“Nightingale”
di Stefano
Caviglia
Forse sarà un caso, ma la parola “nightingale” in inglese
significa letteralmente “usignolo”, che è anche il titolo della prima traccia e
di tutto questo lavoro di Giuditta
Scorcelletti.
Dell’usignolo ha sicuramente la dolcezza, la naturalità e la
spontaneità, ma a tutte queste caratteristiche è necessario, strettamente necessario,
aggiungere… sentimento, pathos, una
personalissima attitudine interpretativa molto coinvolgente, ma
soprattutto un grande cuore.
Il cuore, appunto, il luogo
dei sentimenti, delle speranze, della disperazione e di una svariata gamma di
pulsioni e tensioni, ma soprattutto l’amore.
E’ importante sottolineare le origini musicali della protagonista
che nasce come “artista di strada“, quindi con il desiderio di esprimere il
proprio talento, il proprio essere, senza chiedere nulla in cambio, forse solo
la possibilità di potere cantare liberamente.
Sicuramente Giuditta avrà cantato mille canzoni sue e altre di
altri autori - canzoni popolari e folk - , avrà sicuramente suonato mille e
mille accordi e arpeggi di chitarra.
Ha dato sicuramente molto.
Si dice che a volte il destino è cinico e baro, sì, a volte ! Ma a
volte per fortuna no!
E questo “NO” non porta un nome qualsiasi ma risponde al nome di Mr. Michael Hoppé, scopritore di talenti musicali, come Jean Michel Jarre e Vangelis
(pensare agli Aphrodite’s Child qualche
brivido viene).
Hoppè viene colpito dalla voce e dalla capacità interpretativa di
Giuditta e di qui prende corpo e si sviluppa l’idea di un disco (una volta si
diceva così), comunque di un progetto musicale con composizioni di M. Hoppè
stesso e i testi del paroliere David
George, interpretati, naturalmente da Giuditta Scorcelletti.
Hoppè e David, in questo lavoro impegnativo hanno voluto
mantenersi in un ambito musicale che si potrebbe definire “ rassicurante” .
Le varie linee melodiche e le armonie sono per l’ascoltatore di
approccio piuttosto semplice e lieve, non si trova spazio per una qualche
soluzione armonico-melodico particolarmente originale e questo può valere anche
per i testi del comunque talentuoso
David George.
Il tutto rappresenta una soluzione che seppur risultando “facile”
è sicuramente omogeneo, quindi la parte lirica
non fa certo a pugni con la parte musicale, e traspare una felice
simbiosi.
Nasce spontaneo il “sospetto” che i due artisti britannici abbiano
voluto scientemente trovare una soluzione di questo tipo per un solo motivo e
molto importante: mettere in massimo risalto la splendida voce della cantante.
Nei testi delle canzoni scritti da George si parla dell’argomento
nello stesso tempo più facile e difficile da affrontare, facile perché l’amore
è il sentimento principe dei sentimenti, la causa di gioie, dolori, speranze,
sofferenze che accompagnano la vicenda delle donne e degli uomini da sempre,
difficile perché nessuno fino a questo momento è stato in grado di dare una
definizione dell’ amore.
Si possono creare delle immagini e intrecciarle con delle armonie,
melodie e dare loro una voce.
Forse, tentando di dare uno schema, si può affermare che il
“gioco” sia questo… immagini-musica-interpretazione.
Una sorta di squadra il cui gioco e il risultato appaiono in vari casi efficaci, in altri momenti un
po’ prevedibili, forse scontati, considerando le immagini offerte dalle liriche
e dall’utilizzo ripetuto della “rima baciata”, ma è probabile che sia solo un
problema di traduzione.
Jailbirdis è un brano molto coinvolgente,
non parla solo di amore, ma racconta della mancanza dell’amore, e dove
non c’è libertà l’amore non può avere respiro.
Come in “The wall”, dove
si avverte chiara la sofferenza di due persone che si amano, che sperano, che
soffrono la loro impotenza, anche in questo caso a causa della mancanza di
libertà, questa volta non rappresentata dalle sbarre di una cella ma da un
muro.
D. George sceglie di “sposare” spesso amore e libertà , come non
dargli ragione!
La parte musicale di Hoppè è il collante che tiene insieme il tutto
con melodie molto dolci (non può essere altrimenti) ma con scelte armoniche
molto articolate, mai scontate anche se la base sulla quale Hoppè lavora è
rappresentata da ballate scritte in 3/4
e a volte in 4/4: ricordiamo che stiamo parlando di una cantante folk !.
Una menzione particolare è necessaria per “For what it’s worth”, dove Giuditta regala una interpretazione
toccante ed intensa, considerata la difficoltà della melodia e l’estensione
vocale richiesta; bello il testo e gli arrangiamenti con una sapiente e
virtuosa chitarra ad arricchire il
brano.
Non sono assolutamente da dimenticare il musicisti che hanno
partecipato e contribuito alla riuscita di questo lavoro.
Alessandro
Bongi-chitarre, tastiere
Silvio
Risaliti-violoncello
Andrea Beninati-violoncello
Ettore Bonafè-percussioni
Ferruccio Scorcelletti-armonica
Pierpaolo Sicuro-flauto
Marco Marzo-oud
Duccio Limberti-controcanti
Clara Harmonia Coro Giovanile di Poggibonsi diretto da Tanja Kustrin
Giuditta Scorcelletti, Michael Hoppè,
David George, e tutti i musicisti hanno dato vita ad una bella e
piacevole pagina musicale, certamente con luci e qualche ombra.
Ma la nota saliente, l’aspetto più importante di questo
progetto, forse il vero obiettivo è stato raggiunto, ossia quello di mettere in
meritatissimo risalto una cantante con una bellissima voce, che sa utilizzare
con tecnica, istinto, grande generosità e talento.
Riascoltandola, viene da pensare che in un futuro non
troppo lontano a Giuditta possa venire la tentazione di visitare qualche altro
“ambiente musicale”.
Se cosi fosse, lo farà con il talento e le capacità
dimostrate, il cuore e soprattutto la sua Toscanità.
Tracklist
1 The
Nightingale
2 The Golden
Leaves
3 Mind How
You Go
4 I Am The Moon
5 Unexpected
6 Jailbirds
7 I Will Be
There
8 The Wall
9 The Moon
and I and You
10 Love
Overflows
11 The
Bedroom Mirror
12 The
Widower’s Waltz
13 Ave Maria
13 For What
It’s Worth
15 L’usignolo
16 Catalina
Contatti
Michael
Hoppé: www.michaelhoppe.com
Spring Hill Music: springhillmedia.com
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