FREN – “Where Do You Want Ghosts to Reside”
Di Andrea Pintelli
Quale
novità d’uscita in tempi di coronavirus mi permetto di segnalare “Where
Do You Want Ghosts to Reside”, uscito il 6 marzo, album di debutto dei
polacchi Fren.
Le
motivazioni di questa scelta sono molteplici e ve le rivelerò di seguito.
Iniziamo
per dovere di cronaca dalla formazione: Oskar
Cenkier alle tastiere, Michał
Chalota alla chitarra, Andrew
Shamanov al basso e Oleksii Fedoriv alla batteria. I quattro giovani hanno alle
spalle vari concerti recensiti come ottimi e coinvolgenti, facendo da spalla,
fra gli altri, a gruppi come Caravan, Stone Jesus, The Sonic Dawn, Virgil Donati’s Icefish.
Con un sound che richiama sì le atmosfere care agli
amanti degli anni ’70, ma che è arricchito da nuovi elementi sonori e idee
fresche ed eleganti, i Fren si distinguono per dinamicità, forza
interpretativa, sublime malinconia, spontaneità. Hanno saputo creare, insomma,
quel disco che avrebbero sempre voluto sentire: loro, fortissimamente loro, ma
legato ai suoni dei loro maestri che hanno saputo diluire e crescere nella loro
tecnica.
Il disco si apre con “Twin Peaks” (niente a che vedere
con la colonna sonora della famosa serie TV), lieve e misurata, non triste ma
introspettiva, carica di pathos. Il tastierista, padrone della scena, pone
l’asticella subito in alto e invita l’ascoltatore a chiudere gli occhi ed
essere trasportato in un altrove fatto di nebbie rarefatte e luci soffuse,
mentre la chitarra aggiunge il suo profumo selvaggio. “Surge” rivela la vera
identità dei Fren, in cui tutto il gruppo si mostra alla realtà: un monolite
sonoro compatto e granitico. Cambi di tempo ben orchestrati, sensazioni ora di
forza, ora di dolcezza, legate insieme da un arrangiamento da veri
professionisti. La chitarra con i suoi multieffetti sovrasta la scena, per poi
lasciare il passo a Cenkier che regala sogni per poi quietarsi e ridare il testimone
al resto della band, in continui rimandi ritmici adulti nella realizzazione, ma
incredibilmente freschi nel risultato finale. Una suite ad incastri notevole
che farà piacere ai progsters. Si prosegue con “Gorąca Linia”, quasi un
intermezzo, tre minuti di poesia ermetica che ha in sé tutti i crismi delle
chiare e nette identità dei quattro.
Ovviamente tramite amabili controtempi. “Pleonasm”, altra suite dal sapore misterioso, si apre con un notevole refrain tastieristico dal sapore classico, che si estende fino a gerghi cari al jazz. Chalota disegna poi un mid-tempo a supporto dell’idea iniziale, scambiandosi il favore con Cenkier che crea un’ultima parte di assoluta presa, sia per capacità compositiva, sia per innato gusto. L’ascoltatore è catapultato così in un vortice di nuove sensazioni e può (deve) solo fidarsi dei timonieri Fren. Ognuno di noi viaggerà dove più gli aggrada. “Heavy Matter” riporta il ritmo al centro della scena, in una danza dove la sezione ritmica, mai invadente ma altrettanto protagonista, si eleva grazie alla bellezza della trama sonora ricamata che ha anche nelle sue pause un elemento di grande importanza. Un mirabile solo di chitarra chiude questo succoso quinto pezzo. Il lavoro si chiude con “Time to Take Stones Away”, un esercizio di stile che lascia davvero stupefatti. L’equilibrio fra le parti è da applausi, in un continuo andirivieni di interscambi sonori, dentro un’architettura d’idee che è cosa rara.
C’è dentro un’attenzione del dettaglio che è
lampante ad ogni nota suonata, una coesione raggiungibile solo dopo anni di
lavoro d’insieme, una ricchezza d’armonie che fanno capire quanto i Fren siano
da annoverare fra le più importanti novità europee in ambito Prog. Abbracci
diffusi.
Band
Oskar
Cenkier – Tastiere
Michał
Chalota - Chitarra
Andrew
Shamanov – Basso e Sintetizzatore
Oleksii
Fedoriv – Batteria
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