Libro: Dai Led Zeppelin allo Zen
Autore: Antonio Papagni
Casa editrice: CartaCanta Editore
Anno: 2017
Commento di Fabio Rossi
Ho conosciuto Antonio Papagni all’incirca
tre anni fa, avendomi contattato per acquistare il mio primo libro “Quando il Rock divenne musica
colta: Storia del Prog”. Quando lo incontrai di persona,
percepii subito che aveva tantissimi punti in comune con me, oltre all’inveterata passione per la
musica rock degli anni Settanta. Ebbi modo di ritrovarlo in
occasione della presentazione del saggio di Alessandro Staiti
dedicato al primo album dei King Crimson. Mi confessò di essere rimasto
colpito dalla mia opera, specie nella parte riguardante i ricordi e le
riflessioni personali afferenti il periodo irripetibile del Prog. Mi mise, altresì,
al corrente che aveva in mente di scrivere e pubblicare un libro che
raccontasse il suo percorso interiore dedito all’indefessa ricerca di risposte sulle grandi
tematiche dell’esistenza; i responsi definitivi, ovviamente,
permangono sconosciuti anche ai più grandi teologi, filosofi, sociologi e
scienziati della terra ma, trattare un argomento così intrigante, rivolgendosi
in modo particolare ai giovani, l’ho trovata un’idea mirabilmente azzeccata.
In questa sua prima fatica letteraria intitolata “Dai Led Zeppelin allo Zen” per CartaCanta Editore, Antonio ha
voluto citare nella corposa bibliografia anche il mio saggio sul rock
progressivo, come riprova di quanto lo abbia ispirato e di questo voglio
pubblicamente ringraziarlo.
Il libro è diviso in capitoli che
vanno dal 1972 al 1990, nei quali
l’autore raduna e riporta con dovizia di particolari le diverse esperienze del suo
personale cammino, durante il quale ha attinto e trovato linfa
vitale in varie forme d’arte, tra cui la musica e
la letteratura.
Sulla copertina campeggia un dirigibile… già, perché la sua ricerca comincia
con lo stratosferico “Led Zeppelin II”, infarcito di quei suoni
aggressivi, energici e mai ascoltati prima d’allora, al quale Antonio attribuisce
il merito di averlo trasportato in una dimensione diversa, sancendo il suo
definitivo passaggio all’adolescenza. L’inebriarsi per ore e ore di quella
musica ha aperto percorsi nuovi verso mete sconosciute nelle quali, chissà,
avrebbero potuto trovarsi le soluzioni all’inquietudine interiore che lo
attanagliava.
Il libro si snoda sul sentiero delle emozioni da
lui provate ogni qualvolta si sia avvicinato a qualcosa di “magico” in
grado di eccitarlo, renderlo “diverso dagli altri” e proiettarlo in
un’altra dimensione: il suo amore per le opere di Hemingway, una
tra tutte “Per chi suona la campana” che gli permise di
toccare la sua “più profonda interiorità”, di Joyce e
ancora la musica protagonista con il live per antonomasia, “Made in Japan” dei Deep Purple, “Trilogy” degli ELP (“suonava come una tempesta”)
e poi Jethro
Tull, Santana, Yes, Frank Zappa… in
un caleidoscopio di nomi che solo a pronunciarli fanno venire i brividi e tra
cui spicca quello dei King Crimson, uno dei più grandi amori di Antonio. Il
racconto del suo primo concerto al Palasport di Roma il 10
marzo 1973,
dell’adrenalina che lo invadeva nel vedere all’opera Blackmore, Gillan e
compagni, colpisce come un pugno nello stomaco, ti sembra di essere lì in prima
persona, proprio in quel momento. L’ultimo capitolo, il 1990, con
l’approccio alla filosofia Zen, conclude il libro ma, ritengo che
l’autore avrebbe potuto spingersi oltre, fino ai giorni nostri, perché l’ansia
di conoscere non abbandonerà mai noi eterni giovani e sempre con l’animo in
fermento. “Mi sembrava che un’epidemia avesse colpito la gente, malattia che
si manifestava come perdita di forza conoscitiva, come automatismo che tendeva
a livellare. Avevo il dubbio che fossi io a esagerare l’importanza e la portata
di tali espressioni artistiche” … no, caro Antonio, non
esageravi, era proprio così.
Mi sono davvero entusiasmato nella lettura
di “Dai
Led Zeppelin allo Zen” perché, seppur seguendo strade differenti
(preferivo Hesse ad Hemingway e “Led Zeppelin I” al II… ma sono
meri dettagli), ha aperto il cuore del sottoscritto facendo riemergere come da
un fiume in piena i ricordi di un tempo incantato che non esiste più e che
proprio per questo va raccontato ai posteri e a chi per un qualche motivo non
c’era…
Antonio sta per pubblicare la sua seconda opera letteraria e sono certo che mi affascinerà come la prima.
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