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giovedì 3 aprile 2025

Palazzo Rosa-Commento all'album "Tanto Vale"

 


Palazzo Rosa, Tanto Vale, La Stanza Nascosta Records

 

Tanto Vale”, esordio del duo Palazzo Rosa (Luca Dore e Alessandro Budroni), prodotto e distribuito da La Stanza Nascosta Records, è stato proposto in digitale in due parti distinte, poi riunite in un cd, per gli irriducibili del supporto fisico. Le prime cinque canzoni rimandano ad un immaginario swing, animate come sono da personaggi ciondolanti, vacillanti, swinganti appunto: un uomo che, in Città Vuota- si smarrisce tra le caselle del Monopoli, un cantante jazz che cerca disperatamente di inserirsi fra gli assoli (Se perdo l’attimo questi mi fottono/di trentasei battute almeno due le avrei volute/ ma non mi lamento mai, Va tutto bene (Sono un cantante jazz), un uomo agli arresti domiciliari che vorrebbe evitare le domeniche di libertà con la moglie (E poi mi dici: "Presto, dove prima c'era il tango hanno aperto un nuovo Bingo" e mi ci porti  a vedere i colli storti dei vecchi in compagnia di domenica sera, Domicilio coatto domenicale), un altro abbattuto dal corso degli eventi, che finisce col dedicare un blues senile a Lady Mother che alla Foce fa il mestiere (Androblues); una famiglia proletaria in una disgraziata, amarissima, vacanza.

È proprio qui, in Lungomare, che la filosofia del “Tanto vale” trova la sua più compiuta espressione: Tanto vale che mandiate qualcuno a prenderci la musica e il vino e a spiegarci come andare affanculo in fondo fosse il nostro destino; Tanto vale che chiudiate la porta tanto vale che spegniate la luce tanto vale ci copriate di terra, tanto vale soffochiate la voce.

Il Gioca jouer finale (Soffochiate Copriate Spegniate Chiudiate Mandiate Spranghiate Mangiate…patate) diventa un po’ il manifesto di un album sospeso tra rassegnazione e ironia.

Gli altri cinque personaggi  invece emergono dalle cantine, si agitano fra le tubature, le loro vite reclamano un suono più sporco, una maggior ruvidezza. Madame Latrouche- che potremmo tradurre in italiano con Signora Miseria- si è vestita di bianco, è dentro me/ Madame Latrouche ora mi abita gli occhi e il cuore il cuore e gli occhi, gli occhi e il cuore.

Ben appollaiata sulle antenne dell’immaginifico Palazzo rosa, Signora Miseria sembra sorvegliare  i disgraziati condòmini che lo abitano- jazzisti, vedove, domiciliati, famiglie proletarie.

E aspettare un loro passo falso, pronta a ghermirli e a riempire di aria le loro tasche.

Voltaren, dal graffio rock, disegna i rapporti di forza interni ad una coppia. “L’uomo senza spessore”, che cammina prudente/ non gli importa ciò che dice la gente /da quando vive a rimorchio del primo che passa ha venduto la sua patente sembra ricordare, nelle intenzioni, Lo scrutatore non votante di Bersani; si imprime immediatamente nella mente e si fa riascoltare e meditare.

Vedo vado è la storia d’amore-irresistibile- tra una vedova e un profittatore di vedove  (E adesso ci incontriamo e appena stiamo insieme tra una risata e l'altra ci diciamo: Ma se stava così bene! Ma se stava così bene!): risate (amare) e applausi.

Il capolavoro è dietro l’angolo, e chiude in bellezza il disco: La Diva del Continental Bar sembra essere uscita dalla penna del Dalla più ispirato. (Per quelle lettere mai arrivate, spedite indietro al mittente e le telefonate rimaste in fondo alla bocca, a scalciare nel buio, e adesso stai seduto lì, vecchia radio che nessuno fa andare più, nel tavolino macchiato di un bar e ti lasci servire da lei / che nessuno ha capito mai /dove ha imparato a ballare / dove a fare l’amore; eppure lei / come a nessuno è capitato mai / ti ha guardato e ha sorriso / prima di sparire nel buio /e rivestirsi in silenzio). Un noir di provincia, nel quale si racconta fin dove può spingersi un padre abbandonato dalla propria figlia.

Un disco, quello dei Palazzo Rosa, che davvero si fatica a considerare per quello che realmente è, ossia un esordio. Scritto, suonato, cantato e arrangiato egregiamente, sembra più la consacrazione definitiva di artisti con una carriera consolidata alle spalle.

Tanto vale gronda nostalgia, umanità, emozione. Dell’ironia che non cede al sarcasmo e tratteggia un campionario umano tragicomico- in una sorta di sospensione del giudizio- tutti possiamo godere, stravaccati in quelle soffitte e negli scantinati di una musica d’autore che sembra più viva che mai.





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