La biblioteca Einaudi
di Correggio, ospitata in uno splendido palazzo rinascimentale, è stata teatro
di uno stimolante incontro col critico musicale, saggista e musicologo
fiorentino Antonello
Cresti incentrato su due titoli della
sua eclettica bibliografia: Solchi
sperimentali, uscito lo scorso anno, ed il recentissimo Solchi sperimentali Italia, entrambi
pubblicati da Crac Edizioni.
Si tratta di indagini
su musiche “altre”, dedicate a chi vuole battere percorsi meno convenzionali,
antologie dell’avanguardia più illuminata dove si dissezionano e disaminano
materiali eterogenei: sofisticate sperimentazioni di fior di musicisti e fieri
non-musicisti contemporanei, suggestive installazioni multidimensionali di
scultori del pentagramma, furibondi assalti cacofonici di provocatori e
rumoristi, eccentriche bagatelle di effimeri antieroi ai margini dello
show-biz, eteree meditazioni di viaggiatori cosmici, ma anche opere più diffuse
di personaggi di culto underground nonché di qualche volto noto al grande
pubblico, tutti però accomunati dalla “volontà di spingere i limiti
dell’espressione il più lontano possibile, magari abbattendoli del tutto”.
Ecco allora delinearsi
un itinerario di ascolti spericolati che, pur passando tra solchi ormai
classici a firma Battiato, Area, Banco o Rocchi, si spinge verso nomi meno
conosciuti (Between, Messina e Lovisoni, Siver Apples o Glenn Branca) o del
tutto sconosciuti ai più (Don Bradshaw, N.A.D.M.A., Nick Carter o Yatha
Sidhra).
Ma continuare
sciorinando elenchi sarebbe davvero inconcludente, vista l’abbondanza degli
autori proposti.
E poi ci sono gli
straordinari titoli in cui le trattazioni vengono articolate, sintesi
fantastiche ed immaginifiche della varietà e ricchezza dei materiali trattati.
Qualche esempio: Mitteleuropa a Stelle e Strisce, Nova Musicha Akusmatika, Yoga
Druidico e Tutti i colori dell’oscurità. Davvero efficaci.
L’ultimo volume
divulgato, quello dedicato alla scena nazionale e munito di intonarumori
futurista in omaggio ai discendenti di Russolo sulla copertina, è inoltre
arricchito da un cospicuo apparato di interviste, mi pare siano oltre 150, ai
protagonisti di questi microsolchi e microcosmi tanto affascinanti quanto
raramente studiati e ancor meno sistematizzati come in questi brillanti saggi.
Cresti, nel corso
della serata, ha piacevolmente illustrato molti dettagli del suo viaggio nella
musica di ricerca, questa la sua definizione preferita, che ha volutamente
evitato gli aspetti meramente accademici ed “alti” e si è rivolta
principalmente a chi ha saputo innovare all’interno di contesti e stili popular
prevalentemente giovanili, e ha tracciato le coordinate di un’esplorazione che
l’ha portato a spaziare in ambiti di autentica eccellenza dei nostri artisti
che spaziano dall’industrial al death metal, da una contro-new wave che
prescindendo dai soliti noti e muovendosi su binari d’ispirazione Tuxedomoon
lungo l’asse Bologna-Firenze, ricchissima di fermenti controculturali nei
dinamici 80s, approdò verso sonorità più disturbanti e corrosive, alla
cosiddetta attualissima Italian occult psychedelia (il tag è di Julian Cope,
attento conoscitore delle realtà alternative più vivaci).
Tanti i temi trattati
ed i nomi citati dallo scrittore toscano: si è parlato della primogenitura
dell’ascendenza velvetiana ne Le Stelle di Mario Schifano, della via
mediterranea alla Third Ear Band del progetto Aktuala, e ancora della risonanza
internazionale dei nostri compositori elettroacustici e degli inevitabili
limiti imposti dalla globalizzazione nella strenua lotta per affrancarsi dal
giogo culturale anglocentrico e dalla vacua pervasività dell’ebete brusio della
muzak imperante.
Molto interessante anche
la sua analisi sull’insospettato successo, in termini numerici e di influenza
seminale, di alcuni tesori discografici che hanno visto recentemente la luce
dopo anni di assenza di ristampe, in alcuni casi propriamente di stampe,
reperibili. Fenomeno che smentirebbe l’alone da cospirazione carbonara spesso
associato a questi lidi sonori.
In particolare si è
soffermato sulle meritorie riedizioni di Lino Capra Vaccina, Luciano Cilio ed
Ensemble Dissonanzen, tutte a cura della milanese Die Schachtel.
Una piacevolissima
conversazione dunque, stimolata dalle acute domande ed osservazioni di Fabrizio
Tavernelli, già animatore del Consorzio Produttori Indipendenti, che ha svolto
il ruolo di moderatore per poi impreziosire l’after hours con una performance
electronica che ha visto anche la partecipazione di Enrico Marani.
Concludendo, una
serata da cui ogni presente è uscito quantomeno incuriosito se non
assolutamente conscio dell’imprescindibilità dei due volumi dedicati ai solchi
sperimentali, realmente due passe-partout per scardinare luoghi comuni ed
ovvietà discografiche, due lussuose scialuppe per navigare oltre le colonne
d’Ercole dei dettami codificati dalle major e dei più ovvi canoni indie, che
non potranno mancare nella libreria di chi vorrà non solo riscoprire aspetti
meno conosciuti di antichi monumenti vinilici, ma anche spingersi oltre il
mainstream ed il conosciuto avventurandosi nel mare magnum dell’odierna offerta
multimediale con un infallibile sestante.
Come recitava lo
slogan dell’ineffabile The Wire: Adventures in Modern Music!
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