Usciva il 3 giugno
1970 "In Rock", quarto
album dei Deep Purple, Il primo con la nuova lineup.
Sulla copertina, una
delle più famose del rock, sono raffigurati i volti dei componenti del gruppo,
come scolpiti nel famoso monte Rushmore, quello dei presidenti
degli stati uniti.
L'album raggiunse i primi posti, nelle classifiche di mezza Europa, diventando un "must" dell’hard rock
L'album raggiunse i primi posti, nelle classifiche di mezza Europa, diventando un "must" dell’hard rock
Di tutto un Pop…
Wazza
Recensione dalla
rete…
1970: l'anno che segna
la svolta di una band che fino ad allora non è che avesse fatto proprio
faville. Si tratta dei Deep Purple, che a suo tempo sfornarono quello che era
destinato a diventare la colonna portante della loro discografia (insieme a "Machine
Head", su cui avrei da ridire alcune cose, ma non mi va).
L'album presenta una
cover che immortala la band, scolpendola nella roccia, dando vita al doppio
senso del titolo (che può volere dire appunto "nella roccia" o un
termine poco traducibile in italiano, ma che ha il significato di "fanno
rock"). La svolta di questo album sta nel fatto che compaiono per la prima
volta due componenti: Roger Glover (alla chitarra basso) e Ian Gillan, un
portentoso elemento vocale.
La tracklist presenta
8 brani: il primo è "Speed King", che diventerà un must dei loro
concerti, sempre richiestissimo. Difatti è molto attivo e introduce
perfettamente l'atmosfera di puro rock. Io personalmente apprezzo molto anche
il secondo brano, "Bloodsucker", perché ha un ritmo incalzante e un
giro di chitarra orecchiabile. Si arriva al terzo brano... E' un momento
indimenticabile, anche al primo ascolto: ci si presenta davanti il punto più
alto a livello compositivo e vocale mai raggiunto dalla band. Ed è "Child
in time", che comincia solo con la tastiera, poi lentamente e con tatto si
aggiunge la voce, e dopo pochi secondi si è in un'altra dimensione! Il buon
Gillan raggiunge acuti ancora superati da pochi altri cantanti. Poi c'è il
mitico guitar solo di Blackmore, ormai entrato nella storia. Verso la fine
ricomincia tutto il giro, e di nuovo acuti a non finire.
Dopo una goduria del
genere, durata (solo) 10 minuti e poco più, viene in mente un solo aggettivo
(in inglese): Astonishing! (appunto "pietrificante" - i doppi sensi
oggi si sprecano!). Il bello è che la voce di Gillan non è modificata. A quei
livelli ci arriva benissimo anche dal vivo (una dimostrazione è presente nel
fondamentale "Made in Japan"). Nel booklet dell'anniversario
dell'album è presente una domanda posta da un fan al cantante, chiedendo come
faceva a raggiungere un urlo così pulito e vocalmente impossibile. Gillan
rispose che in molti glielo chiedevano e che neanche lui sapeva come facesse.
Aggiunse che per ottenere tale effetto si allenava tutti i giorni, mettendo a
grave rischio la sua salute, e che forse lo aiutava il fatto di indossare
pantaloni molto stretti =)
Procediamo alla grande
con "Flight of the rat", altro grande brano, stranamente poco
richiesto ai concerti. Altri tre brani: "Into the fire", "Living
wreck" e "Hard lovin' man" (dei brani rock abbastanza
"normali", ma comunque buoni). Il finale è segnato da "Black
night", altra colonna portante dei Deep Purple. La "anniversary
edition" presenta 12 brani inediti, divisi fra studio chats e canzoni
mixate da Glover (dell'album e non). Di solito io sono contrario alle bonus
tracks, ma queste fanno una piccola eccezione.
Si è concluso un altro
grande capitolo del rock anni 70, che in questo caso non può essere descritto
che con un termine intraducibile, ma che trovo molto chiaro per l'occasione:
"it really rocks" (e altro doppio senso, porca miseria!).
Un album che non
stanca quasi mai, e che solo per la terza canzone meriterebbe il 10/10, ma che
è meglio rappresentato dalle 5 stelle, che oscillano fra il 9 e il 9 e mezzo. A
discrezione dell'utente.
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