Report a cura di Susanna
Scura
Photo a cura di Jennifer
Venuti
Articolo già apparso sul portale Rome by Wild:
Novembre, la prima serata del mese dei morti qui al
Closer Live Club, si celebra con un evento più che a tema, un grande ritorno
sui palchi capitolini per i Forgotten Tomb ed
i Sedna, accompagnati da promettenti
band locali, quasi tutte al femminile: Riti Occulti ed Electric
Whale.
Sono proprio queste ultime infatti a tuffarsi nella
serata con la loro balena elettrica “Electric Whale Larson” dove il basso
di Kameliah (Francesca Cascasi) la fa da padrone fondendosi con il tocco
pesante del nuovo, e scalzo batterista, Amedeo e con l’inconfondibile voce
limpida e a tratti ruvida di Giada Podestà.
Un trio promettente che da sfoggio di avere padronanza della scena e di ciò che suona e che, con l’imponente “Gorilla” scalda sempre più l’ambiente in una sala già piuttosto affollata. Chiudono poi con, “ Bisonti contro Bufali”, stavolta in versione esclusivamente strumentale, facendoli scornare a passo di stonereggiante doom.
Peccato che a causa di problemi di fonia, la resa vocale non fosse al meglio, rendendo così la voce la nota dolente di quest’esibizione.
Un trio promettente che da sfoggio di avere padronanza della scena e di ciò che suona e che, con l’imponente “Gorilla” scalda sempre più l’ambiente in una sala già piuttosto affollata. Chiudono poi con, “ Bisonti contro Bufali”, stavolta in versione esclusivamente strumentale, facendoli scornare a passo di stonereggiante doom.
Peccato che a causa di problemi di fonia, la resa vocale non fosse al meglio, rendendo così la voce la nota dolente di quest’esibizione.
La prima performance è ormai terminata e le Electric
Whale sono state solo il primo assaggio di quello che si prospetta
essere un lauto pasto musicale.
Ecco che in un attimo il palco si sveste, lasciandosi adosso solo una batteria e due aste lateralmente ad essa. Cala il buio ed il brusio in sala si cristallizza. Un volto d’ombra s’intravede tra i piatti e due filiformi sagome s’impossessano silenziosamente della scena allineandosi ai microfoni. Al centro del nero triangolo, una manciata di fari illumina fiocamente i loro volti e suoni intrisi di disperazione echeggiano dalle loro corde, scanditi da colpi di cassa cadenzati, come provenienti dall’oblio. Progressivamente, lo spettacolo quasi onirico dei Sedna, giovanissimo trio Romagnolo, ci fa prendere coscienza di un modo anticonformista e iperemozionale di concepire e suonare musica. Ad ogni minuto di “Sons of the ocean” il pubblico è sempre più sotto l’effetto ipnotico della fluttuante chitarra di Nil e del basso plumbeo di Elyza.
Ecco che in un attimo il palco si sveste, lasciandosi adosso solo una batteria e due aste lateralmente ad essa. Cala il buio ed il brusio in sala si cristallizza. Un volto d’ombra s’intravede tra i piatti e due filiformi sagome s’impossessano silenziosamente della scena allineandosi ai microfoni. Al centro del nero triangolo, una manciata di fari illumina fiocamente i loro volti e suoni intrisi di disperazione echeggiano dalle loro corde, scanditi da colpi di cassa cadenzati, come provenienti dall’oblio. Progressivamente, lo spettacolo quasi onirico dei Sedna, giovanissimo trio Romagnolo, ci fa prendere coscienza di un modo anticonformista e iperemozionale di concepire e suonare musica. Ad ogni minuto di “Sons of the ocean” il pubblico è sempre più sotto l’effetto ipnotico della fluttuante chitarra di Nil e del basso plumbeo di Elyza.
Il minimalismo scenografico di questa giovanissima
band cozza con il loro approccio sperimentale nei pezzi e quando, dopo un
viaggio attraverso gli abissi, si approda ad una terra desolata con “Sons of
Isolation”, un brano di circa 15 minuti tratto dal loro album omonimo, ci
si perde nel crescendo di un intro monocorda e andando avanti, la voce si fa
più intensa e sofferente. Tempi dilatati e repentinamente isterici, corredati
da un perfetto blastbeat, si alternano dando corpo ad una compagine di
suoni che spaziano dal post-metal al black di matrice burzumiana, dove la
decadenza si erge a favore di un’eccessiva staticità degli strumenti rianimata
sporadicamente dalla batteria.
L’atmosfera di sogno si dissolve con un black
out totale e non appena si riaccendono le luci,il pubblico ritorna
violentemente alla realtà, in attesa dei Riti Occulti.
Dopo una lunga pausa per il cambio palco, finalmente tutti
e quattro gli elementi sono al loro posto, ed una voce si libera attraverso un
nero velo per dare inizio al rituale con “Nigredo”. La successiva
“I’m Nobody” inizia a prendere forma tra doppie linee vocali
contrastanti, laddove la voce eterea di Elisabetta Marchetti compensa il
graffiante scream di Serena Mastracco, supportate dal tappetosynthetico di
Sara Del Regno. L’assenza della chitarra non ha assolutamente turbato gli
animi, ma solo incuriosito i più appassionati sicchè “Aes” il secondo
pezzo estrapolato da “Secta”, loro primo full-lenght, preannuncia uno
scenario quasi apocalittico fatto di ritmiche marziali ed alternanze ed
intrecci tra le due voci. Peccato solo per un persistente ronzio del basso di
Fabio Fraschini, che ci ha accompagnato per tutta la durata della performance
ed ha penalizzato l’ottimo live di questa band romana.
E’ la volta di “Ferrum” cantata unicamente in
scream e di “Aurum” che ripropone la formula del duetto, con synth dalla
melodia lugubre e sezioni ritmiche lente. “Alcyone”, brano scelto per il
loro primo video musicale, ci conduce, come una sorta di marcia,verso la
conclusione di questa suggestiva cerimonia sonora.
Siamo giunti al culmine della serata e già si vede
l’avanzare del pubblico tra le prime file, che in quest’occasione sembra essere
particolarmente numeroso, soprattutto per quanto riguarda la presenza
femminile. L’ultima band fa il suo ingresso celermente e all’annuncio del
cantante: “Noi siamo i Forgotten Tomb!” si da inizio allo show dei
beniamini della serata.
Aprono con l’energica “Rejected Existence” tratta da “Under Saturn Retrograde” del 2011, proseguendo immediatamente con la più recente “Deprived”, prima traccia dell’ultimo disco targato Agonia Records, “…And Don’t Deliver Us From Evil”, che con uno sludge doom dai ritmi non troppo lenti coordinati da Asher (Gianmarco Rossi), anima sia i musicisti che il pubblico. Il terzo brano in setlist, “Todestrieb” ha risvegliato i ricordi dei fan più nostalgici, sprigionando la più grigia malinconia, leitmotiv e tratto distintivo delle prime creature di Herr Morbid (Ferdinando Marchisio), membro fondatore e frontman del quintetto Emiliano.
Aprono con l’energica “Rejected Existence” tratta da “Under Saturn Retrograde” del 2011, proseguendo immediatamente con la più recente “Deprived”, prima traccia dell’ultimo disco targato Agonia Records, “…And Don’t Deliver Us From Evil”, che con uno sludge doom dai ritmi non troppo lenti coordinati da Asher (Gianmarco Rossi), anima sia i musicisti che il pubblico. Il terzo brano in setlist, “Todestrieb” ha risvegliato i ricordi dei fan più nostalgici, sprigionando la più grigia malinconia, leitmotiv e tratto distintivo delle prime creature di Herr Morbid (Ferdinando Marchisio), membro fondatore e frontman del quintetto Emiliano.
“A Dish Best Served Cold” ci viene servito
accompagnato dalla title track dell’album, chiave della svolta cruciale del
gruppo, “Negative Megalomania”, in un medley semi improvvisato, ma
suonato con totale disinvoltura. Ed è proprio in momenti come questo che
emergono le differenze tra band del circuito professionale e quelle meno
esperte. Se consideriamo che i Forgotten Tomb stilano la scaletta poco prima di
entrare in scena, è proprio il caso di dire che la classe non è acqua e
di acqua infatti ne gira ben poca sul palco…
Un altro salto nel passato con “Dayliht Obsession” che ha ricompensato le aspettative degli old school fans, perché diciamolo, un po’ di sano depressive non fa mai male e rievocare i tempi di “Springtime Depression” è stato doveroso,essendo una delle punte di diamante nel panorama black metal made in Italy.
Un altro salto nel passato con “Dayliht Obsession” che ha ricompensato le aspettative degli old school fans, perché diciamolo, un po’ di sano depressive non fa mai male e rievocare i tempi di “Springtime Depression” è stato doveroso,essendo una delle punte di diamante nel panorama black metal made in Italy.
Con “Specters Over Venice”, ricapitoliamo
nuovamente nel più vicino 2011 e tra melodie della lead guitar di A. (Andrea
Ponzani) dalle sfumature più gothic, si riprende fiato per un altro medley
all’insegna dell’amarcord e dal sapore più melanconico del precedente,brani
come “Disheartenment” , “Alone” e “Steal My Corpse” fanno
venire la pelle d’oca anche ai cuori più impenetrabili e dopo un breve momento
di complicità tra il cantante ed il bassista Algol (Alessandro Comerio), si
chiude il medley. Il gruppo abbandona il palco suscitando il dissenso dei
presenti, ormai tutti completamente in ammirazione.
Quest’ultimo live show è andato liscio come l’olio, suono perfetto, coinvolgimento reciproco sotto e sopra il palco, esecuzione magistrale e ottima selezione dei pezzi. Ma le sorprese non sono ancora terminate e a seguito di ripetute acclamazioni del pubblico, i Forgotten Tomb rientrano in sala per congedarci con un ultima emozione di “Under Saturn Retrograde”, “Shutter”,salutandoci poi calorosamente si ritirano definitivamente dietro le quinte.
Quest’ultimo live show è andato liscio come l’olio, suono perfetto, coinvolgimento reciproco sotto e sopra il palco, esecuzione magistrale e ottima selezione dei pezzi. Ma le sorprese non sono ancora terminate e a seguito di ripetute acclamazioni del pubblico, i Forgotten Tomb rientrano in sala per congedarci con un ultima emozione di “Under Saturn Retrograde”, “Shutter”,salutandoci poi calorosamente si ritirano definitivamente dietro le quinte.
Ancora una grande serata ci è stata regalata dal Closer Live Club e dalla
sua splendida organizzazione.
Video
intervista Forgotten Tomb @ Closer – 01 11 2014
Intervista a cura di Susanna Scura
Editing a
cura di Headbanging Production
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