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martedì 25 maggio 2021

Federico Venditti-"19 – Un tram chiamato nostalgia", commento di Fabio Rossi

 


Libro: 19 – Un tram chiamato nostalgia

Autore: Federico Venditti

Anno: 2019

Casa editrice: Gruppo Albatross Il Filo

Commento di Fabio Rossi


Quella per la musica non è una passione come le altre. Per chiunque ne sia soggiogato, rappresenta una componente talmente importante della propria esistenza da non poterne fare a meno. Questa è la riflessione che sgorga spontanea leggendo il primo romanzo a sfondo autobiografico dello scrittore e musicista romano Federico “Fed” Venditti (chitarrista della promettente band doom/stoner/gothic metal Witches of Doom con all’attivo tre album). Ecco, quindi, che le sette note non soltanto fungono da colonna sonora della nostra vita, ma sono in grado di erigersi a baluardo nei momenti di profonda solitudine, in quei terribili frangenti in cui tutto appare perduto e ci si sente inermi come un fuscello nel mare in tempesta.

Nelle vicende di Claudio Polverari, detto Polvere, protagonista di 19 – Un tram chiamato nostalgia, il metal e il rock costituiscono gli unici veri compagni in grado di supportare la sua determinazione nel voler sentirsi a tutti i costi diverso dagli altri, negli atteggiamenti, nei gusti personali, nel modo di vestire, insomma, in ogni singolo aspetto che delinea la personalità di un individuo.  In un deserto di affetti familiari, afflitto da un carattere introverso, estremamente timido, perennemente impacciato negli approcci con l’altro sesso e capace unicamente di aprirsi solo se si parla di musica, Polvere risulta essere, come si suol dire a Roma, uno “sfigato” che agli occhi degli altri, i presunti normali, è un perdente senza alcun futuro. Ma c’è un’occasione in cui egli trova l’esaltazione di sé stesso, ovvero quando si infila nel suo negozio di dischi preferito, il più alternativo della Capitale, e che raggiunge con la linea 19: il Sabbra Cadabra, sito nel quartiere San Lorenzo. È lì che trascorre le ore più felici, impegnato a visualizzare e analizzare i vinili e a confrontare le proprie idee con il competente commesso Santiago. A Polvere, però, questo non basta e cerca in ogni possibile circostanza l’isolamento ascoltando con attenzione maniacale ciò che più gli aggrada utilizzando gli auricolari ed estraniandosi volutamente dal mondo esterno che gli è così ostile. Tutta la storia si snoda in questo contesto ben conosciuto da chi ha vissuto anche in epoche diverse la ghettizzazione da parte dei genitori e amici nei confronti di chi soleva approcciare a una musica “diversa”, snobbata dalla maggioranza e apostrofata con termini denigranti e commentata con frasi superficiali del tipo “Ascolti metal? Solo confusione!”. Chi ci è passato in prima persona sa molto bene di cosa si stia parlando e di quanto sia stato difficile, se non impossibile, condividere i propri gusti con mentalità ottuse, ancorate a stilemi codificati e prive di qualsivoglia volontà di progredire verso altri lidi. Il libro stimola e commuove, e nelle sue oltre le 300 pagine trovano spazio informazioni e riflessioni su numerose band e artisti più disparati, segno incontrovertibile della cultura musicale di Federico. Ci si può immedesimare nel protagonista, nel suo tortuoso percorso di maturazione e consapevolezza che sarà portato a compimento alla fine del romanzo, con una trovata dell’autore, dagli inaspettati contorni surreali, la quale sancirà il passaggio a una nuova fase in cui, comunque, l’assoluta protagonista continuerà a essere una sola: la musica. L’autore è in procinto di pubblicare un nuovo romanzo che si intitolerà Hotel Paranoia, credo che lo acquisterò a scatola chiusa.





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