Alex Carpani – “The
Good Man” (2024)
Uscita prevista per il 6 dicembre
Commento di Alberto Sgarlato
Questo 2024 “tutto d’oro” per il rock
progressivo italiano, sia in termini di quantità, sia di qualità delle uscite,
va degnamente verso la sua conclusione con l’uscita dell’ottavo album per Alex Carpani (se contiamo nella discografia anche
l’unico titolo a nome del progetto Aerostation).
Il tastierista e cantante italo-francese,
nato in Svizzera e da lungo tempo ormai residente a Bologna (città che lo vede
impegnato, oltre che nella musica, in molteplici progetti culturali ben
radicati sul territorio), ci aveva abituato in passato a dischi caratterizzati
da un denso numero di collaborazioni, sia estere (David Cross, Theo Travis,
David Jackson, solo per citare alcuni esempi), sia legate al panorama
progressivo italiano (Lanzetti, Tagliapietra, Vairetti).
Deciso cambio di rotta, questa volta:
infatti, in questo suo ottavo album, dal titolo “The
Good Man”, non troviamo grandi interventi di ospiti esterni ma,
al contrario, una formazione ben consolidata. Il leader e compositore con le
sue tastiere simula anche chitarre, bassi e partiture orchestrali grazie
all’ausilio dei sempre più efficaci e fedeli VST (Virtual Studio Technologies,
strumenti “virtuali” caricati sul computer sotto forma di immense “librerie” di
suoni e pilotati attraverso l’esecuzione sulla tastiera).
Accanto a lui troviamo, in ordine alfabetico:
Alessio Alberghini (sax soprano), Emiliano Fantuzzi (chitarre), Bruno
Farinelli (batteria), Giambattista Giorgi (basso) e la cantante
mezzosoprano Valentina Vanini.
E poi troviamo un batterista decisamente molto noto nel circuito musicale (non solo progressivo) italiano: è Gigi Cavalli Cocchi, che però in questo album non suona ma cura l’elegante e raffinata veste grafica.
Veniamo a “The Good Man”… Come lo si
potrebbe definire? Con un termine un po’ azzardato si potrebbe coniare la
qualifica di “doppio concept album”. L’opera infatti è strutturata come due
lunghe suites distinte, della durata di 28 minuti ciascuna, che viaggiano su
binari paralleli, diventando così ciascuna una piccola “opera rock” a sé
stante. Tuttavia, nei due “concept”, si possono percepire dei punti di contatto
comuni a fare da legante.
Infatti, se il primo titolo, “Amnesiac”,
esplora quel senso di vuoto, di disorientamento, di smarrimento legato alla
perdita di memoria, il secondo titolo esplora altre forme di vuoto,
disorientamento, smarrimento: quelle di chi si trova al cospetto della
contrapposizione tra bene e male. “Good and evil” è, appunto, il
titolo di questa seconda suite.
Il male è spesso frutto dell’obnubilazione
della memoria, “Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla”,
diceva il filosofo Santayana; “Una generazione senza storia non ha passato
né futuro”, diceva lo scrittore Robert A. Heinlein. E in questi scenari
così apocalittici dentro e attorno la mente umana, “il buon uomo” si ritrova a
essere, nelle parole di Carpani, “una barchetta di carta alla deriva”.
Come due veri e propri “concept album” racchiusi in un solo disco, le due suites possono essere ascoltate come se fossero ciascuna formata da nove brevi brani indipendenti e collegati, per un totale quindi di 18 titoli.
“Amnesiac”
parte con l’incedere di un treno (il titolo è appunto “On a train”) che
genera un’atmosfera inquietante, basata su effetti sonori e rumorismo; questa
introduzione deflagra poi in “Perfect chaos”, brano dal riff e
dalla struttura orientali al metal-prog, che si apre in belle parti vocali
fortemente melodiche e dal sapore epico; un ritorno alle rarefazioni dell’intro
e alle atmosfere basate su effetti e rumori in “Flashbacks”,
brano che lentamente cresce, sorretto da un bell’arpeggio chitarristico, nel
quale si possono apprezzare anche le doti vocali della mezzosoprano Valentina
Vanini. Piccoli tocchi di percussioni sintetiche dai suoni industriali ci
introducono in “The edge of my mind”, altro brano che attraverso
un percorso di “stratificazione” cresce da un inizio quasi ambient fino a una
serie di evoluzioni energiche e corpose. E qui il Minimoog di Carpani la fa da
padrone con i suoi poderosi interventi solisti, ben sorretti da un gran lavoro
di un Hammond dal sapore hard-rock, di una chitarra pesantemente distorta e
della ineccepibile sezione ritmica.
“Diamond in the rough” inizia come una ballad di neo-prog dalla vena quasi cantautorale, ma anche in questo caso cresce verso un epico ritornello cantabile. Il tutto ci conduce ad aperture strumentali a base di riff corposi e Minimoog incandescente. “Past life” si apre con un gran lavoro di orchestra d’archi (i famosi “virtual instruments” di cui parlavamo all’inizio). L’entrata della voce femminile conferisce al tutto un “mood” da colonna sonora di un vero epic movie. “Heart calling” si apre ancora con i vocalizzi lirici, mentre le orchestrazioni aprono poi la strada al sax e da parte loro i due esponenti della sezione ritmica, l’Hammond e la chitarra riportano nuovamente tutto su territori più hard. “As light returns” è una parentesi di world music elettronica tra Peter Gabriel e gli Shadowfax, con il sax soprano in bella evidenza, loop percussivi e tappeti orchestrali, il tutto squarciato da uno struggente assolo di chitarra. La suite termina con “End of the day”, sorretta dai temi arpeggiati del sintetizzatore, che infine lasciano spazio alla voce femminile e alle orchestrazioni di gusto elettronico/sinfonico.
La seconda suite, “Good and Evil”, si apre con l’effetto vecchia
radio di “Lost frequencies” per poi iniziare a prendere forma in
modo vero e proprio con “The flow”, elegante traccia tra new-prog, post-rock e
indie-rock dall’approccio diretto e incisivo. “PTSD” vede uno
splendido arrangiamento di voci maschili e femminili che si intrecciano su
partiture orchestrali, per poi virare nuovamente verso lidi più hard rock. “Stillness
and ecstasy” è un ritorno a quei momenti “da colonna sonora”, con loop
ritmici, archi, voce femminile e sax in bella evidenza. “Flirting with darkness” è uno dei momenti più “cattivelli” del disco, che farà
scrollare la testa a più di un headbanger! Anche quando il “pienone” si
attenua, lasciando spazio solo a sintetizzatori acidi e alla cassa che “pesta”
in 4/4 il brano non perde un’oncia della sua tensione emotiva. Belli i cambi di
tempo da momenti estremamente “quadrati” ad altri dispari.
“Mystical” contiene un
campionamento del discorso di insediamento del Papa attualmente in carica,
Francesco I, contestualizzato in uno dei momenti più corposamente sinfonici
dell’intero album.
Organi liturgici, voci liriche, cori
ecclesiastici, ottoni squillanti, tappeti di archi… Non manca proprio nulla.
“Leaving the path” è un
trait-d’union tra i temi più “hard” e quelli più avvolgenti e melodici
dell’album. “Masquerade” ci riporta a quel gusto “etnico” che a
tratti fa capolino nell’intera opera. E ci congediamo con “Everything
falls into place”, pronta a infondere il giusto “tiro” che ci si
aspetta da un gran finale.
Concludendo: Alex Carpani è un compositore “a
tutto tondo” difficilmente catalogabile ed archiviabile. Nella sua cifra
stilistica confluiscono suggestioni che spaziano dal progressive rock alle
espressioni più moderne del vasto universo metal, dall’elettronica alla fusion,
dalla world music alla musica accademica, sia essa più sinfonica o più
cameristica. E proprio in questo sta la sua forza.
Links utili:
https://www.facebook.com/alexcarpani/
www.facebook.com/AlexCarpaniOfficialPage
https://alexcarpani.bandcamp.com/music
https://www.instagram.com/alex_carpani
www.youtube.com/@alexcarpani145
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