Alphataurus, Il Cerchio D’Oro, Giorgio “Fico” Piazza
Band (La Bottega del Prog)
Varazze, 18 aprile 2019
Di
Enrico Meloni
Un
concerto lungo un sogno… o quasi. L’inizio di un viaggio stupendo, alla
scoperta di alcuni de “I borghi più belli d’Italia”, nel ponente ligure. Un
viaggio a lungo agognato e programmato con la calma che va dedicata ad
avvenimenti così speciali, con una tappa obbligatoria, Triora, borgo delle
streghe e di mille suggestioni per gli amanti del “lato oscuro”.
Ma
soprattutto un concerto di quelli indimenticabili.
Attratto
principalmente dalla presenza in scaletta degli incredibili Alphataurus, convinco la mia ragazza Miki a fare
una tappa a Varazze sul cammino per Apricale appositamente per vedere il
concerto, e riusciamo persino a trovare un b&b nei pressi del minuscolo ma
accogliente Cinema Teatro Don Bosco. Le stelle si allineano nel nome del prog:
finalmente gli Alphataurus dal vivo.
Ciò che
ancora non so, mentre ceniamo in spiaggia contemplando il mare, con gli
stabilimenti balneari ancora chiusi, e birre e fugassa alla mano, è che il
ricordo più vivido dell’intera serata sarà invece quello di un’altra band, di
cui avevo sentito parlare molto e le cui copertine avevo visto più volte nelle
varie classifiche di “album dell’anno”.
Quella
di “Dedalo e Icaro” era praticamente ovunque all’epoca (2013), e anche
quella, ancor più appariscente per la scelta dei colori, de “Il fuoco sotto
la cenere”, è tra quelle che mi è capitato di vedere più spesso tra
riviste, volantini e siti sul prog. Sto parlando de Il Cerchio D’Oro, band ligure attiva a più riprese negli
ultimi quasi 40 anni (gulp!) e originaria di Savona.
Ho
cercato di correre ai ripari nei giorni precedenti l’evento e sono rimasto
colpito dalla loro musica, che definisco senza timore “prog sospeso nell’aria”,
etereo, senza tempo. Non originale ma neanche già sentito. Personalissimo
nonostante tutti i richiami siano ben presenti.
La
musica de Il Cerchio D’Oro è a mio modesto parere prog italiano anni ‘70 allo
stato puro. Ma torniamo alla serata.
Menzione
doverosa per l’altra band presente in scaletta, Giorgio “Fico” Piazza Band, con Giorgio coadiuvato da
una band di giovanissimi nel riproporre i brani che hanno reso immortale la
band di cui ha fatto parte per i primi due album. Dai che lo sapete.
Parlo
ovviamente della PFM, band che personalmente non ho mai amato troppo, ma di cui
sarebbe impensabile non riconoscere il peso all’interno del progressive
italiano e internazionale. E comunque siamo, ancora, dinanzi alla storia della
musica.
Insomma, per un motivo o per un altro, si trattava di una
serata assolutamente da non perdere.
Conduce
il Master of Ceremonies e boss di Mat2020 Athos Enrile, che scoprirò in seguito
aver avuto un ruolo fondamentale nella messa a punto di quella che voleva
essere la prima tappa di un “tour prog itinerante” chiamato “La bottega
del Prog”, manifestazione ideata dalle tre band presenti e in
collaborazione con la sempre attentissima etichetta genovese Black Widow. Verso
le 21 si inizia.
I
primi a salire sul palco sono Il Cerchio D’Oro. Naturalmente, un anno
dopo quell’evento ho avuto modo di colmare le mie lacune e studiare la storia e
la discografia della band, ma qui mi interessa riproporvi, se ci riuscirò, le
sensazioni provate in quella serata.
La
formazione è composta da Carlo Venturino alle tastiere, Massimo Spica alla
chitarra solista, e poi i fondatori: i gemelli Gino e Giuseppe Terribile,
rispettivamente batteria e basso (quando si dice che basso e batteria vanno a
braccetto!), Franco Piccolini alle tastiere, e Piuccio Pradal alla chitarra
acustica e voce.
Il
sound è preciso e compatto, la band non perde un colpo e la musica, che ho già definito
un prog “totale” e senza tempo, è capace di far viaggiare la mente attraverso
trame sonore intricate ma al contempo di grandi semplicità e orecchiabilità. I
cori e il frequente cambio di “vocalist” rendono il tutto ancora più interessante.
Altro
elemento che probabilmente contribuisce alla mia idea di “musica senza tempo” è
la totale assenza di concessioni alla modernità, come a volte accade: la musica
de Il Cerchio D’Oro sembra essere uscita dritta dritta degli anni ‘70. Sia nel
sound che nell’approccio alla composizione siamo di fronte a un prog “d’annata”
e non sembra affatto musica pubblicata negli ultimi 10 anni.
Come
già detto, praticamente non conoscevo la band prima del concerto, eppure sono
riusciti a conquistarmi subito. Ora, non sono un matusa ma non ho neanche 15
anni. Quanti tra voi sono usciti da un concerto praticamente travolti da una
band “nuova”, dove per nuova intendiamo sconosciuta, negli ultimi anni? Non
barate.
Quel
che è accaduto con Il Cerchio D’Oro è stato davvero notevole, e da lì in poi
non ho più smesso di ascoltarli.
A
conti fatti, il mio album preferito della loro discografia è “Il Viaggio di
Colombo” del 2008, un concept sulle avventure del navigatore zeneise… fantastico
concept album che vi consiglio di riscoprire al più presto.
Tra
un cambio palco e l’altro, che si potrebbe definire un mezzo trasloco vista la
mole di strumentazione che, come sempre accade nei concerti di questo genere
prog, viene movimentata ogni volta, Athos ci presenta i musicisti presenti
(quelli che non sono occupati, ovviamente), rendendoci partecipi del viaggio
musicale di ciascuna delle band presenti.
Con
un po’ di disappunto, apprendo che la seconda band saranno gli Alphataurus,
che invece in locandina figura(va)no in posizione di headliner della serata,
che era un po’ il motivo per cui ci siamo fiondati a Varazze. Al fin della
fiera le tre band hanno avuto a disposizione grossomodo la stessa quantità di
tempo, eppure… la cosa mi ha sorpreso.
Ma
questo è davvero poco importante, perché la performance degli Alphataurus è a
dir poco superlativa e ci ripaga pienamente del fatto di aver voluto
inframezzare il nostro viaggio con questa tappa a Varazze.
È una
di quelle cose che, se non avessi fatto, avrei rimpianto sicuramente. A maggior
ragione, poi, visto in che situazione ci troviamo appena un anno dopo.
Basta
divagare. Gli Alphataurus. Qualcuno direbbe “ma di che c***o stiamo parlando?”,
come a sottolineare che non c’è bisogno di dire altro. E in effetti di parole
su questa band milanese, sparita dopo appena un disco (sorte comune a molte
altre band dell’epoca) e che avrebbe potuto dare molto di più in una scena
incredibilmente vivace, autrice di un debutto da pelle d’oca che non manca mai
nelle liste di “migliori x album progressive rock italiano di sempre”, sì,
quello la cui copertina sembra uscire fuori da un incubo post-apocalittico, un
ossimoro tradotto in immagini (una colomba della pace in volo che sputa bombe
dal petto) che dà il meglio nella sua versione in vinile e rigorosamente
apribile… se ne sono dette tante, eccome.
Insomma,
gli Alphataurus, quelli di “La mente vola” (grazie per non averla lasciata
fuori dalla scaletta, non perdetevi il filmato tratto da questo concerto nell’articolo
di Athos che viene riproposto sotto), sono qui con noi, stasera, per farci davvero
volare indietro nel tempo (o avanti, come preferite), all’insegna, ancora una
volta, di una musica immortale, prog allo stato puro, mari di tastiere, voce
delicata ma potente al tempo stesso, cambi di tempo frenetici, virtuosismi mai
stancanti, trame di basso che si rincorrono, batterismo a tratti jazz e a
tratti pesante come un macigno. Wow.
La
band presenta ancora tre membri originali: Giorgio Santandrea alla batteria,
Pietro Pellegrini alla tastiera e Guido Wassermann alla chitarra; più altri tre
componenti “nuovi”, ossia Andrea Guizzetti alla tastiera, Moreno Meroni al
basso e Claudio Falcone alla voce. Due tastieristi, notare. Assolutamente
fondamentali per ricreare quelle trame intricate che hanno caratterizzato quel
fenomenale album pubblicato nel 1973, e non solo. Anche se in quel disco, alla
tastiera, c’era il solo Pietro Pellegrini.
Inutile
girarci intorno: il mio sogno era ascoltare il primo album per intero, cinque
magnifici brani che con Miki abbiamo imparato a memoria nel corso degli anni (come
sono sicuro avranno fatto molti e molte di voi), e questo non è accaduto. Sarà forse
anche per questo che la band in realtà più attesa della serata, gli Alphataurus
appunto, lascerà il posto di “miglior ricordo a un anno di distanza” a Il
Cerchio D’Oro, quasi sconosciuti all’epoca dei fatti.
Spero
ci sarà un’altra occasione di vederli dal vivo; concerto comunque superlativo
da parte di una band che ha davvero fatto la storia della musica, e che fa
rabbrividire per le emozioni che è in grado di trasmettere suonando delle
canzoni che hanno ormai quasi mezzo secolo.
Altro
cambio palco, altro trasloco, altra intervista per Athos, altra attesa per un
pezzo importante di storia del rock italiano.
Non
posso tralasciare il fatto che sarebbe stupendo se in questi posti ci fosse un
servizio, anche scarno, di bar e ristorazione. Questo me lo ricordo bene… vuol
dire che avevo una sete pazzesca!
Ultimi
ma non per importanza: Giorgio “Fico” Piazza Band, nella sua riproposizione dei
classici immortali della PFM tratti dai fondamentali “Storia di un minuto” e “Per
un amico”. La sua band è composta da giovani musicisti che già mostrano già la
disinvoltura e la bravura dei Big. Parlo di Marco Fabbri alla batteria, Eric
Zanoni alla chitarra, e Giuseppe Perna e Riccardo Campagno alle tastiere e voce
solista.
Da
rilevare in primissima istanza che la band non si limita a “fare la cover band”,
ma, seppur non stravolgendo i brani, li ripropone in una versione più personalizzata,
il che dev’essere un bel motivo di orgoglio per tutti loro: vecchio e nuovo si
mischiano e trovano nuova vita.
Il
concerto, come detto, ripercorre le tappe principali di quei due album che
serviranno da trampolino di lancio verso la patria del prog rock di quegli
anni, l’Inghilterra, per mano di tale Greg Lake.
Non
manca niente in termini di scaletta al concerto dell’ultima band della serata,
ma ammetto di non riuscire a godere appieno della loro esibizione e di trovarla
a tratti prolissa. Come detto sopra, non sono mai stato un grandissimo fan
della PFM e, personalmente, la serata aveva già dato tutto quello che doveva
dare: una stupenda sorpresa (Il Cerchio D’Oro) e una bellissima emozione, un
sogno che si realizza (Alphataurus). Avrò modo di rivedere Giorgio “Fico” al Prog
Fest al Porto Antico di Genova solo pochi mesi dopo e in un contesto
completamente diverso, nel quale ho certamente goduto meglio della loro
esibizione.
Dopo
tre ore abbondanti di musica eccellente, è tempo di rincasare! A Miki sono
piaciuti molto gli Alphataurus, avremo ascoltato il loro primo album un
migliaio di volte… e, ogni volta, “La mente vola”... come fosse la prima!
Ed
ecco il ricordo di Miki, che mi ha accompagnato in questo e numerosi altri
concerti:
A
distanza di un anno, da spettatrice amatoriale e neofita di un genere che
apprezzo molto ma di cui capisco poco soprattutto dal punto di vista tecnico,
ricordo vividamente le sensazioni provate quella sera più che l’esibizione in sé.
Ricordo
di aver detto a Enrico che la musica suonata dalle prime due band non passava
attraverso l’udito e non arrivava alle orecchie, ma andava a comunicare con un
livello molto più profondo, o forse sconosciuto, dei miei sensi.
Qualche
mese dopo questa esperienza sensoriale così particolare per me, ho partecipato
a un seminario di pratiche ayurvediche in cui ho scoperto la connessione tra le
vibrazioni emesse dai suoni a diverse frequenze e i flussi energetici che
mettono in comunicazione l’essere umano con l’universo attraverso i chakra.
Senza
scomodare ulteriormente la filosofia orientale, credo proprio che quella sera
la musica degli Alphataurus e de Il Cerchio D’Oro, suonata magistralmente in un
contesto acustico che davvero non mi aspettavo di trovare in un teatro di
periferia incastonato tra le bellissime stradine di Varazze, abbia accarezzato
proprio il settimo chackra che, secondo la tradizione spirituale, si trova in
cima alla testa, controlla il sistema nervoso e ci permette di aprirci a nuovi
modelli di pensiero, a fonti di saggezza e conoscenza nuove e mai esplorate
prima.
Articolo
di Athos sulla serata (contiene video professionali di un brano per ciascuna
band!):
Che
cosa è “Effetto Memoria”? Si tratta di una serie di articoli commemorativi in
cui si ricordano alcuni concerti memorabili… di qualche anno fa.
Qui puoi trovare la storia completa:
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