Live
Report della terza giornata del “SolDoFa Fest” organizzato dal Circolo Qualude:
Foto e video dei concerti di Labyrinth, Ashen Fields e Tornado
Un (altro) festival musicale all’aperto a
Genova nell’estate del COVID? Yes, we can! Sicuramente una stupenda sorpresa,
se poi si aggiunge il fatto che gli headliner della giornata di chiusura sono i
Labyrinth, band che mi riporta ai primi anni in cui scoprivo l’heavy metal, in
piena esplosione power, e che avrebbero già dovuto suonare a Genova a inizio
marzo ma si sa com’è andata… Un evento, ancora una volta, da non perdere.
Parliamo della tre giorni di SolDoFa Festival,
organizzato dal Quaalude Club, CIV Sarzano Sant’Agostino, con il patrocinio di
M.I.G. (Musicisti Indipendenti Genova) e da LocaLive. Il fest si svolge in una
Piazza Sarzano praticamente trasformata dall’ultima volta che l’avevo vista,
senza macchine e col palco davanti alla chiesa.
Il fest, riporto dalla pagina FB dell’evento,
“si chiama SolDoFa perché sosterrà la campagna di raccolta fondi omonima che il
Circolo (Quaalude) ha promosso lo scorso maggio per sostenere i musicisti e i
circoli dove si fa musica, per evitare che tra le tante vittime del virus ci
siano anche la nostra amata musica, i professionisti che la suonano e i locali
che la ospitano”. Chapeau! Speriamo la rassegna sia servita anche in questo
nobile intento.
Chioschetto con birrette e panuozzi, gelati e
persino arrosticini, buona musica, bellaggente, e si parte. Uniche pecche della
serata: assenza di bagni e un suono non sempre eccellente.
La terza e ultima serata del SolDoFa è
all’insegna del metallo rovente, infatti quando arrivo in cima alla collina
(Run to the Hills?) di Sarzano i Tornado stanno ancora facendo il soundcheck e
il tutto mi ricorda le rassegne studentesche e i vari concerti a cui ho
partecipato, sia sul palco che sotto, e le atroci ore in cui il sole è ancora
bello alto nel cielo, e le band di apertura si preparano per il loro set tra un
“alza la chitarra in spia” e il rischio accecamento + ustione… massima
solidarietà, ragazzi!
Tornado
I “Tornado - Tribute to the best metal bands”
sono ormai abituè dei palchi dei (pochi) locali genovesi, sono in attività da
ben 10 anni e la band è composta da: Luca D’Angelo (chitarra e voce, mi ha
ricordato a più riprese il mitico John Gallagher dei Raven, che però è
bassista, ma sono entrambi fan del microfono stile “pilota dell’elicottero” e
degli strumenti a corde dalla forma spigolosi), Davide Curreli (chitarra),
Dennis Madden (basso) e Luca Barone (batteria). I nostri hanno la giusta carica
e si vede che sono dei veri metalheads. Sia la scelta delle canzoni che la
riproposizione sono sempre convincenti.
Il loro repertorio è composto sia da canzoni
che conoscono anche le pietre (fatto che rimarcano con ironia, sempre
apprezzatissima, loro stessi dal palco) che da alcune chicche per veri nerd del
metallo, come la fotonica “Metal Thrashing Mad” degli Anthrax o, andando a
scavare ancora più a fondo, “Stonewall” degli Annihilator e “Snakebite” dei
Racer-X, band del mostruoso chitarrista Paul Gilbert.
Il resto è un susseguirsi di “Aces High”,
“Symphony of Destruction”, “A touch of Evil”, “Enter Sandman”, “Tornado of
Souls” e altre canzoni da “Best of” dell’heavy metal, proprio come recita il
nome della band.
Di solito trovo le cover band “generiche”
insopportabili (niente di personale, ne ho fatto parte per molti anni) ma qui
mi permetto di fare alcuni distinguo: la fame di musica dal vivo era TANTA, e
alcune delle corde toccate con alcune canzoni suonate sono state quelle che ti
accendono la fiamma quando sei davvero piccolo, cose che non si dimenticano. I
Tornado sono simpatici e non spocchiosi, si divertono sul palco e si vede, e
questa “presa bene” è effettivamente contagiosa. Bello vedere anche tante
persone di tutte le età scatenarsi sotto il palco.
In ultima analisi apprezzo l’intento di voler
scavare un po’ più a fondo da parte dei Tornado e farci ascoltare alcuni brani
che, effettivamente, neanche le band “originali” suonano più da tanto. Volendo
andare a spaccare il capello, anche le canzoni “famose” che vengono riproposte
stasera, in alcuni casi, non sono un po’ più da “fan incalliti”, e meno da
“best of”. To the next one!
Cambio palco, il sole ormai è quasi calato e l’atmosfera si fa più “dark” per un’altra formazione genovese, gli Ashen Fields. Nell’evento FB della serata vengono descritti come “originali” per cui c’è una certa curiosità. Non li ho cercati prima di andare al concerto per cui la sensazione è un po’ quella, ormai sempre più rara dato che tutto è a portata di click, di essere a un passo dallo scoprire qualcosa di nuovo.
Un look à la “Cradle of Filth/band metal
estremo ma con piglio melodico” anni ‘90 (ma senza face painting, che comunque
avrebbe avuto vita brevissima viste le temperature!) non lascia troppo spazio
all’immaginazione, e infatti la proposta musicale è in linea con le coordinate
stilistiche, ma forse è più corretto parlare di un certo “sentire”, che band
quali Dark Tranquillity, In Flames, Cradle of Filth e Paradise Lost (ci metto
anche gli Opeth degli esordi, toh) hanno descritto meravigliosamente ormai più
di 20 anni fa.
Il metal degli Ashen Fields, appropriatamente
definito da loro stessi “Symphonic Death Metal”, è complesso e ricco di cambi
di atmosfera. I richiami alle band e alle sonorità descritte sopra sono
evidenti per chiunque conosca il genere: come detto, i rimandi non sono tanto a
questa o quella band “nello specifico”, ma la loro musica mi ha continuamente
ricordato quelle sonorità.
La band, composta da Julio Rossanigo (voce),
Davide Manzi e Jacopo Ruggero (chitarra), Fabio Mereta (basso) e il turnista
Alessio Fanelli aka Attila (batteria), si dimostra convincente e compatta sul
palco. Le tastiere e orchestrazioni varie, di cui in studio si occupa Davide
Manzi, sono qui riproposte sotto forma di basi musicali, senza nulla togliere
all’impatto e alla carica, anche emotiva, dei brani.
Furiosi passaggi con blast beats, schitarrate a volte veloci a volte lentissime, si alternano ad aperture melodiche davvero malinconiche e assoli al limite del neoclassico, il tutto sempre accompagnato da un cantato a metà strada tra screaming e growl, con occasionali cantati puliti. Una musica che vi farà sentire come quando avete ascoltato “The Gallery” dei Dark Tranquillity per la prima volta e vi siete chiesti “come è possibile unire potenza e tristezza in modo così efficace”?
Gli Ashen Fields, per come li ho intesi io,
pescano a piene mani da quella affascinante tradizione metal, prettamente
europea, che si è sviluppata negli anni ‘90, con un pizzico di personalità. Una
proposta non immediata né di facile assimilazione ma che farà sicuramente
breccia nel cuore di chi ama certe sonorità.
Purtroppo la resa sonora non è delle migliori
e questo sicuramente penalizza i ragazzi. Avendo poi avuto modo di
approfondire, posso comunque confermare le mie ottime impressioni appena
descritte.
Fa davvero molto piacere vedere una band di
ragazzi così giovani prendere la musica in modo così professionale (hanno già
un EP alle spalle e sembrano belli lanciati) e cercare di creare musica
propria.
Ashen Fields
Dopo questo salto carpiato all’indietro nella
Svezia del 1995, è ora del cambio palco “più atteso della giornata” e infatti,
dopo due piacevolissime sorprese (i Tornado e gli Ashen Fields), è ora di
addentrarsi in quel labirinto di paradiso perduto e figli dei fulmini senza
limiti. Che vaneggio è questo? Ma sto ovviamente parlando dei Labyrinth.
Per capire cosa hanno significato i Labyrinth
nel panorama metal italiano e, oso, mondiale, bisogna anche qui fare un bel
passo indietro e ricordarsi di come, nell’Italia di fine anni ‘90, TUTTE le
riviste specializzate (il compianto Metal Shock gestione Borchi, Metal Hammer
con Signorelli, per citare le più famose e rinomate), non facessero altro che
parlare della rinascita del power metal e, di conseguenza, dell’emergere, anche
in Italia, di alcune band clamorose che negli anni successivi avrebbero
letteralmente conquistato tutto il mondo.
I primi erano i Rhapsody (non i Rhapsody of
Fire, i CiccioPasticcio’s Rhapsody o una delle infinite diramazioni, di cui è
difficilissimo seguire le vicende, tutt’oggi esistenti), nella versione
“sbarbatelli” e molto prima che la band implodesse in mille direzioni diverse.
I Rhapsody avrebbero cambiato il modo di intendere il power metal sinfonico di
lì a poco con due capolavori: “Legendary Tales” (1997) e “Symphony of Enchanted
Lands” (1998).
Gli ottimi comprimari dei Rhapsody, e la band che
veniva citata sempre insieme a loro, erano proprio i Labyrinth, che nel 1998
hanno pubblicato per la storica etichetta ameregana Metal Blade un capolavoro
del power metal italiano chiamato “Return to Heaven Denied”.
Labyrinth
Di acqua sotto ai ponti ne è passata tanta ma
in una prima analisi si può già dire che ciò che non è cambiato minimamente è
l’incredibile voce di Roberto Tiranti, oggi eccezionalmente anche in veste di
bassista a sostituire Nik Mazzucconi (a parte per l’iniziale “Moonlight”, dove
al basso ritroviamo Dennis Madden dei Tornado) e alla guida di una band che,
tra alti e bassi, è ancora qui, testimonianza di una passione mai scalfita per
una musica potente, orecchiabile, ricca di spunti e variazioni.
Ad accompagnare Roberto - fu Rob Tyrant -, che
gioca in casa, troviamo alcuni altri componenti della formazione di fine anni
‘90, ossia Olaf Thorsen e Andrea Cantarelli (quest’ultimo sotto il nome,
all’epoca, di Anders Rain). A questi si sono aggiunti negli anni, e quindi
anche stasera sul palco, Oleg Smirnoff alle tastiere e il dinamitardo Matt
Peruzzi alla batteria, quest’ultimo una delizia per gli amanti della doppia
cassa.
Avevo già visto i Labyrinth al compianto
Evolution Fest 2006 e già allora ne rimasi colpito. Questa sera assistiamo a
una carrellata di brani vecchi e nuovi, molti dei quali tratti dal già citato
“Return to Heaven Denied” (inclusa la tamarrissima e techno “Feel”, che scopro
solo oggi essere una cover, in chiave power metal, di una canzone di Cenit X
nel suo remix by Legend B… viva gli anni ‘90). Oltre a sciabolate power/speed
quali “Lady Lost in Time” e “Thunder”, la scaletta pesca a piene mani un po’ da
tutti gli album di Labyrinth, regalandoci un concerto sicuramente vario e
sempre interessante.
Roberto è un vero intrattenitore dalla battuta sempre pronta e risulta effettivamente divertente ascoltarlo mentre ci porta tra un brano e l’altro della scaletta. Aneddoti, storielle dell’epoca, botta e risposta dal pubblico (spesso incentrati sulle frequenti invocazioni al divino che provengono dalle prime file, il tutto in chiave assolutamente goliardica e “di cazzeggio”), siparietti: non solo musica sotto il cielo di Genova, insomma.
Per chi non lo sapesse, il power metal, con la
sua doppia cassa “a elicottero” a farla da padrone, è una musica dal ritmo
molto incalzante e regolare, e le grandi aperture melodiche, gli assoli alla
velocità della luce e il tipo di cantato, melodico e con voce pulita, la
portano a volte ad essere assimilabile, per intenzioni e, appunto, ritmicità,
al tipo di musica che potrebbe accompagnare un allenamento in palestra. Questa
è una delle battute “classiche” che si possono sentire negli ambienti metal di
tanto in tanto. Provate voi stessi a mettere “Moonlight” in cuffia a tutto
volume e fare spinning. Risultati garantiti!
Non potevo quindi credere ai miei occhi quando
ho visto un gruppo di ragazzi e ragazze lasciarsi trascinare dalle canzoni dei
Labyrinth e mimare movimenti da allenamento a corpo libero, o come fossero
dentro una vasca per l’acquagym… ovviamente è stato il momento più delirante e
indimenticabile della serata… su le mani! Uno, due, tre, quattro!
Labyrinth-ginnastica
Sicuramente la band più attesa della serata, i
Labyrinth non deludono e ci anticipano che i lavori per il prossimo album sono
appena cominciati. Questo concerto e questa notizia rappresentano per me
un’occasione per riscoprire una band a cui ero molto affezionato “da piccolo” e
che per un motivo o per l’altro ho un po’ perso di vista.
Poco prima delle 11 cala il sipario in una
bellissima serata di musica cazzuta e interessante per gli amanti delle
sonorità più ruvide.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno
messo su questa manifestazione di cui c’era davvero tanto bisogno dopo questi
mesi di “stecchetto” e spero vivamente che la raccolta fondi sia andata bene.
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