Chet Baker cantava il dolore sempre senza un soldo in tasca. Ma lui non ci faceva caso:
"Morirò
al verde - profetizzava - ed è giusto, perché è così che sono venuto al
mondo".
Se ne andava nella
notte del 13 maggio 1988 Chet Baker,
grande jazzista, trombettista e cantante, genio e sregolatezza del jazz
mondiale.
Per non dimenticare…
Wazza
.
Il 13 maggio 1988,
alle 3 di notte, Chet Baker muore cadendo giù da una finestra (in realtà
un’apertura di appena 40 cm) del secondo piano del Prins Hendrik Hotel, ad
appena 100 metri dalla stazione centrale, praticamente nel cuore di Amsterdam,
ad un passo dalla mitica strada Zeedijk, dove negli anni ’80 si concentrava la
movida “droghereccia” e allucinata della capitale. Le circostanze della sua
morte, fin da subito, sono piuttosto oscure. Sono le 03 del mattino, Chet vola
giù dalla finestra “come se avesse le ali”, atterra sul marciapiede di cemento,
batte la testa, muore sul colpo… e non c’è nessun testimone.
Così se ne andò Viso
d'angelo. Il volto, la vita, il corpo, l'anima devastata dalla droga e dalla
tristezza di una esistenza solitaria.
Tre le ipotesi
accreditate: omicidio, suicidio, incidente.
«Se ne stava seduto
su uno sgangherato sgabello a un distributore di benzina sulla Pacific Coast
Highway, con lo sguardo perso nel vuoto, il volto scavato e segnato da tante
overdose. Era il commesso di quel distributore, crocevia di mille destini
ignoti. Il pasciuto avvocato che si fermò a chiedergli il pieno senza nemmeno
guardarlo in faccia, si accorse ad un tratto -ora che fissava quel volto
straziato e assente- che era lui. Doveva essere lui. Glielo chiese, e per tutta
risposta, senza una parola, l'uomo spalancò senza pudore la bocca a mostrare
una dentatura distrutta e una mascella spaccata. Sì, era proprio lui: due mesi
prima cinque spacciatori gli avevano frantumato denti e mascella a sprangate
per una questione di droga e di soldi. L'avvocato decise di aiutarlo, gli pagò le
cure per ricostruire la mascella e per impiantare una dentiera in quella bocca
spezzata. Sì, doveva tornare a suonare quella tromba in quel modo in cui
nessuno suonava, un inno d'amore e un lamento di morte, doveva tornare a
cantare con quella voce di angelo triste e deluso. Ci provò disperatamente e
dovette imparare a suonare con la dentiera e le labbra spaccate.
E ci riuscì, anche
se non era più lo stesso, qualcosa lo stava consumando dentro: l'eroina è
un'amante crudele e lui era troppo vulnerabile, troppo fragile e
autodistruttivo.
Idolatrato dalle
donne, apprezzato, amato e invidiato dai più grandi interpreti del suo tempo e
così desideroso, così bisognoso di trovare pace nella morte. Squattrinato al
punto da suonare per strada come un musicista ambulante, affranto da un dolore
di cui non riusciva a liberarsi, schiacciato da mille fallimenti e da una vita
spinta sempre oltre il limite, devastato nel corpo e nell'anima dalla droga,
eppure sempre accompagnato dalla sua inseparabile tromba, trovò finalmente il
suo ultimo tragico volo da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam il
13 maggio 1988. Aveva 58 anni. Il suo nome era Chet Baker»
In memoria di un genio
infelice.
(FONTE: Eros Edizioni)
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