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giovedì 24 ottobre 2024

JON ANDERSON & THE BAND GEEKS: TRUE, di Valentino Butti

 


JON ANDERSON & THE BAND GEEKS: TRUE

Frontiers records    2024     GBR/USA

Di Valentino Butti


Sono tra i 500mila ed oltre che hanno visto su YouTube la versione di “Close to the edge” dei “The band geeks”. Per loro (e nostra) fortuna tra quelle decine di migliaia di appassionati c’era anche qualcuno dell’entourage di Jon Anderson. Da lì a breve i cinque “Geeks” diventano la band che supporterà l’ex singer degli Yes, in un breve tour negli States, nella riproposizione dei grandi classici del gruppo inglese. La “chimica” pare funzionare bene e tra un concerto e l’altro, oppure attraverso “zoom”, nascono le prime idee per la pubblicazione di un album di inediti. Il risultato è questo “True”, pubblicato nell’agosto di quest’anno per l’italiana “Frontiers records”. Inevitabili i confronti con il recente (dello scorso anno…) “Mirror to the sky” degli Yes. Beh, su un punto penso non ci sia dubbio alcuno: la copertina di “Mirror…” batte quella di “True” 10 a 0!!! E se, da amante degli Yes, Roger Dean e la sua arte sono insuperabili, non riusciamo proprio a capire come il “divino” Jon non abbia potuto fare di meglio di una sua fotografia mentre… canta… errore di marketing… almeno. Certamente contano di più i contenuti, ma anche l’occhio vorrebbe la sua parte.

Torniamo, dunque, a “True”. L’album è diviso in nove tracce e, assieme al lavoro di qualche anno fa con Roine Stolt (“Invention of knowledge”), è, senza dubbio alcuno, quello più vicino al classico “Yessound” che il singer di Accrington abbia mai realizzato. Il tutto anche grazie alle notevolissime capacità dei cinque “Geeks”: Richie Castellano (basso, chitarre, tastiere, voce), Andy Ascolese (batteria, percussione, tastiere, voce), Andy Graziano (chitarre, voce), Chris Clark (tastiere) e Robert Kipp (hammond, voce). Le due tracce iniziali “True messenger” e “Shine on” sono state scelte come singoli di lancio dell’intero lavoro. Più vicini agli Yes di “The ladder” e, per certi aspetti, a quelli di “90125”, piuttosto che a quelli dei seventies, si tratta di brani frizzanti, con refrain orecchiabili, ma notevoli pure dal punto di vista strumentale, a dimostrazione della bontà della band che sostiene la voce, sempre angelica, di Anderson.

Counties and countries” è uno dei brani migliori del lavoro. Introduzione con chitarre ruvide e tastiere straripanti sostenute da una ritmica rocciosa che prelude al cantato. Eccellenti i cori come eccellenti sono i break strumentali sia nelle parentesi acustiche sia nelle furiose scorribande elettriche, con il finale che rimanda un poco a “Starship trooper”: tutto molto Yes… ma va bene così…

Più ordinaria la breve “Build me an ocean” che ricorda, meno ispirata, “The meeting” o “Let’s pretend”. 

Still a friend”, composta da Anderson e dal trio Castellano/Ascolese/Clark, è più articolata, con i soliti saliscendi sonori, ma comunque non indimenticabile. 

Meglio, senz’altro, “Make it right”, con introduzione soffusa, voce in primo piano, chitarre acustiche, un azzeccato ritornello, cori gospel (!!) e belle orchestrazioni.

Realisation part two” segue, a grandi linee, “Make it right”, con qualche sfumatura etnica che ogni tanto Anderson ripropone nei suoi lavori solisti.

Once upon a dream” (oltre sedici minuti) è il brano più riuscito di “True”: un “bigino” che comprende più o meno velati rimandi a “Tales from topographic oceans” (in particolare” The revealing science of God”), il basso pulsante a la Squire, atmosfere solari, costruzioni melodiche sempre raffinate, sentori new age (“Awaken”), aperture sinfoniche (“Close to the edge”), cori eccellenti… insomma… quello che volevamo sentire da un po’ di anni dagli…Yes! In fondo non possiamo pretendere che questo, ormai ottantenne, Artista abbia l’ispirazione di cinquant’anni fa… ma l’entusiasmo è dei giorni migliori. L’album si chiude con “Thank God”, tipico brano intimista di Anderson e vero atto d’amore nei confronti della moglie, a lui sempre vicina nei momenti di difficoltà.

“True” è sicuramente un bell’album (con qualche inciampo, inevitabile), certamente “ruffiano” (del tipo: “Ascoltate quello che ho fatto io… e quello che hanno fatto i miei ex compagni… chi preferite?”), ma cadiamo volentieri nella trappola tesaci e ci accodiamo a quelli che vorrebbero un ultimo Yes album con il grande Jon alla voce. Per sognare… ancora.




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