RocKalendario del
secolo scorso – Marzo
Di Riccardo Storti
1955 – 15 marzo. Fats Domino registra Ain't It A Shame, che raggiungerà la vetta della classifica R&B di Billboard e arriverà al decimo posto nella Top 100 a luglio. Vendendo un milione di copie, la canzone è stata classificata al numero 438 nella lista delle 500 Greatest Songs of All Time della rivista Rolling Stone.
Nello stesso mese, la versione di Pat Boone si piazzerà il primo posto nella chart Pop. Quanto sia stata importante questa canzone per le generazioni successive, lo racconta la serie di cover che sono state eseguite dai Cheap Trick a Paul McCartney. Da New Orleans al mondo!
1965 – Gara all’interno della prestigiosissima etichetta Motown di Detroit. Nella scalata delle classifiche americane se la giocano due ensemble vocali ormai famosissime: da un lato The Temptations, guidati dalla voce maestra di David Ruffin, dall’altro The Supremes di Diana Ross, da alcuni critici battezzate come le Beatles in gonnella, visto che, da quando è arrivata la British Invasion, costoro sono le uniche a tenere testa ai successi dei Fab Four.
È il 6 marzo quando My Girl – firmata da Smokey Robinson - giunge al vertice dell’hit parade statunitense grazie all’interpretazione dei Temptations; trascorrono due settimane e le Supremes rispondono con Stop! In the Name of Love: nel giro di una settimana (27 marzo) la canzone raggiungerà il primo posto della Billboard Pop Chart. Ad onore di entrambi i gruppi, ecco una loro performance comune, registrata durante l’Ed Sullivan Show il 19 novembre 1967.
1975 – E Jeff Beck ci mise la faccia, anzi il nome e poi la chitarra. Il 29 marzo esce Blow by Blow, il primo album solista di uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi. Siamo ormai nella seconda metà del 1974, quando l’esperienza con Bogert e Appice giunge al capolinea; per non perdere smalto, a dicembre Beck fa pure qualche jam con gli Stones ma, nonostante l’amicizia, non scatta la scintilla. Gli appunti non mancano, così fa ascoltare un bel po’ di provini (tutti strumentali) a George Martin che, subito convinto dal valore dei pezzi, non esita a produrre un vero e proprio capolavoro.
Un album che va dal rock al blues per toccare a piene mani funky, fusion e jazz con tanto di un importante cameo, quello di Stevie Wonder che darà a Beck due canzoni (Cause We've Ended as Lovers e Theolonius, in cui suona il clavinet). Altre uscite del mese: l’album inglese del Banco, Profondo Rosso (Goblin), Un biglietto del tram (Stormy Six), The Rotters' Club (Hatfield and the North), la colonna sonora di Tommy, Bundles (Soft Machine) e Young Americans (David Bowie).
1985 – The Power Station ovvero quando un gruppo di successo vuole distrarsi un po’. E questo gruppo di successo sono i Duran Duran. Due di loro – il bassista e il chitarrista (rispettivamente John e Andy Taylor) – decidono di dare vita ad una band con un batterista da paura, Tony Thompson degli Chic. Lo scopo è quello di utilizzare un bel po’ di canzoni extra-Duran per un disco ambizioso. L’idea, infatti, era quella di fornire la base musicale per un album composto da brani con un cantante diverso per ogni traccia; tra gli artisti contattati c'erano Mick Jagger, Billy Idol, Mars Williams, Richard Butler e Mick Ronson.
Il gruppo invitò poi quella vecchia lenza di Robert Palmer (eccezionale interprete soul) a registrare la voce per il brano Communication; quando Palmer scoprì che avevano registrato le demo di Get It On (Bang a Gong) dei T. Rex, chiese di provare a cantarla. Alla fine della giornata, la band capì di aver trovato quella chimica speciale che distingue i gruppi di successo, così decisero di registrare l'intero album con Palmer. E fu un LP di notevole fattura (uscito il 25 marzo), dominato da note funky rock; peccato che, poi, in occasione del tour promozionale, Palmer li mollò per dedicarsi al proprio album solista, lasciando il posto a Michael Des Barres (con cui la band si esibì in occasione del Live Aid a Philadelphia).
1995 – 13 marzo: i Radiohead pubblicano The Bends ed è la svolta. Si affievoliscono le sonorità più ruvide del precedente Pablo Honey in nome di composizioni più raffinate, pur in una visione sempre radicalmente “alternative”. Una delle principali innovazioni di questo album è l'uso più marcato del falsetto da parte di Thom Yorke, evidente in quasi tutte le tracce; inoltre, la scrittura dei testi si evolve, passando da espressioni più dirette a immagini tanto complesse, quanto suggestive, anticipando lo stile di lavori successivi come OK Computer.
In sede critica sono parecchi a mettere in evidenza come questo album abbia influenzato moltissimi gruppi degli anni Novanta: si tratta di un’opera imprescindibile per capire la musica (non solo pop-rock) del decennio. Colpisce soprattutto l’eclettismo: oltre a quanto ci si possa aspettare, tra le righe emergono insospettabili melodie schubertiane (in Fake Plastic Trees, almeno così sostiene il musicologo Sasha Frere-Jones), scale ottatoniche (Just) e armonie beatlesiane (My Iron Lung).
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