Andrea Torello –
“Blend”
di Alberto Sgarlato
Andrea Torello, un po’ in tutta la
Liguria, è uno degli artisti più stimati e ben voluti. Stimato per la
professionalità con cui ha sempre affrontato i progetti musicali che gli sono
stati proposti. Ma “ben voluto” nel significato più letterale del termine, per
quella forte carica di umanità che ha saputo infondere in ogni band di cui ha
fatto parte.
Una “gavettaccia” di quelle vere, come una
volta, suonando in giro nei locali più piccoli e nei paeselli più sperduti,
iniziata fin da ragazzino, poco più che bambino, caricandosi (o “camallandosi”,
come si dice in dialetto ligure) il basso e l’amplificatore in autobus, quando
era talmente giovane da non avere ancora la patente.
E quindi, di conseguenza, tanta esperienza.
Nelle cover band di vari generi, dall’hard rock alle proposte più ballabili. E
svariati tributi, dei gruppi più disparati: i Pink Floyd e i Queen, John
Fogerty e i Creedence Clearwater Revival, gli Europe.
E poi le esperienze con la musica originale:
dai Qirsh, vera band di “rock alternativo”, con pennellate di prog italiano che
si stemperano nell’indie rock in stile CSI, fino ai Night Cloud, band di
prog/power metal epico e sinfonico.
Una versatilità fuori dal comune, come si
capisce da un curriculum di tale livello, unito a quella solida esperienza
maturata negli anni.
Ma in tutto questo, Torello probabilmente non
ha mai percepito la sensazione di consegnare al mondo qualcosa di veramente
suo. Ed ecco, quindi, il via ad un percorso solista e l’arrivo a questo
“Blend”, che non è il suo debutto ma è, ad oggi, probabilmente la sua opera più
matura e compiuta.
Quando si parla di “percorso solista”, nel
caso di Andrea Torello, il termine è quanto mai preciso: nei suoi album,
infatti, il polistrumentista savonese affianca al basso, il suo strumento
principe fin dall’adolescenza, anche un nutrito parco di chitarre, tastiere e
percussioni, oltre a curare personalmente le varie fasi della produzione.
Ma la “visione musicale” di Torello non si
ferma qui. E attenzione: la sinestesia generata dai due termini “visione” e
“musicale” non è affatto casuale. L’approccio alla composizione di questo artista
è qualcosa di olistico e cinematico, per il quale la musica giunge a
compiutezza se abbinata alle immagini. Ed è per questo motivo che in “Blend” per ciascuna traccia audio è stato
realizzato anche un video, con la volontà che i due supporti (musicale e
visivo) siano inscindibili l’uno dall’altro. Da qui il termine “Blend”, che in
inglese significa appunto fusione o miscela.
E proprio come in una fusione, in una
miscela, nel calderone torelliano, totalmente strumentale, confluiscono le
influenze di tutto ciò che più lui ha amato in una vita di ascolti:
l’elettronica di Sakamoto e l’impalpabilità della new age; la dark-wave elettronica
dei Japan e le imprevedibili geometrie matematiche dei King Crimson; l’amarezza
e lo struggimento dei Radiohead, dei Talk Talk, dei Tears for Fears; la vastità
dei paesaggi uditivi generata dai Pink Floyd e il talento immaginifico di tutti
i più grandi compositori di colonne sonore di questo Nuovo Millennio.
Doveroso però, menzionare i “compagni di viaggio” che affiancano Andrea Torello in questo cammino: ben tre diversi pianisti che si avvicendano, Simone Piccolini in “Midnight sky”, Francesco Mancuso in “Red leaves” e in “A beat of wings” e Carlo Speranza in “I’m water”; le chitarre elettriche e acustiche di Daniele Ferro (“Heartbeat”, “A beat of wings”, “Talk to me”, “Road to you”), la batteria di Giulio Mondo (“Heartbeat”, “Talk to me”, “Road to you”).
Ovviamente un’opera così “sinestetica” è
decisamente complessa da realizzare: il lavoro nel suo insieme ha richiesto
circa un paio d’anni, nel corso dei quali Andrea Torello ha dilazionato i vari
video sulle piattaforme online. Un’attività di divulgazione che rende obsoleto
il concetto di “album” come lo abbiamo sempre immaginato e lo traghetta verso
nuovi e più moderni linguaggi.
Quindi, proviamo a fare un viaggio a ritroso
nel tempo, per arrivare alle più recenti pubblicazioni ma partendo da “Midnight Sky”: un effetto time-lapse ci guida in volo sopra i tetti di una città
che passa dal tramonto alla notte piena, prima dall’alto e poi in mezzo alle
strade, mentre lunghi e morbidi tappeti e arpeggiatori ossessivi evocano le
suggestioni delle colonne sonore di John Carpenter.
“The way of inspiration” è
ambientato in Islanda, tra distese di ghiaccio, cieli stellati e aurore
boreali, mentre la musica, con ieratica lentezza, trasmette lo stesso senso di
vuoto e di gelo di quei luoghi.
Dall’inverno perenne passiamo ai colori
autunnali di “Red Leaves”, brano fortemente incentrato su
costruzioni pianistiche che, come le immagini del video, sembrano disegnare un
“autunno dell’anima”, più che dei luoghi, tra la malinconia e il desiderio di
rinascita e di calore di un raggio di sole tra gli alberi nel bosco.
Quante volte ci sembra di scorgere di
sfuggita un volto familiare o a noi caro in mezzo alla folla? Proprio di questo
parla “Heartbeat”. Il video contiene un tragico inserto legato un
fatto di cronaca realmente accaduto. E c’è anche una piccola curiosità: il
protagonista, nel suo inseguire una persona, viene trattenuto da un conoscente
che, come si dice in questi casi, “gli attacca un bottone” per strada. E quella
comparsa… è proprio Andrea Torello!
Il brano “Heartbeat” è, tra le tracce del
disco, forse quella meno eterea e meno ambient, più legata a canoni rock, sia
negli arpeggi chitarristici, sia nello struggente solo di chitarra conclusivo.
“Dreams and reflections” è,
come dice il titolo, una delle tracce più oniriche. E infatti, per renderne
l’idea di impalpabilità, è stato scelto per il video un bianco e nero con dei
toni di grigio molto tenuti e molto scarichi. Qui le dilatatissime trame
strumentali sfiorano quasi la World-music, con sonorità elettroniche che
sembrano evocare i timbri di esotici e misteriosi strumenti etnici, così come
gli arpeggiatori generano nènie tribali. Solo alla fine un “tocco magico”
accenderà il tutto di colori sgargianti, al contrario ipersaturati proprio per
generare un senso di contrasto con il pallore iniziale.
Altra ballad pianistica è “A beat of wings”: suggestivi gli intarsi generati da chitarra e pianoforte,
mentre il “battito d’ali” del titolo è quello dell’arte inteso come via per
evadere dai muri della quotidianità.
Acqua come torrenti e cascate, acqua come
onde schiumose che si infrangono sugli scogli e sulla sabbia ma, su tutto,
ancora una volta il tema della pioggia, dell’autunno e della malinconia che
porta con sé, in “I’m water”, una delle tracce dal sapore più
“cameristico” e “sinfonico” dell’intera raccolta.
“Talk to me” ha un groove molto
presente e grandi inserti chitarristici, ma il “profumo” dato dalle tastiere
conferisce al tutto un “mood” quasi da colonna sonora di un film noir o un
giallo italiano a tinte fosche degli anni ‘70. Così come con la summenzionata
“Heartbeat” ci troviamo di fronte a uno dei brani più “strutturati” dell’intero
album.
“Road to you”, con il suo
pianoforte dal suono ovattato, con il suo incedere lento, con le sue
orchestrazioni sussurrate che crescono pian piano nel corso del brano e con le
dominanti “Orange & teal” del video che l’accompagna, non
sfigurerebbe affatto come colonna sonora per qualsiasi prestigiosa serie TV di
livello internazionale.
Con "Separate ways” si ritorna
al grande amore di Andrea Torello per l’elettronica. “Kozmitsche muzik”,
per usare il termine con cui il pubblico tedesco catalogava le colonne sonore
prodotte da band come Tangerine Dream e Popol Vuh. E non a caso, il video
annesso narra proprio le disavventure di astronauti nel cosmo. Eppure,
nell’alternarsi delle inquadrature, non c’è solo lo spazio: appaiono anche
quegli scorci di autunno che sembrano tracciare un po’ la cifra stilistica
dell’intera opera.
Insomma: come avrete capito è praticamente
impossibile scindere la musica dalle immagini e analizzare l’una senza
recensire le altre.
Ora sta a voi immergervi in questo lungo e grande viaggio.
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