongiornissimo kaffè” che tempestano il web e la sua casella messaggi di
Facebook. Dal prog ai cuccioli batuffolosi il passo è veramente e
inspiegabilmente breve!
Ma
torniamo al rapporto tra gli Osanna e il cinema. Come già detto, un
collegamento abbastanza naturale è poi quello tra la band napoletana e il film
“Milano Calibro 9”. Non a caso la locandina del concerto e i video proiettati
erano tratti da quel film.
Loro
crearono la colonna sonora di quello che è considerato un vero e proprio cult
del cinema italiano per quel genere noir-poliziottesco. Uscì nel 1972 in pieni
anni di piombo e ha ispirato fortemente un certo Quentin Tarantino, di cui
torneremo a parlare in seguito.
Io
forse sarò di parte ma l’intro del film è tra le più belle del cinema italiano
per ritmo, inquadrature e ovviamente… musica!
Francamente
non riuscirei a pensare a quella intro così ben fatta senza QUELLA musica degli
Osanna. Tu che rapporto hai con la musica nei film, e che ne pensi di questa in
particolare?
Siamo dinanzi a un classico dei classici della
musica nei film, con degli splendidi arrangiamenti curati dal maestro Luis
Bacalov, già all’opera con altre band prog di quegli anni album “Concerto
Grosso per i New Trolls” dei New Trolls (1971) e “Contaminazione” de Il
Rovescio della Medaglia (1973). Che trittico!
Quella sequenza di cui parli, l’inizio del
film, è a dir poco sublime, e all’interno dello stesso film non possiamo
tralasciare il balletto di Barbara Bouchet…
In generale non sono un fan esagerato delle
colonne sonore, ma ci sono casi in cui la compenetrazione tra musica, immagini,
trama e recitazione danno vita a momenti davvero esaltanti. E stasera,
ovviamente, è uno di quei casi.
Una riproposizione abbastanza fedele
all’originale, questa volta, senza troppi stravolgimenti o riarrangiamenti. E
poi riascoltare queste musiche con la proiezione del film, violentissimo, che
scorre dietro al palco mentre la band suona… fa un effetto davvero incredibile
e che mi emoziona ancora dopo due anni.
A proposito di Quentin Tarantino… Tu sei un
suo grande fan o sbaglio? Si sa che gli anni ‘70 italiani sono stati di grande
ispirazione per il regista di “Pulp Fiction”.
Senza
voler fare l’esperto di cinema (non lo sono e ne è pieno il web), penso che
Tarantino sia davvero straordinario.
In
lui ho sempre visto un amore per il nostro Paese e un’autentica ricerca nel
rielaborare e interiorizzare concetti e stili appresi dal cinema italiano, tra
cui Di Leo appunto e il maestro Sergio Leone, l’indiscusso inventore dello
“spaghetti western”.
Il
periodo d’oro di questo filone fu indiscutibilmente a cavallo tra gli anni ‘60
e ‘70 e sfociò anche in un sottogenere con una marcata vena comica e brillante.
Tra tutti, citerei i due film di Trinità con la mitica coppia Bud &
Terence.
Senza
divagare ulteriormente ma sempre a proposito di western, hai citato prima lo
straordinario Luis Bacalov. Beh, sai, l’ho scoperto relativamente da pochi anni
e devo dire che si annovera davvero tra quegli artisti versatili e poliedrici
nella composizione. Fece anche il main theme di “Django”, film western di
Sergio Corbucci (1966), il cui cantante era pensate Rocky Roberts. Sì, proprio
la voce di “Stasera mi butto e “Sono tremendo” (a mia madre starà scendendo
qualche nostalgica lacrimuccia).
Il
film “Django”, guarda caso, venne poi preso come spunto sia nel titolo che nel
main theme ancora una volta da Tarantino per il suo “Django Unchained” uscito
nel 2012.
“Tutto
goingide alla perfezione!” direbbe il nostro vate Lino… Banfi in questo caso!
Tornando
semiseri (mai del tutto, non sia mai), la cosa che mi è sempre dispiaciuta, ma
che è ineluttabile, è che certe intuizioni quali il face-painting (a cui
accennavi tu sopra) degli Osanna, o cinematografiche di Di Leo o di Corbucci,
siano diventate veramente famose e apprezzate solo in seguito a degli omaggi
più o meno palesi di artisti internazionali quali i Genesis, i Kiss o
Tarantino.
La
mia non è una critica nei loro confronti, anzi, sono stati intelligenti e
onesti in quanto hanno sempre ammesso le loro fonti d’ispirazione. Tuttavia, a
volte nella mia mente pindarica, mi chiedo cosa sarebbe successo se Corbucci,
gli Osanna e altri avessero avuto l’inglese come lingua madre e di conseguenza
una platea più estesa e visibile?
Domanda
da un milione di dollari, ma mi andava di farla e chiedere una tua opinione.
… Sarebbero forse i vari Genesis, Kiss o
Tarantino!
Ma a parte la colonna sonora di “Milano
Calibro 9” ... com’è andata la serata secondo te? Che mi dici del resto del
concerto?
Riguardo
alla scaletta, nessuna sorpresa clamorosa. Hanno eseguito tutti i loro pezzi
storici più qualche excursus in lingua napoletana oltre alla già citata “Oro
caldo”.
“L’uomo”,
primo loro grande successo, è stata suonata due volte e ho apprezzato il fatto
che nel corso di questi anni sia stata riarrangiata e “modernizzata” nella sua
versione live.
L’unica “storica” che non è stata eseguita è “Non
sei vissuto mai”. Tra parentesi, si trova su YouTube una versione suonata negli
studi RAI con un giovane Renzo Arbore a presentarli...
Tornando
a noi, mi è dispiaciuto non sentirla ma d’altronde qualche pezzo che manca c’è
sempre nella scaletta ideale di ognuno di noi e che poi non trova riscontro
nella realtà.
Tra
l’altro, da qualche anno c’è un sito a tutti noi ben noto ovvero setlist.fm che
aggiorna le varie scalette dei concerti di tutto il mondo con una rapidità a
tratti quasi spaventosa. Un sito che ammetto di guardare spesso e che se da un
lato è prezioso, dall’altro “toglie” quel mix di ansia e trepidazione durante
il concerto. Il classico mantra-preghiera “dai, fai quel pezzo ti prego”.
Per me il
resto della serata è stata energia allo stato puro gli Osanna: una band in
ottima forma che ha regalato grandi emozioni.
Gli
arrangiamenti dei brani storici sono molto simili, quando non identici, a
quelli registrati nell’album… tra cui “L’uomo” con basso in slap sulle note di
“Purple Haze”! L'album è stato pubblicato nel 2008 a nome Osanna/Jackson ed è
intitolato “Prog Family”. Jackson, per chi non lo sapesse, è David Jackson,
storico sassofonista dei Van Der Graaf Generator.
Un disco
fenomenale, un greatest hits dove i vecchi brani sono risuonati e riarrangiati
e che ripercorre le tappe fondamentali della band partenopea.
I nostri,
truccati come si confà alla loro storia e alla loro tradizione musicale, ci
danno dentro e la serata scorre che è una meraviglia.
Gli
Osanna sono dei maestri nell’intrattenimento: la loro anima più verace, quella
vena scherzosa e quel piglio incalzante non li abbandonano mai e Lino è un
ottimo frontman sotto tutti i punti di vista. E ogni tanto, tra un brano e
l’altro, un bel “Fuje A’ Chistu Paese” urlato a squarciagola, incitati da Lino,
non ce lo toglie nessuno!
Ripeto:
una band in gran forma, che ha saputo evolversi e trasformarsi ma senza mai
snaturarsi. Non è facile, in questo mondo che corre davvero troppo in fretta,
non è vero? A te la chiusura, Davide.
Sì,
penso che di nostalgici del “come eravamo” ne è pieno il web (altro paradosso)
e invece Lino Vairetti ha dimostrato di essere personaggio social, innovatore
nei suoi primi anni artistici di carriera ma con nessuna voglia di fermarsi
nemmeno ora.
Gli
Osanna sono fantasticamente attivi, con iniezioni di gioventù da te citate
prima e con un pubblico “social” di tutto rispetto. Facebook, Instagram e
Twitter sono utilizzati massicciamente e attivamente da Lino e la band. E forse
è anche qui una delle risposte al perché il pubblico sia così eterogeneo. Lino
ha ravvivato un passato glorioso senza però voler rinunciare a un approccio da
“millennial”.
Abbiamo
esempi di persone nate artisticamente negli anni ‘60 e ‘70 che hanno occupato i
social. In alcuni casi con grande successo (pensate a Gianni Morandi), a volte
con un effetto da “ok boomer ” ... anzi “ok boomerang”!
Ma com’è stato il concerto, nelle parole di
chi l’ha raccontato due anni fa? Ecco un articolo di VeroRock scritto da
Raffaele Pontrandolfi sulla serata (contiene foto della serata e la setlist
completa del concerto degli Osanna):
Che cosa è “Effetto Memoria”? Si tratta di una
serie di articoli commemorativi in cui si ricordano alcuni concerti memorabili…
di qualche anno fa.
Qui puoi
trovare la storia completa:
Un concerto
più recente…
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