RocKalendario del
secolo scorso – Agosto
Di Riccardo Storti
1955 – 31 agosto. Un giudice di Londra multò Sidney Turner per tre sterline e dieci scellini. La causa? Avere "creato un rumore abominevole", dopo che Turner aveva minacciato i suoi vicini dicendo: "Vi farò impazzire." Turner, infatti, aveva fatto suonare a tutto volume Shake, Rattle & Roll di Bill Haley and His Comets dalle 14 alle 16,30 (ma non per tutta la notte, come una leggenda metropolitana riporterebbe).
1965 – Il 6 agosto gli Small Faces debuttano nel mondo del rock con una debordante Whatcha Gonna Do About It. Il riff venne in mente a Marriott e Lane, ispirati dall’hit di Solomon Burke Everybody Needs Somebody to Love, ma, siccome i ragazzi erano a corto di parole, il manager scritturò gli autori Ian Samwell (quello di Move It di Cliff Richard) e Brian Potter affinché completassero la canzone con un testo adeguato. Come racconta il batterista Kenney Jones, gli Small Faces degli esordi non avevano ancora sviluppato sufficienti capacità di scrittura: i loro live consistevano principalmente in cover di brani come Shake di Otis Redding e questo si adattava perfettamente alla potenza della voce di Steve Marriott. La stessa Whatcha Gonna Do About It ne è un esempio: base R’n’B ma con una chitarra distorta foriera di rumori molesti e timbro canoro aggressivo. Il brano vanta diverse cover da parte dei Sex Pistols, dei Pretenders e dei Cheap Trick.
1975 – Qualche indiscrezione girava già alla fine della primavera, quando i Genesis avevano concluso il tour di The Lamb Lies Down on Broadway. Ebbene sì, voci sempre più insistenti davano Peter Gabriel prossimo a lasciare i Genesis. Il rumore di fondo aumentò dopo Ferragosto, nel momento in cui “Melody Maker” annunciava la notizia in prima pagina con un quesito emblematico: “Gabriel Out of Genesis?” Il manager dei Genesis, Tony Smith, inizialmente negò le voci, ma una settimana più tardi la band annunciò ufficialmente l’uscita di Gabriel, spiegando che stavano cercando un nuovo cantante (vedi “Melody Maker” del 23 agosto 1975). Non sapevano ancora che il cantante fosse già nel gruppo ovvero il loro batterista, Phil Collins.
1985 – Nuova vita per i Cure di Robert Smith:
formazione rimaneggiata, voglia di scrivere e entusiasmo a mille. Esce The
Head on the Door ed è subito successo, anzi, questo album diventa di fatto
il primo vero grande successo della band britannica. Il disco si pone come un
lavoro di transizione dalle atmosfere dark degli inizi verso una
sperimentazione che non disdegna flirt con il mainstream e il pop. Lo
testimoniano i due singoli In Between Days e Close to Me,
destinati a scalare i vertici delle classifiche planetarie. A proposito di
riconoscimenti, The Head on the Door vanta 2 dischi d’oro in Francia e
uno in Gran Bretagna e negli States.
Quanto alle felici influenze contemporanee,
Smith ammise di essere stato condizionato fortemente dai recenti lavori di
Bowie, Siouxie and the Banshees, Human League, Costello, Stranglers,
Psychedelic Furs e New Order. Si andò anche oltre, visti gli agganci con la
musica orientale (Kyoto Song) e il flamenco (The Blood). Per le
reminiscenze dark, rivolgersi a Push (con uno dei riff più suggestivi di
tutta la new wave), The Baby Scream, A Night Like This e la
tenebrosa Sinking. Altro discone che contraddice il luogo comune secondo
cui la musica degli anni Ottanta fosse tutta spazzatura…
1995 – È l’alba 9 agosto quando, a soli 53 anni,
se ne va Jerry Garcia, chitarrista e storico fondatore dei Grateful Dead,
nonché figura di assoluto rilievo nella storia della psichedelia californiana.
Garcia, all’epoca, era paziente presso il centro di riabilitazione Serenity
Knolls a Lagunitas-Forest Knolls in California, minato da diversi disturbi,
alcuni dei quali probabilmente provocati dall’uso intensivo di sostanze
stupefacenti. Al suo funerale, tenutosi il 12 agosto, erano presenti anche Bob
Dylan e il cestista Bill Walton.
Chitarrista di impostazione bluesgrass, Garcia si distinse per uno stile assai innovativo per l’epoca ed era noto per gli assoli chilometrici, spesso improvvisati sempre alla ricerca di una traccia melodica da fare emergere all’interno delle canzoni. Tra le maggiori influenze, che ne distinsero l’approccio compositivo, si annoverano il jazz, il country e il blues. Nel corso della sua carriera suonò circa 25 modelli di chitarre (che qualcuno, con dovizia di particolari, si è cimentato a censire qui).
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