NORA PRENTISS -"They made mistakes
too"
(LIZARD CD 0125)
L'origine
del sound di "They made mistakes too"
non è facile da tracciare.
In un certo senso è la summa di una vita di ascolti musicali per Pietro Guarracino, riferimento centrale dei NORA PRENTISS. Ascolti molto eterogenei fra di loro.
In un certo senso è la summa di una vita di ascolti musicali per Pietro Guarracino, riferimento centrale dei NORA PRENTISS. Ascolti molto eterogenei fra di loro.
Certo è
che più in generale l'idea di sound per i Nora Prentiss all'inizio del suo
percorso era molto diversa. Una formazione jazz classica,
chitarra/sassofono/basso/batteria, per un'idea di jazz band non proprio
classica, ma neanche tanto fuori dai binari.
E poi piano piano, una composizione alla volta, i confini si sono allargati talmente da rendere chiaro alla band che solo di jazz non si trattava proprio più.
Ci sono accostamenti e influenze quasi paradossali fra loro: dallo stoner/post-hardcore di Mastodon, Kyuss e Neurosis (The List Of Adrian Messenger), al post-rock di Mogwai, Explosions In The Sky e Russian Circles (Bloodflood, The Swan), passando per il jazz contemporaneo del Pat Metheny Group, inevitabile influenza di Guarracino (Room n.4, Lee's Summit) e un certo mathrock alla Don Caballero (Idioteque) , per arrivare a "estremi musicali" inaspettati come il jazzcore degli italianissimi Zu e il free jazz radicale di Eric Dolphy e Ornette Coleman (Hat And Beard) e i canti gregoriani (Green Is That Time Of The Year), il tutto filtrato da una sensibilità progressive anni '70 (Green Was The Light In Your Eyes) e più generalmente quasi "cinematografica", altra grande passione di Guarracino (e non per niente il disco apre con un arrangiamento/stravolgimento del tema di un noir anni '60).
Un arcobaleno musicale in continuo mutamento e movimento.
E poi piano piano, una composizione alla volta, i confini si sono allargati talmente da rendere chiaro alla band che solo di jazz non si trattava proprio più.
Ci sono accostamenti e influenze quasi paradossali fra loro: dallo stoner/post-hardcore di Mastodon, Kyuss e Neurosis (The List Of Adrian Messenger), al post-rock di Mogwai, Explosions In The Sky e Russian Circles (Bloodflood, The Swan), passando per il jazz contemporaneo del Pat Metheny Group, inevitabile influenza di Guarracino (Room n.4, Lee's Summit) e un certo mathrock alla Don Caballero (Idioteque) , per arrivare a "estremi musicali" inaspettati come il jazzcore degli italianissimi Zu e il free jazz radicale di Eric Dolphy e Ornette Coleman (Hat And Beard) e i canti gregoriani (Green Is That Time Of The Year), il tutto filtrato da una sensibilità progressive anni '70 (Green Was The Light In Your Eyes) e più generalmente quasi "cinematografica", altra grande passione di Guarracino (e non per niente il disco apre con un arrangiamento/stravolgimento del tema di un noir anni '60).
Un arcobaleno musicale in continuo mutamento e movimento.
Formazione:
Pietro Guarracino: guitars
Yuri Romboli: saxes
Alessandro CIanferoni: bass
Emanuele Bonechi: drums
Yuri Romboli: saxes
Alessandro CIanferoni: bass
Emanuele Bonechi: drums
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