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mercoledì 3 giugno 2020

Deep Purple: il 3 giugno del 1970 usciva "In Rock"


Usciva il 3 giugno 1970 "In Rock", quarto album dei Deep Purple, Il primo con la nuova lineup.
Sulla copertina, una delle più famose del rock, sono raffigurati i volti dei componenti del gruppo, come scolpiti nel famoso monte Rushmore, quello dei presidenti degli stati uniti. 

L'album raggiunse i primi posti, nelle classifiche di mezza Europa, diventando un "must" dell’hard rock

Di tutto un Pop…
Wazza   


Recensione dalla rete…

1970: l'anno che segna la svolta di una band che fino ad allora non è che avesse fatto proprio faville. Si tratta dei Deep Purple, che a suo tempo sfornarono quello che era destinato a diventare la colonna portante della loro discografia (insieme a "Machine Head", su cui avrei da ridire alcune cose, ma non mi va).

L'album presenta una cover che immortala la band, scolpendola nella roccia, dando vita al doppio senso del titolo (che può volere dire appunto "nella roccia" o un termine poco traducibile in italiano, ma che ha il significato di "fanno rock"). La svolta di questo album sta nel fatto che compaiono per la prima volta due componenti: Roger Glover (alla chitarra basso) e Ian Gillan, un portentoso elemento vocale.

La tracklist presenta 8 brani: il primo è "Speed King", che diventerà un must dei loro concerti, sempre richiestissimo. Difatti è molto attivo e introduce perfettamente l'atmosfera di puro rock. Io personalmente apprezzo molto anche il secondo brano, "Bloodsucker", perché ha un ritmo incalzante e un giro di chitarra orecchiabile. Si arriva al terzo brano... E' un momento indimenticabile, anche al primo ascolto: ci si presenta davanti il punto più alto a livello compositivo e vocale mai raggiunto dalla band. Ed è "Child in time", che comincia solo con la tastiera, poi lentamente e con tatto si aggiunge la voce, e dopo pochi secondi si è in un'altra dimensione! Il buon Gillan raggiunge acuti ancora superati da pochi altri cantanti. Poi c'è il mitico guitar solo di Blackmore, ormai entrato nella storia. Verso la fine ricomincia tutto il giro, e di nuovo acuti a non finire.


Dopo una goduria del genere, durata (solo) 10 minuti e poco più, viene in mente un solo aggettivo (in inglese): Astonishing! (appunto "pietrificante" - i doppi sensi oggi si sprecano!). Il bello è che la voce di Gillan non è modificata. A quei livelli ci arriva benissimo anche dal vivo (una dimostrazione è presente nel fondamentale "Made in Japan"). Nel booklet dell'anniversario dell'album è presente una domanda posta da un fan al cantante, chiedendo come faceva a raggiungere un urlo così pulito e vocalmente impossibile. Gillan rispose che in molti glielo chiedevano e che neanche lui sapeva come facesse. Aggiunse che per ottenere tale effetto si allenava tutti i giorni, mettendo a grave rischio la sua salute, e che forse lo aiutava il fatto di indossare pantaloni molto stretti =)

Procediamo alla grande con "Flight of the rat", altro grande brano, stranamente poco richiesto ai concerti. Altri tre brani: "Into the fire", "Living wreck" e "Hard lovin' man" (dei brani rock abbastanza "normali", ma comunque buoni). Il finale è segnato da "Black night", altra colonna portante dei Deep Purple. La "anniversary edition" presenta 12 brani inediti, divisi fra studio chats e canzoni mixate da Glover (dell'album e non). Di solito io sono contrario alle bonus tracks, ma queste fanno una piccola eccezione.

Si è concluso un altro grande capitolo del rock anni 70, che in questo caso non può essere descritto che con un termine intraducibile, ma che trovo molto chiaro per l'occasione: "it really rocks" (e altro doppio senso, porca miseria!).

Un album che non stanca quasi mai, e che solo per la terza canzone meriterebbe il 10/10, ma che è meglio rappresentato dalle 5 stelle, che oscillano fra il 9 e il 9 e mezzo. A discrezione dell'utente.




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