www.mat2020.com

www.mat2020.com
Cliccare sull’immagine per accedere a MAT2020

giovedì 30 novembre 2023

Commento all'ultimo libro di Luciano Boero, “Le galline non mangiano la camomilla”, di Athos Enrile


Arriva un nuovo episodio letterario di Luciano Boero, sempre in bilico tra musica e storia, una rivisitazione personale che contempla luoghi ben precisi, periodi di vita obbligati e situazioni avvolte da uno spleen incontenibile che avvolge il lettore sensibile.

Parlando di oggettività, il nuovo saggio si intitola Le galline non mangiano la camomilla (edizioni Baima – Ronchetti & C.) e propone una stretta dicotomia utilizzata per creare il parallelismo tra il susseguirsi delle stagioni e i differenti periodi della vita.

Le Langhe sullo sfondo, perché è lì che, tra realtà/fantasia/leggenda si snodano i 25 racconti che, partendo dall’infanzia dell’autore, arrivano all'attualità.

Pochi giorni fa mi è capitato di vedere “il film della Cortellesi” e sono uscito dal cinema con le lacrime agli occhi. Analogamente, arrivato alla fine di “Le galline non mangiano la camomilla”, quando cioè si materializza “La ragazza del Tirassegno”, mi sono sinceramente commosso, e ho sentito un groppo alla gola, una sorta di miscela tra angoscia e nostalgia che aveva bisogno di trovare sfogo.

Seguo Boero sin dal suo primo libro, e trovo che il suo attuale, splendido, modo di scrivere sia frutto di una evoluzione importante, che è solo in parte dovuta al talento, e la sua capacità di disegnare scenari bucolici intrisi di realtà equivale a quella del pittore, che riporta su tela ciò che vede o immagina…


La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede (Leonardo)

 


Il caro Luciano mi permette di ampliare il mio concetto di “stimolazione della memoria”, che da sempre abbino a trame musicali o a profumi/odori, mentre ho sempre trovato un freno rispetto al verbo, che può tranquillamente essere manipolato da un fine e abile narratore. Ma ora ho la conferma che un certo modo di scrivere spinge a ricordare, al di là dei contenuti.

Ho spesso evidenziato, commentando il lavoro di Boero, che il mio giudizio sul tema è condizionato da esperienze comuni, da quella Langa che ho frequentato da bambino essendo la terra in cui la mia famiglia era sfollata in tempo di guerra, e che ho continuato a bazzicare, provando sempre, in ogni occasione, il piacere derivante dalla visione di tutto quanto gira attorno. Sono ligure, ma in queste zone mi sento a casa mia.

Le stagioni che vedono protagonista Marco/Luciano si susseguono con la loro logica e le vicende più impensate sgorgano spontanee.

Ogni storia è preceduta da un titolo di una canzone e da una strofa del brano.

Mi viene in mente che proprio ieri, mentre mi apprestavo a leggere il capitolo 25, l’ultimo, quello della ragazza del Tirassegno, dalla televisione accesa in casa usciva una voce conosciuta, quella della mia concittadina Annalisa, protagonista dell’incipit dell’autore. Non è certo un brano che posso apprezzare - sono pur sempre carico di pregiudizi se si parla di musica - ma quella strofa che Luciano aveva scelto per terminare la sua playlist arrivava alle mie orecchie nel momento giusto. Casualità?

Sono tanti i momenti che vorrei evidenziare, ma occorre evitare operazioni spoiler!

Mi piacerebbe soffermarmi sulla struggente storia di Valeria e Luca, anticipata da Annie Lennox o sulle disavventure amorose di Nina introdotte da Pietro Franzi; vorrei scrivere dell’incantevole quadretto che unisce Rosa e Luna che, partendo da Enzo Aita e il Trio Lescano, mette in luce il susseguirsi di differenti generazioni. Mi soffermo invece su una visita ad un locale preciso di Monchiero avvenuta nel 2018, quando l’autore arriva alla soglia psicologica dei settant’anni e decide che è un buon momento per confrontarsi con le sue solide radici. È un’osteria, un tempo munita di sala danze - La rosa bianca -, dove il padre suonava, la madre faceva la cassiera, mentre imperversava Lascia o Raddoppia, i bambini giocavano, gli amori nascevano.

Ma un tuffo così profondo nel passato va fatto nel momento perfetto, perché ricreare un attimo di gioventù richiede una cura dei dettagli che solo chi è stato un protagonista in un antico passato può dominare e convogliare sui giusti binari.

La pioggia è fondamentale e necessaria nella scelta del giorno perfetto, quella che “rumoreggia leggera sui coppi del tetto, batte sulla tenda del dehors, rimbalza sul cemento del terrazzo, scroscia dalle grondaie, scivola sulle due canaline che affiancano la scalinata che dalla piazza della stazione scende fino alla strada principale, dove un tempo si affacciava il negozio di barbiere e pettinatrice dei suoi genitori. Per quelle stesse canaline lui ed Elena giocavano alla slitta scivolando seduti su un pezzo di cartone”.

Il gestore del locale diventa l’unico elemento capace di rompere il ricordo, tra una portata e l’altra, ma “non sa quante altre cose Marco ha degustato in quella sala. È tentato di scoprire le carte, ma preferisce tacere, pagare il conto ed uscire a farsi abbracciare da quella bella pioggia tintinnante”.

Boero, nella sua conclusione, si abbraccia alla saggezza di Alberto Gaviglio, mancato un paio di anni fa, a cui è dedicato il libro; musicista e compagno di viaggio, amico che ha sempre creduto nella capacità di creare lirica di Luciano, tanto da spingerlo a scrivere questo libro che, evidentemente, necessitava della giusta ponderazione e decantazione.

Il brano a cui si fa riferimento è “Molecole”, “molecole di noi, nell’universo e nell’eternità, dai nostri sogni sparsi in tutti gli angoli, al grande volo verso l’aldilà…”.

E la ragazza del Tirassegno diventa il simbolo di un maledetto destino, lei, che con indifferenza maneggia il fucile ed è pronta a sparare un colpo, casuale, finale, mortale.

Nelle parole di Boero, si legge la soddisfazione per un passato da ricordare e raccontare, tra musica e vita vissuta, ma si intravede la rassegnazione dell’attesa, quella sospensione mista a curiosità che è tipica dell’inverno della vita, perché per quanto giovani possiamo essere, io e Luciano, per quanto sia buona la salute che caratterizza il nostro attuale momento, siamo consci che gran parte del percorso è stato fatto e impiegheremo ciò che resta per esprimere saggezza e sentimenti, senza particolare pudore.

Perché mi sono inserito in questo finale? Cosa c’entro io? Beh, mi sento così vicino a Luciano che, almeno per un momento, voglio unire le nostre storie.

Davvero un libro imperdibile!


A vent’anni si danza al centro del mondo.

A trenta si vaga dentro il centro.

A cinquanta si cammina lungo la circonferenza, evitando di guardare sia l’esterno sia l’interno. 

In seguito, non importa: privilegio dei bambini e dei vecchi è essere invisibili. 

Christian Bobin


COMUNICATO STAMPA



mercoledì 29 novembre 2023

Compie gli anni John Mayall (immagini fornite da Wazza)

 


Compie gli anni John Mayall, cantante, polistrumentista e compositore inglese di fama internazionale, per lungo tempo il punto di riferimento fondamentale per la scena blues del suo paese.

Nato a Macclesfield, in Inghilterra, nel 1933, Mayall si è appassionato al blues fin da bambino. Dopo aver imparato a suonare la chitarra, il pianoforte e l'armonica, ha fondato la band John Mayall & The Bluesbreakers nel 1963.


La band ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione del blues britannico, ospitando in formazione alcuni dei più importanti chitarristi della storia del genere, come Eric Clapton, Peter Green, Jack Bruce e Mick Taylor.

Mayall ha continuato a registrare e a esibirsi con successo per tutta la sua carriera, pubblicando oltre 50 album e vendendo oltre 30 milioni di dischi in tutto il mondo. Nel 2003 è stato insignito dell'Ordine dell'Impero Britannico per i suoi meriti artistici.

È considerato uno dei padri del blues britannico e la sua influenza è stata enorme su generazioni di musicisti. Il suo stile, caratterizzato da una fusione di blues, jazz e rock, ha contribuito a rendere il blues un genere popolare e accessibile a un pubblico più vasto.










martedì 28 novembre 2023

Annunciato dall'ingresso del nuovo tastierista, lo svizzero Patrick Moraz, il 28 novembre 1974 usciva "Relayer" degli Yes


Annunciato dall'ingresso del nuovo tastierista, lo svizzero Patrick Moraz, il 28 novembre 1974 usciva "Relayer" degli Yes
 

Dopo l'ambizioso doppio concept album Tales from Topographic Oceans, Rick Wakeman aveva abbandonato il gruppo. Gli Yes fecero audizioni a molti tastieristi, fra cui il tastierista e compositore greco Vangelis, che in seguito avrebbe a lungo collaborato con il cantante degli Yes, Jon Anderson. Alla fine, la scelta cadde sullo svizzero Patrick Moraz. In studio, Moraz suonò con gli Yes su quest'unico album.

Relayer ripropone lo stesso formato di Close to the Edge (1972): un lungo brano sul primo lato e due brani più brevi sul secondo.


The Gates of Delirium (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è una suite sulla guerra, con una orchestrazione molto densa e a tratti molto aggressiva. Il testo è ispirato a Guerra e pace di Lev Nikolaevic Tolstoj. La sezione finale, che emerge dal caos di una vera e propria "battaglia musicale" in cui tutti gli strumenti si sovrappongono in linee solistiche indipendenti, è caratterizzato da una melodia dolce e delicata, sulla quale Jon Anderson canta una sorta di preghiera di pace. Questa sezione è stata anche pubblicata come singolo, con il titolo Soon ("presto"): presto arriverà la luce, a curare questa notte senza fine.

Sound Chaser (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è un brano con forti connotazioni jazz, e può essere assimilato ad alcuni lavori dei King Crimson dell'epoca di Starless and Bible Black o Red. Il brano è quasi completamente strumentale ed è caratterizzato da sezioni di improvvisazione e ricercate dissonanze; in particolare, vi si trova uno dei più "violenti" assoli di chitarra elettrica di Steve Howe.



To Be Over (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è (con Soon) il momento più melodico dell'album, e include complessi arrangiamenti di Steve Howe alla chitarra e sitar. Una versione strumentale di questo brano è stata pubblicata da Howe nel suo album solista "unplugged" Natural Timbre. La versione acustica è stata talvolta eseguita nei concerti degli Yes nella sezione dedicata all'assolo di Howe, e una registrazione dal vivo appare nel DVD Yesspeak.

La copertina di Relayer, come la maggior parte di quelle degli Yes, è un dipinto di Roger Dean. Fu usata in seguito in una pubblicità della Pepsi Cola e apparve su una T-shirt indossata da Shakira.



Formazione

Jon Anderson – voce

Chris Squire – basso e voce

Steve Howe – chitarra e voce

Patrick Moraz – tastiere

Alan White – batteria





lunedì 27 novembre 2023

A FLYING FISH - “EL PEZ QUE VOLÓ – ACT I”- Commento di Andrea Pintelli


 

A FLYING FISH

EL PEZ QUE VOLÓ – ACT I

Commento di Andrea Pintelli

 

La band messicana A Flying Fish, side project di Râhoola, musicista e artista dalle mille sfaccettature, leader dei grandiosi Vitam Aeternam (dei quali avevo già scritto nel marzo 2021 un articolo apparso su Truemetal.it in merito al loro splendido disco d’esordio “Self-Aware Frequency”), pubblica “El Pez Que Volò – Act 1”, opera multicolore che piacerà parecchio a coloro che viaggiano con la fantasia e che non vogliono fermarsi alla superficialità diffusa d’oggigiorno. Iniziamo a leggere ciò che Râhoola scrive di questa sua creatura (o incarnazione) e del lavoro in sè:

A Flying Fish è la mia one-man-band, un crogiuolo musicale onnicomprensivo in cui verso ogni tipo di strano ingrediente sonoro che la mia mente contorta riesce a catturare. Ho una forte influenza degli arrangiamenti vocali/corali dei Queen, della filosofia del "muro del suono" di Devin Townsend, del vasto oceano di strumenti più la sua stravaganza (ad esempio "Ziltoid The Omniscient"), dell'approccio di Mike Patton alle voci pazze e alle deviazioni silistiche inaspettate, l'ossessione microscopica per i dettagli dei Devil Doll, il sound design e la tecnica vocale dello sprechgesang, la potenza dell'epic metal orchestrale dei Blind Guardian, il tocco psichedelico grezzo dei The Mars Volta, l'ultraterrenità di Björk e così via... Danny Elfman, Frank Zappa, Avantasia, Sleepytime Gorilla Museum, Jesus Christ Superstar, Lacrimosa, Ayreon sono tutte molteplici influenze della mia tavolozza sonora.”

“El Pez Que Volò” è una ricerca musicale per portare alla luce la gemma divina nascosta dentro di sé. Una raccolta da cartone animato di desideri, fobie, patologie e virtù incanalate per creare un ambivalente miscuglio morale di tradizioni orientali e occidentali. Il viaggio di questo eroe zoomorfo, ingenuo e messicano è intriso di un'aura psichedelica che ci invita a sognare l'impossibile.

Act 1 - Il Nido, introduce Teenzuck, lo strano figlio di un uccello e di un pesce che vive depresso nelle oscure profondità del mare. Una notte magica riceve un dono stellare: una visione onirica, una chiamata ad affrontare le sue paure interiori e cercare il suo vero destino. Temi come l'iperprotezione, il vittimismo tossico, gli stati alterati, la maturità e il flusso tra divinità e illusione vengono esplorati in questa stravaganza eclettica e alimentata dalla fantasia.

La serie “El Pez Que Volò” presenta una miscela capricciosa e libera di stili musicali, generi, valori di produzione ed estetica, che fungono da dispositivi narrativi per evidenziare momenti, personaggi ed emozioni attraverso questa spedizione sonora altamente non convenzionale.”

Obertoora, e si è fin da subito trasportati in un altrove impercettibilmente sconosciuto. La voce di Râhoola si fa carico di introdurci nel suo intricato e ineffabile mondo, mentre le musiche sinistre da circo wyrd pongono gli accenti sulle rivalità fra reale e irreale.

Genezees è una suite composta da quattro parti, le quali raccontano la (appunto) genesi dei personaggi di questa storia fuori da ogni schema. I. - Near the shores of Wáng-Montòor, dolce e soffusa, preambolo di II. – One Bird, One Fish, giocosa e swingata come solo un atto d’amore sa essere. III. – The Great Prophecy & The Secret Oath, di fatto un mini- musical al servizio del contesto, con schemi cari alla Broadway più sferzante. IV. – A Leap of Hope – El Pez Que Nació quindi la nascita del figlio, ossia il pesce volante, supportato dalle mille voci del cast di questo splendido e raro modo di proporre musica di qualità. Teezûck è il suo nome ed è in questa traccia che si manifesta in tutta la sua stranezza e stramberia. Le musiche sono uno strabiliante e incatalogabile mix fra sentori classici, marce da cartoons, elegiaci lamenti lirici, ed espressionismi pianistici d’altri tempi.

Fear Thyself quindi l’incontro del protagonista con sé stesso: paura e non accettazione della propria condizione causata dallo specchio deformante che ne altera ancor di più i contorni e le forme.

Twin Snails, dove il viaggio prosegue nella cattiveria che ammazza la speranza, nell’oblio che nuoce alla salute mentale di Teezûck, che vorrebbe spiccare il volo verso il cielo. Il tutto in un oceano di grazia stilistica, dal punto di vista artistico, ma che nasconde il buio dei sentimenti.

Upon a Star è il desiderio del protagonista di dove vorrebbe essere, il cui non luogo è qui perfidamente negato da Frauzz e Dollos, antagonisti della narrazione.

Holy Fruit è la trasposizione del famoso atto di Eva, che condannò l’intera razza umana, mentre qui è citato come un modo per sopravvivere alla propria psiche. Una preghiera lisergica che trova il suo spazio nella sconfinata immaginazione di Râhoola. A livello sonoro siamo agli antipodi di quel che conosciamo come commerciale, ma è un bene e tutto ciò fa parte dell’ambito in cui ci ritroviamo.

A He̊-Kuree Dream è il risultato del frutto proibito, He̊-Kuree si fa riconoscere come vivo e capace di portare Teezûck nell’evasione del proprio stato. Probabilmente, dopo la suite, il brano musicalmente più ricco, visto che è diviso in tre frazioni, e la cui terza è un chiaro e riuscito omaggio al progressive.

Mama, Papa! è il nuovo ritrovo del primo attore coi suoi genitori: un ricco, particolareggiato, stupefacente dialogo teatrale che porta in grembo il concetto di libertà di scelta, il potere decidere del proprio destino. Da sottolineare l’uso eccezionale delle voci, straripanti e sbalorditive per piglio e fragore.

Destiny Calls, epilogo di questa movimentata e acida fiaba moderna, vede finalmente Teezûck compiere la propria sorte, grazie a una necessità interiore che eleva la morale del tutto, cospicuo e considerevole oltre ogni limite.

Senz’altro Râhoola è colui che ha raccolto l’eredità di Mr. Doctor; sicuramente ne sta ampliando la gamma espressiva e sonora, grazie ai suoi vari progetti; senza dubbio la sua intensa, vivace, visionaria arte potrà e dovrà arrivare lontano. Glielo auguro con grazia e sincerità.

 

Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

1 – Obertoora

2 – Genezees

3 – Teezûck

4 – Fear Thyself

5 – Twin Snails

6 – Upon a Star

7 – Holy Fruit

8 – A He̊-Kuree Dream

9 – Mama, Papa!

10 – Destiny Calls

 

Original Concept, Story and Script by Râhoola

An artistic syncretism based on Christian & Buddhist textsthrough a Jungian approach of multicultural interweaving.

Music, Orchestration, Rec, Edit and Mix by Râhoola

Produced in CIRCODENSO, Monterrey, Nuevo León, México between August 2014 and November 2022

Mastered in PSICOFONIA STUDIO by Charles A. Leal

Râhoola – KEYBOARDS, PIANO, GUITARS, BASS, FX, PROGRAMMING OF DRUMS, CHOIR & ORCHESTRA

Musical Guest:

Jesús Vergara – Composer of “Hikuri”, “Cocay” & “Ekk” sampled in “Holy Fruit” (“Ekk” co-written with Râhoola) 

CAST MEMBERS (In order of appearance)

Râhoola - AS HIMSELF

Namazöoh - MARGIL VALLEJO

Aleekãnto - MYRTHALA BRAY

Da̐oom - GÖRAN SETITUS

Teezûck/El-Gabǎal - RÂHOOLA

Frauzz - LAURA VARGAS

Dollos - VIIN ANGELINI

Lo̍ohna - FRANCIA SOFÍA

He̊-Kuree - LUIS MORA 

With

The Flying Chorus -RÂHOOLA, MARGIL VALLEJO, MYRTHALA BRAY & VIIN ANGELINI

 

Cover Concept by Râhoola

AI Artworks generated by Râhoola

Design by nu studio


Discography:


"Bohemian Rhapsody (minor key cover)" (2018) - single
https://www.youtube.com/watch?v=JSgxbHqzv8E&ab_channel=AFlyingFish

"Carnival of Souls" (2019) - LP album
https://www.youtube.com/watch?v=5wKtcJ2oIOY&t=1391s&ab_channel=AFlyingFish

"Tears of God" (2020) - long single/short EP
https://www.youtube.com/watch?v=RXlqw9fI07M&ab_channel=AFlyingFish

"Maestro del Disfraz" (2021) long single/short EP
https://www.youtube.com/watch?v=IW6BXxJjWeM&ab_channel=AFlyingFish 

"Pollo Sin Cabeza" (2022) EP
https://www.youtube.com/watch?v=SZlNBdXM4YA&ab_channel=AFlyingFish





domenica 26 novembre 2023

Banco del Mutuo Soccorso: nel novembre del 1972 usciva "Darwin!"

 


Usciva nel novembre 1972Darwin!”, secondo album del Banco del Mutuo Soccorso.

Album “concept”, l’evoluzione della specie come metafora, uno dei dischi più belli della storia del rock progressivo mondiale. Tra le varie gemme contiene “750.000 mila anni fal’amore”, la canzone d’amore sulla paura di non essere accettati, vero inno generazionale.

Lo stesso anno a maggio, era uscito il “Salvadanio”, nessun gruppo al mondo è mai riuscito nell’impresa di generare due capolavori assoluti nello stesso anno.

Ragazzi che all’epoca avevano una media di 22 anni!!!

Meditate gente meditate, quando vi riempite la bocca di nomi di “altisonanti” artisti stranieri!

Di tutto un Pop…

Wazza


Questa formazione pubblicò nel 1972 l'album d'esordio Banco del Mutuo Soccorso, che con brani come “R.I.P.”, la lunga suite “Il giardino del mago” e “Metamorfosi” - strumentale con un breve ma stupendo inserto vocale finale -, catalizzò immediatamente l'attenzione del pubblico della nascente scena del rock progressivo italiano. Particolarissimo anche l'artwork della copertina del vinile, sagomata a forma di salvadanaio in terracotta.

Nello stesso anno fu pubblicato il secondo album, “Darwin!”, il primo concept album realizzato dal gruppo: i brani sono infatti tutti legati al tema centrale della teoria sull'evoluzione delle specie di Charles Darwin.

La consolle alla Ricordi nel 1972, uno scatto di Guido Harari nel corso delle registrazioni di "Darwin" del Banco del Mutuo Soccorso, con Walter Patergnani e Sandro Colombini, Marcello Todaro, Vittorio Nocenzi.

Lo spazio che ospitava lo studio di registrazione era stato ricavato all'interno del cinema parrocchiale in Via dei Cinquecento a Milano, nel quartiere Rogoredo.

Il fonico per la session era Walter Patergnani, la macchina di recording un 8 tracce valvolare.





giovedì 23 novembre 2023

Falistra - “Di limpide tempeste” (2023), commento di Alberto Sgarlato

 


Falistra - “Di limpide tempeste” (2023) 

My Kingdom Music

di Alberto Sgarlato


Due soli musicisti, che si firmano Ada e Onanet, e che si alternano alle voci e a tutti gli strumenti utilizzati, spaziando dal folk, all’elettronica, alla sperimentazione, fino all’ambient, propongono l’album Di limpide tempeste”.

Queste sono le coordinate del progetto Falistra.

E, immediatamente, la memoria vola alle due più grandi formazioni britanniche mossesi all’interno di questi perimetri: gli immensi Dead Can Dance di Lisa Gerrard e Brendan Perry e i magici Cocteau Twins di Elizabeth Fraser e Robin Guthrie. Il tutto, ovviamente, senza trascurare Leithana e Deraclamo, il duo italo-francese che già a fine anni ‘80 diede vita agli Ordo Equitum Solis.

Ma, come diciamo sempre, in musica i paragoni sono spiacevoli e ben poco significativi, servono puramente a dare un’idea di massima al lettore che poi diventerà ascoltatore. Infatti, i Falista hanno una loro cifra stilistica ben definita e del tutto personale, che soltanto a tratti sfiora il ricordo delle band “in duo” summenzionate. Infatti, Ada e Onanet, in un viaggio senza confini, portano la loro musica spesso verso le impalpabilità del Brian Eno più ambient, quello ad esempio di “Music for Airports”, o quello in duo con Harold Budd (“The plateaux of mirrors”). E ancora Ada e Onanet accarezzano il folk di Loreena McKennitt e le suggestioni elettroniche-world music di Enya, arrivano quasi a far percepire, in modo del tutto remoto, tendenze musicali che spaziano dal dark, alla vaporwave fino all’hypnagonic pop.

Musica da ascoltare rigorosamente in cuffia, nel silenzio, quella dei Falista; preferibilmente al buio, per non avere distrazioni, per coglierne ogni eterea e inafferrabile sfumatura come se si osservasse un volo di farfalle.


CLICCARE SUL TITOLO PER ASCOLTARE

Lilium” inizia con il ronzio dei “drones” che sembrano violoncelli campionati e trattati, sui quali rimbombano tocchi di strumenti a corde pesantemente riverberati, fino all’arrivo del flauto, vero protagonista. Delicati arpeggiatori appena sussurrati chiudono il tutto.

Dissoltonel vento e nel silenzio” è la prima traccia cantata che incontriamo. E la voce di Ada è quasi sola nelle prime strofe, per poi vedere l’arrivo del flauto, della chitarra, delle percussioni e, stratificazione dopo stratificazione, il canto a due voci con Onanet. Finché, esattamente come tutto era “cresciuto”, così torna a rarefarsi verso il finale.

Un cuore pieno di limpide tempeste” è affidato a pochissimi tocchi di una tastiera, forse un pianoforte molto trattato, forse un sintetizzatore, che dipana pochi accordi sui quali arrivano i fiati e la voce femminile. 

Alla deriva nel gorgo” vede un interessante uso di pad elettronici che sibilano in sottofondo, dietro allo schema voce-fiati-strumenti arpeggiati.

In un sepolcro di foglie marcite” è uno dei brani nei quali emerge la vena più “dark” del duo, un brano capace di generare sentimenti molto intensi, una traccia cupa e dolorosa.

Evocazione”, con i suoi timbri cupi e ricorrenti, è invece uno dei brani più “marziali”, quasi occhieggiante a certe atmosfere industrial/decadenti dei Coil o degli In the nursery. Una traccia che svela una volta di più l’eclettismo stilistico di questo duo.

Il sentiero tra gli asfodeli” rompe completamente gli schemi delle due tracce precedenti, riportando l’ascoltatore, con le sue melodie vocali e le sue armonizzazioni, al folk più tradizionale. Musica antica, seppur innovata, dopo il primo minuto, da un sapiente e morigerato uso dell’elettronica e, ancora una volta, degli effetti che spazializzano il tutto.

Contemplando il viaggio delle nubi” è nuovamente una delle tracce più intrise di malinconia, complice anche un timbro elettronico che sembra evocare un clarinetto basso o fagotto. Ma in realtà, nella ricerca e sperimentazione timbrica del duo, diventa a un certo punto difficile discernere che cosa è acustico, che cosa è elettronico analogico, che cosa è digitale… I suoni pesantemente effettati, come in un “flusso di coscienza”, si fondono e impastano tra loro generando un unicum dal forte effetto ipnotico.

Nel ceruleo abbraccio del cielo (a Ida G.) è, come recita il titolo, il ricordo di una persona che non c’è più. E vi è qualcosa di mistico, di ieratico, in questa celebrazione così carica di dolore.

L’album si chiude con “Nenia”, brano strumentale nel quale suggestioni compositori a cavallo tra ‘800 e ‘900 (un Satie, un Ravel, un Debussy) si fondono con il minimalismo e la ambient.







mercoledì 22 novembre 2023

Genesis: novembre 1973


Sulla rivista “Qui Giovani” del novembre 1973, copertina ed articolo dedicata ai Genesis e al loro spettacolare tour.

Tanto per ricordare…
Wazza


                                                         
                                                          Altre foto del 1973

NEW YORK - NOVEMBER 20: Rock group Genesis
(L-R: Steve Hackett, Peter Gabriel, Mike Rutherford, Tony Banks, Phil Collins) pose for a portrait on November 20, 1973 in New York City, New York.
(Photo by David Gahr/Getty Images) 1973 David Gahr







martedì 21 novembre 2023

Wazza, come ogni 21 del mese, ricorda Francesco Di Giacomo


"Il merito è da discreti, il vanto è da presuntuosi"

Ci sarai sempre.

Buon viaggio capitano


Flavio Bucci (don Bastiano) ne “Il Marchese del Grillo”,

prima di essere giustiziato



 

Il compleanno di Bernardo Lanzetti

Acqua Fragile e tecnici dei Gentle Giant-Teatro Alcione, Genova, 1973

Compie gli anni oggi, 21 novembre, Bernardo Lanzetti “voce impossibile” del progressive rock.
Una lunga carriera, ancora molte cose da dire. Persona allegra gentile disponibile… ad avercene!
Buon compleanno Berny.
Wazza




lunedì 20 novembre 2023

Baldo & i Giovani – "L’Ora D’Aria", commento di Luca Paoli

 


Baldo & i Giovani – L’Ora D’Aria

 (Music Force, 2023)

Di Luca Paoli

 

Una boccata di freschezza e di leggerezza anche nella musica è benvenuta ma sempre nel segno della qualità e del buongusto.

Tutto questo ci viene offerto dai Baldi & i Giovani con la loro nuova uscita discografica “L’Ora D’aria

La band friulana ci propone una fresca rilettura (con brani quasi tutti originali) di quel jazz che fu portato in alto da personaggi come Cab Calloway e Fats Waller, attraversando gli anni pioneristici dello swing e della musica popolare in voga nei primi decenni del secolo scorso, ma riverniciata e presentata con un’attitudine moderna questo anche per la notevole perizia tecnica e la giusta dose d’ironia.

Tra brani strumentali e cantati si passa un’oretta di ottimo intrattenimento, che in questo periodo storico, dove sono le guerre a farla da padrone, ci regala quell’ossigeno rigenerante che ci permettere di pensare alle cose belle che, nella vita, comunque non mancano.

La formazione vede Alan Malusà Magno alla composizione, chitarra e canto, Mirko Cisilino alla tromba e trombone, Gabriele "Gates" Cancelli alla tromba, David Cej alla fisarmonica, Marzio Tomada al contrabasso e Marco D'Orlando alla batteria.

Le 13 tracce che compongono il viaggio sonoro sono varie e, vi assicuro, non stancano, anzi, si plaude alla varietà degli arrangiamenti sempre di ottimo livello che elevano le belle composizioni … i testi, mai banali, portano il lavoro ai giorni nostri dimostrando che ci si diverte ma coi piedi ben ancorati a terra.

Per darvi un’idea di quanto andrete ad ascoltare vi segnalo “Baldanzoso”, che apre il disco e lo fa con un gran lavoro di fiati e fisarmonica ed una ritmica che si fa in quattro tra stacchi e ripartenze.

In “Città Vuote” è il jazz a farla da padrone mentre è la voce a rendere cantautorale la bella “Il Piede Sa (Piejalji'a).

Molto intensa la seguente “La Noia Che Precede La Dittatura” con un testo molto interessante che mi porta a scomodare anche un certo De André.

Vorrei segnalare, inoltre, le trombe con le sordine che marchiano a fuoco “Barone Torpedone” e senza dimenticare il bel lavoro di chitarra e fisarmonica.

Vi assicuro che tutto il lavoro mantiene uno stato qualitativo molto elevato che fi farà divertire con intelligenza.

Quindi vorrei consigliare questo lavoro a chi desidera prendersi un’ora d’aria (da qui il titolo del disco) da tutto ciò che è triste e pesante e cerca una distrazione costruttiva farcita con la giusta dose d’ironia e dove è impossibile tenere il piedino fermo e non fischiettare sulle melodie proposte.