Alphataurus – “2084: viaggio nel
nulla”
AMS Records | BTF
Vinyl Magic
(6 tracce | 41 min.)
AMS Records pubblica il nuovo album di una delle leggendarie band del rock progressivo italiano. Un affascinante prog-concept distopico e fantascientifico in cd papersleeve e vinile gatefold, dedicato alla memoria di tre membri fondatori scomparsi.
Formati:
LP Vinile nero 180gr.
/ Inserto 60x30cm / Copertina gatefold a tre ante
CD / Copertina mini-LP papersleeve a tre ante / Libretto di 16 pagine
Commento di Alberto Sgarlato
Chi ha vissuto con sincera passione la Grande Epopea del rock progressivo italiano sta assistendo con dolore, in questo nuovo millennio, a un vero e proprio Götterdämmerung, un “crepuscolo degli idoli”; le band più leggendarie, infatti, hanno accusato una serie di lutti che ne hanno segnato la storia recente.
Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco, Joe Vescovi e Wegg Andersen dei Trip, Maurizio Zarrillo e Giampiero Artegiani dei Semiramis, Alberto Gaviglio della Locanda delle Fate, Frate Claudio Canali (ex-frontman del Biglietto per l’Inferno, poi ritiratosi a vita monastica), Bruno Govone del Cerchio d’Oro, Sergio Lattuada dei Maxophone, Danilo Rustici degli Osanna, Vittorio De Scalzi dei New Trolls, Antonio Lorandi dei Phoenix Again… Solo per citare alcuni “nomi storici”, nel pieno rispetto e con sentite scuse per chi eventualmente fosse stato dimenticato e non menzionato ma che ha comunque giocato un ruolo di primo piano in questa scena musicale meravigliosa e indimenticabile chiamata rock progressivo italiano.
In questo scenario, i lombardi Alphataurus sono stati nei decenni tra le band più ambite e ricercate dai collezionisti, più attese e desiderate nel loro ritorno sulle scene e, purtroppo, anche più colpite da tutta una serie di gravi perdite. Guido Wassermann (chitarre e tastiere), Alfonso Oliva (basso) e Michele Bavaro (voce solista) sono purtroppo scomparsi nell’arco di poco tempo. Per questo motivo il nuovo album, dal titolo “2084: viaggio nel nulla” assume un ancor più forte significato per i fans.
Della formazione storica, il tastierista Pietro Pellegrini è ancora impegnato a tenere alto il nome; Wassermann ha fatto in tempo a prendere parte alle registrazioni del disco. La line-up è completata da Franco Giaffreda (voce, chitarre e flauto), Andrea Guizzetti (pianoforte, sintetizzatori e cori), Tony Alemanno (basso) e Diego Mariani (batteria, glockenspiel, cori).
Mariani è anche autore di una splendida copertina che nulla
ha di meno rispetto alle grafiche dei capolavori progressivi italiani degli
anni ‘70 e che ha la sua massima valorizzazione nell’edizione apribile a tre
ante concepita per il vinile. Ovviamente l’album è disponibile anche in CD,
anch’esso arricchito da una confezione elegante e curata.
Ma veniamo
all’aspetto più importante, cioè la musica: ci troviamo di fronte a
un’inquietante e tenebroso concept-album fantascientifico nel quale l’umanità
deve confrontarsi con nuovi scenari apocalittici.
I 9 minuti di “Pista 6”,
che apre il disco, si aprono con un “mood” vicino al new-prog dei Marillion
del periodo “Misplaced Childhood” o “Clutching at straws”, per via delle
chitarre arpeggiate molto riverberate e pulite, sorrette da tappeti di synth
dai suoni cupi e da poche note del pianoforte. Su tutto svetta una splendida
interpretazione vocale. Ma dopo la breve intro, il groove del basso e il calore
dell’Hammond ci portano su territori più jazzati. L’umanità sta sfuggendo a un
pianeta ormai privo di atmosfera e invivibile a causa di un mix di inquinamento
e catastrofi nucleari, alla ricerca di nuovi pianeti da colonizzare. Il brano
cresce via via verso sonorità sempre più sinfoniche, con percussioni maestose,
tra timpani e campanelli, tastiere che simulano ottoni e l’impagabile,
insostituibile tappeto di archi del Mellotron, verso un finale nel quale
chitarra ed Hammond duettano creando sapori quasi floydiani.
“Viaggio nel nulla”,
con i suoi cinque minuti, è la traccia più stringata tra le sei che compongono
l’album. E dopo una partenza affidata al Moog, diventa anche uno dei momenti
più hard-rock del disco, tra massicci riff di chitarra e di Hammond ed
eccellenti armonie vocali, il tutto condito da emozionanti aperture sinfoniche
affidate ancora al Moog.
“Flashback (Apocalisse)”
nelle atmosfere è la traccia più vicina al classico dark-prog italiano; stacchi
nervosi di chitarre e di tastiere fanno da sublime contraltare a un testo
interpretato con enfasi nel quale viene descritto il mondo nel 2073, tra
riscaldamento globale, oceani inquinati, permafrost che si scioglie e altre
mostruosità. La band, solida e compatta, offre una prova di straordinaria
perizia strumentale passando con disinvoltura dall’hard al jazz-rock sempre con
classe ed eleganza. Gli inserti recitati esprimono impietosa denuncia verso chi
ha rovinato il Pianeta. E purtroppo non è fantascienza, ma tragica
quotidianità.
“Wormhole” è una
vera e propria suite che supera i 10 minuti di durata e nella quale la
formazione esprime un vero e proprio compendio delle proprie capacità, tra rock
progressivo moderno ad alto tasso di elettronica, arpeggiatori tumultuosi, un
pianismo percussivo figlio della lezione di Emerson e del Banco, chitarre ora
più aggressive, ora impegnate in delicati arpeggi acustici e una sempre
sanguigna sezione ritmica sulla quale svetta, ancora una volta, un cantato
intenso e convincente, fino a un finale al profumo di bolero, dominato dal
flauto e dal Mellotron. L’alternarsi di momenti hard, sinfonici e intimisti fa
di questo brano, forse, il picco qualitativo in un album di per sé tutto
ottimo.
La barocca “Metà e metà”
è giocata su un grandissimo lavoro di tastiere, con Hammond, Clavinet e Moog in
primo piano, ma con la chitarra mai relegata al ruolo di condimento, semmai di
co-protagonista.
E arriviamo al finale con “E= mc2”, commovente, struggente ballad orchestrale alla quale è affidata la degna chiosa di un album tanto emozionante e coinvolgente. Si conclude l’ascolto con qualche inevitabile, inesorabile lacrima che scende.
Tanta gioia si ha nell’assaporare un lavoro così bello, tanta
amarezza si prova al pensiero che Wassermann, Oliva e Bavaro non sono più tra
noi. A loro è dedicato questo ottimo album che la band ha consegnato alle
stampe. E anche questa recensione.
Guido Wassermann:
chitarre elettriche e acustiche, synth, campionatore e cori
Pietro Pellegrini:
organo Hammond, synth e campionatore
Franco Giaffreda:
voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, flauto
Andrea Guizzetti:
pianoforte, synth, cori
Diego Mariani:
batteria, glockenspiel, cori
Tony Alemanno: basso
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