Palazzo Rosa, Tanto
Vale, La Stanza Nascosta Records
“Tanto Vale”, esordio
del duo Palazzo Rosa (Luca Dore e Alessandro Budroni), prodotto e
distribuito da La Stanza Nascosta Records, è stato proposto in digitale
in due parti distinte, poi riunite in un cd, per gli irriducibili del supporto
fisico. Le prime cinque canzoni rimandano ad un immaginario swing,
animate come sono da personaggi ciondolanti, vacillanti, swinganti
appunto: un uomo che, in Città Vuota- si smarrisce tra le caselle del
Monopoli, un cantante jazz che cerca disperatamente di inserirsi fra gli assoli
(Se perdo l’attimo questi mi
fottono/di trentasei battute almeno due le avrei volute/ ma non mi lamento mai,
Va tutto bene (Sono un cantante jazz), un uomo agli arresti domiciliari che vorrebbe evitare
le domeniche di libertà con la moglie (E poi mi dici: "Presto, dove
prima c'era il tango hanno aperto un nuovo Bingo" e mi ci porti a
vedere i colli storti dei vecchi in compagnia di domenica sera, Domicilio
coatto domenicale), un altro abbattuto dal corso degli eventi, che
finisce col dedicare un blues senile a Lady Mother che alla Foce fa
il mestiere (Androblues); una famiglia proletaria in una
disgraziata, amarissima, vacanza.
È proprio qui, in
Lungomare, che la filosofia del “Tanto vale” trova la sua più compiuta
espressione: Tanto vale che mandiate qualcuno a prenderci la musica e il
vino e a spiegarci come andare affanculo in fondo fosse il nostro destino;
Tanto vale che chiudiate la porta tanto vale che spegniate la luce tanto vale
ci copriate di terra, tanto vale soffochiate la voce.
Il Gioca jouer finale (Soffochiate
Copriate Spegniate Chiudiate Mandiate Spranghiate Mangiate…patate) diventa un
po’ il manifesto di un album sospeso tra rassegnazione e ironia.
Gli altri cinque
personaggi invece emergono dalle
cantine, si agitano fra le tubature, le loro vite reclamano un suono più
sporco, una maggior ruvidezza. Madame Latrouche- che potremmo tradurre in italiano con Signora Miseria-
si è vestita di bianco, è dentro me/ Madame Latrouche ora mi abita gli occhi
e il cuore il cuore e gli occhi, gli occhi e il cuore.
Ben appollaiata sulle
antenne dell’immaginifico Palazzo rosa, Signora Miseria sembra sorvegliare i disgraziati condòmini che lo abitano-
jazzisti, vedove, domiciliati, famiglie proletarie.
E aspettare un loro
passo falso, pronta a ghermirli e a riempire di aria le loro tasche.
Voltaren, dal graffio rock, disegna i rapporti di
forza interni ad una coppia. “L’uomo senza spessore”, che cammina
prudente/ non gli importa ciò che dice la gente /da quando vive a rimorchio del
primo che passa ha venduto la sua patente sembra ricordare, nelle
intenzioni, Lo scrutatore non votante di Bersani; si imprime
immediatamente nella mente e si fa riascoltare e meditare.
Vedo vado è la storia d’amore-irresistibile-
tra una vedova e un profittatore di vedove
(E adesso ci incontriamo e appena stiamo insieme tra una risata e
l'altra ci diciamo: Ma se stava così bene! Ma se stava così bene!): risate
(amare) e applausi.
Il capolavoro è dietro l’angolo, e chiude in bellezza il disco: La Diva del Continental Bar sembra essere uscita dalla penna del Dalla più ispirato. (Per quelle lettere mai arrivate, spedite indietro al mittente e le telefonate rimaste in fondo alla bocca, a scalciare nel buio, e adesso stai seduto lì, vecchia radio che nessuno fa andare più, nel tavolino macchiato di un bar e ti lasci servire da lei / che nessuno ha capito mai /dove ha imparato a ballare / dove a fare l’amore; eppure lei / come a nessuno è capitato mai / ti ha guardato e ha sorriso / prima di sparire nel buio /e rivestirsi in silenzio). Un noir di provincia, nel quale si racconta fin dove può spingersi un padre abbandonato dalla propria figlia.
Un disco, quello dei
Palazzo Rosa, che davvero si fatica a considerare per quello che realmente è,
ossia un esordio. Scritto, suonato, cantato e arrangiato egregiamente, sembra
più la consacrazione definitiva di artisti con una carriera consolidata
alle spalle.
Tanto vale gronda nostalgia, umanità, emozione. Dell’ironia che non cede al sarcasmo e tratteggia un campionario umano tragicomico- in una sorta di sospensione del giudizio- tutti possiamo godere, stravaccati in quelle soffitte e negli scantinati di una musica d’autore che sembra più viva che mai.
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