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giovedì 16 aprile 2015

Alle porte della vitalità: Giuseppe Scaravilli dei Malibran, di Mauro Selis


Alle porte della vitalità: Giuseppe Scaravilli dei Malibran

I Malibran sono tra i gruppi progressivi che, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, hanno ridato dignità artistica ad un genere spazzato via dal periodo post punk.
Da ricordare, ad esempio, il disco capolavoro del 1993, “Le porte del silenzio”, che uscirà quest’anno remixato con bonus per Mellow Records, opera che si può già ascoltare gratis o scaricare a pagamento dal link:


Per approfondimenti sulla band vedi:

il sito ufficiale: http://www.malibran.it
Negli ultimi tempi Giuseppe Scaravilli, cantante/flautista/chitarrista del gruppo, ha dovuto affrontare una prova estremamente ardua, quella in cui ha rischiato di non essere più tra noi. Questa strenua sfida gli ha lasciato strascichi fisici imponenti ed invalidanti rispetto ad essere nuovamente il classico front-man del gruppo.
Ora, a distanza di poco più di tre anni dal suo primo ricovero, Giuseppe ci ha concesso un’intervista che è utile ad approfondire la sua personalità e a spiegarci che il progetto Malibran e il suo leader sono più vitali che mai.


L'INTERVISTA

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Giuseppe, come stai dopo il grave problema fisico del 2012?
Direi molto meglio, considerato il fatto che ho rischiato sul serio di andarmene! Ho subito l’asportazione del pancreas, ma, soprattutto, una successiva emorragia interna che mi ha mandato in coma per un mese, con conseguente lesione al cervelletto. Per questo oggi sono sulla sedia a rotelle, ho tremori alle gambe (se mi alzo in piedi) e alle mani, non parlo più in modo scorrevole. Però stavo molto peggio qualche tempo fa: oggi parlo meglio e riesco a camminare, se sostenuto da qualcuno o qualcosa. Ho ricominciato a suonare, sono in grado di salire le scale di casa (con il supporto delle ringhiere ravvicinate), mangio da solo e sono abbastanza autonomo. I medici hanno parlato di miracolo, dunque direi che non ho ragione di lamentarmi!

Quanto sono stati importanti i tuoi cari in questo periodo?
Moltissimo. Venivano a trovarmi ogni giorno in ospedale: questo per mesi interi. Anche in sala di rianimazione, nonostante io fossi in un altro mondo e non sapessi nemmeno che loro fossero lì. Quando sono “tornato”, poi, dormivano una notte ciascuno nella mia stanza d’ospedale, per assistermi in ogni momento. Al mio ritorno a casa hanno continuato a prodigarsi, senza lasciarmi mai solo. Mio padre è diventato in pratica anche uno dei miei fisioterapisti, il mio barbiere, il mio infermiere e, soprattutto, uno stimolo continuo ad osare di più. Ci pensa lui a prepararmi e a farmi assumere le varie medicine, giorno per giorno. A controllarmi la glicemia e a farmi le quotidiane quattro somministrazioni di insulina (naturalmente, non avendo più il pancreas, ho il diabete!). E’ sempre in giro per qualcosa che mi riguarda o per portarmi nei vari centri di fisioterapia. E pure in piscina, per qualche tempo. Di mia madre non parliamo nemmeno. Si sa come sono le mamme per i figli: bene, la mia di più. Tra l’altro, con me era così anche quando ero in salute, figuriamoci adesso!

Alcune persone uscite dal coma raccontano esperienze di percezione del mondo esterno nonostante il loro stato incosciente, a te è capitato?
Sì. Mi hanno fatto ascoltare musica in cuffia, mentre ero in coma ma non ho sentito niente. Però, in qualche momento, devo aver percepito e visualizzato le persone che mi stavano intorno, infermiere ed infermieri. Tanto è vero che entravano nei miei sogni (non sempre piacevoli), seppur trasfigurate in altri personaggi. Forse mi trovavo nella fase conclusiva del coma. Fatto sta che, in seguito, ho scoperto che quelle persone erano reali. Nel mio mondo mi trovavo su una sorta di traghetto-ospedale, che attraversava di continuo lo Stretto di Messina, avanti e indietro. Sopra c’erano non solo le attrezzature ospedaliere, ma anche grandi videogiochi per i figli dei pazienti. Veramente assurdo! Il direttore dell’ospedale era anche il comandante della nave.

Facciamo un salto a ritroso, alla tua infanzia, il tuo sogno nel cassetto da bambino qual era?
Facevo disegni a fumetti, certamente mi sarebbe piaciuto, se questo fosse diventato un giorno il mio lavoro. La passione per la musica è arrivata dopo. Avevo anche scritto e mandato alcune mie tavole a Sergio Bonelli (Tex, ecc.) il quale gentilmente mi aveva risposto: invitandomi però, pur apprezzando, a non rischiare e a pensare prima agli studi, perché il settore era in crisi e anche disegnatori esperti trovavano difficoltà ad inserirsi. Così mi sono diplomato al Liceo Classico e in seguito laureato in Legge. Ma non era questo il mio sogno nel cassetto. Sono avvocato ed ho insegnato Diritto. Sfortunatamente, però, la mia passione era la Storia, quella è la materia che avrei voluto insegnare! Credo proprio che sarei stato felice, al di là del tanto vituperato stipendio esiguo. Sono a mio agio coi ragazzi, specie se parlo di cose che mi piacciono. Non di Diritto, dunque! E la sera avrei continuato a suonare in giro. Ad ogni modo, oggi, senza poter più guidare, camminare e parlare bene, sarebbe stato un bel problema in ogni caso, per quanto io possa ancora migliorare. Ma è inutile piangere sul latte versato, giusto? 

Andiamo avanti un po' di anni e sei adolescente, avevi un desiderio predominante in quella delicata ma affascinante fase di crescita?
La passione per il disegno, della quale parlavo sopra, si poneva a cavallo tra infanzia e adolescenza. Leggevo i fumetti e ne volevo realizzare di miei. Poi mi ha preso l’ascolto della musica, e allo stesso modo ho voluto anche farla. Ad un certo momento questi miei due interessi si sono incrociati, quando ho realizzato la storia dei Led Zeppelin a fumetti. A quel punto, però (siamo nel 1988) erano già nati i Malibran e la mia attenzione si era rivolta totalmente al gruppo. Oltre a comporre, cantare e suonare diversi strumenti, ero anche un po’ il manager della band: trovavo le serate, i contatti per fare i dischi, organizzavo le prove e andavo in giro ad attaccare locandine per pubblicizzare i nostri concerti. Abbiamo fatto otto dischi ufficiali (compresi due “live” ed uno di rarità varie), più un DVD antologico, non mi sarei mai aspettato tanto. Il tutto sempre nell’ambito del Rock Progressivo, traendo ispirazione dai grandi gruppi degli anni ’70, ma creando un sound che ritengo sia tutto nostro. Il secondo lavoro dei Malibran (“Le Porte del Silenzio”) è stato definito forse il migliore del Prog italiano anni ’90. Abbiamo suonato con il Banco Del Mutuo Soccorso, gli Osanna, Il Balletto di Bronzo e tanti altri. A molti giovani questi nomi risulteranno sconosciuti, ma per chi ama il genere, sarebbe come essere un fan degli U2, ritrovarsi a suonare con loro avendo Bono e The Edge in macchina (come, nel mio caso, Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi), cenare insieme e vedersi trattato come loro amico e collega. La nostra musica ci ha condotti a suonare anche in America, altra cosa che sarebbe stata inimmaginabile quando abbiamo cominciato. Avremmo anche dovuto aprire il concerto dei Jethro Tull a Palermo (nel 2003) e della PFM a Catania (nel 2004), ma entrambe le occasioni sono sfumate all’ultimo minuto. Sempre a Catania, nel 1996, ci siamo esibiti di fronte a ventimila persone, salendo sul palco subito prima di Gino Paoli ed Edoardo Bennato.

Parliamo dell’oggi, hai un sogno musicale che ti piacerebbe realizzare?
Il sogno si è già realizzato ed è quello di riuscire a suonare ancora, sia a casa mia che con i Malibran. Un neurologo aveva confidato ad un amico comune che difficilmente sarei stato più in grado di farlo, a causa della lesione al cervelletto -organo che sovraintende ai movimenti- e in caso di non funzionamento porta ad avere le dita tremanti, deboli e non coordinate tra loro: all’inizio, infatti, non riuscivo più a fare una sola nota, con la chitarra. La suono dal 1980 e non ero più in grado di fare niente! Del resto, non riuscivo neanche a chiudere le mani per fare il pugno. Invece, poco alla volta, sono riuscito a suonare di nuovo. Non come prima, certo, ma suono la chitarra acustica ed elettrica, da solo accompagnando i dischi. Anche se non riesco più a fare arpeggi, parti soliste veloci e accordi complessi. Con il gruppo mi è risultato più facile suonare il basso e così ho cambiato “ruolo”, almeno in concerto. Con il flauto traverso è tutto più difficile, perché è uno strumento che si deve tenere in equilibrio, sospeso per aria, mentre chitarra e basso offrono l’appoggio stabile del manico. Ho perso anche un bel po’ di voce e non sono in grado di pronunciare parole ravvicinate tra loro. Così i nuovi Malibran sono una band solo strumentale. E del resto, ritengo che sia sempre stato questo il nostro punto di forza, non certo la mia voce. Ho scelto e arrangiato i brani in modo da poterli suonare senza problemi. E i risultati sono buoni, anche a giudicare dalla reazione del pubblico ai nostri spettacoli! 

Hai materiale inedito ancora a disposizione dopo il disco -  di fatto “solista” –Trasparenze del 2009?
Sì, moltissimo materiale. Sette CD inediti già pronti, in pratica, tra brani registrati in studio ma non pubblicati, live e cover. Molto di questo materiale è reperibile sul nostro “Malibran Official Blog” e su YouTube, insieme a tanti video, con la band in concerto o in TV. La Mellow si sta occupando della ristampa (con mix diverso) del nostro secondo disco. Ma conto anche di far pubblicare “Straniero”, una corposa raccolta di “rari ed inediti”, tutti registrati bene, lungo 80 minuti. Sarebbe un peccato tenerlo solo per me.

Hai riformato il gruppo chiamandolo “Malibran ensemble”: puoi illustrarci in sintesi questo progetto?
Si tratta sempre dei Malibran. Ho aggiunto “ensemble” perché ora la scaletta è tutta strumentale, come se si trattasse di un gruppo Jazz, che invece suona Prog. Inoltre la formazione è cambiata, ed essendo rimasto fuori il bassista “originale”, era giusto dare il segno di un nuovo corso, anche per non avere problemi con lui, che non l’ha presa bene. Ma io, Alessio e Jerry siamo sempre presenti, dal 1988 ad oggi, e dal 2013 si è aggiunto Alberto alle tastiere. Siamo due coppie di fratelli!

Quali brani del Prog Internazionale e /o Italiano ti sarebbe piaciuto comporre e per quale motivo?
Dovrei fare un elenco troppo lungo. “Starless” dei King Crimson, “Maggio” de Le Orme, “Firth of Fifth” dei Genesis, “Man-Erg” dei Van Der Graaf Generator, “Minstrel in the Gallery” dei Jethro Tull, “La Conquista della Posizione Eretta” del Banco, “River Of Life” della PFM, giusto per citare un titolo per ognuno dei miei gruppi preferiti. Il motivo per me risiede solitamente nella bellezza della musica, mentre bado meno ai testi. Anche ai miei! Però in questi giorni ascoltavo “Figure di Cartone” de Le Orme e notavo che ha un testo proprio toccante, perfetto e commovente. Mi sono reso conto dell’importanza dei testi solo quando la PFM ha accompagnato De Andrè, alla fine degli anni ’70. E il testo più bello della stessa PFM rimane sempre quello di “Impressioni di Settembre”, che però è di Mogol: un vero dipinto in parole, evocativo e descrittivo insieme. Anche qualcuno dei miei testi mi piace, ma, ripeto, tendo a seguire più la musica. E, da questo punto di vista, io, ascoltando un brano, “sento” la voce come uno degli altri strumenti: devono attirarmi timbro, interpretazione e linea melodica. Poi, se il testo è anche bello, meglio!

Se dovessi inviare tre dischi di Rock Progressive nello Spazio per diffonderli nell’universo quali sceglieresti e perché?
Ma… nello Spazio andrebbero perduti! Di solito si parla di dischi da portarsi sull’isola deserta… scherzi a parte, capisco cosa intendi. Ed è un’altra domanda cui è difficile dare una risposta, per il semplice fatto che riempirei lo Spazio di dischi! Invierei comunque i primi tre dischi del Banco, quelli della PFM fino al 1977, più “Stati di Immaginazione” (di 30 anni successivo). Ancora, i dischi dei Jethro Tull, dal 1968 al 1978, live compreso. I King Crimson del primo disco e del periodo ’73-74. I Genesis da “Trespass”(1970) fino a “A Trick of the Tale” (1976). Le Orme dal 1971 al 1977, con speciale menzione per il brano “Sera” (1975). “Forse Le Lucciole Non si Amano Più” (1977) de La Locanda delle Fate, ed il brano “Vorrei incontrarti” dell’Alan Sorrenti periodo “Progressive”. “Dolce Acqua” (1971) e “Viaggio negli Arcipelaghi del Tempo” dei Delirium. I dischi anni ’70 dei Van Der Graaf, con speciale citazione per “World Record” (1976), che me li ha fatti conoscere. “Vemod” degli Anekdoten, coi quali abbiamo suonato nel 1994. Le cose meno ostiche degli Area e quasi tutti i Pink Floyd, con menzione speciale per “il disco perfetto”, cioè “The Dark Side Of The Moon” e del brano “Echoes”. Fuori dal Prog, molte cose dei Deep Purple anni ’70, sia con Gillan che con Coverdale. I Led Zeppelin fino a “Presence” (1976”), i pochi dischi dei Free, i primi due dei Black Sabbath (entrambi del 1970), più “Sabbath Bloody Sabbath” (1973). E se mi è consentito, invierei anche una buona compilation dei Malibran!

Ti propongo un gioco, scegli una tra queste due opzioni e se hai voglia di commentare brevemente lo puoi fare…

Mare o Montagna?
Abito in Sicilia, ma non vado mai al mare. In media ci andavo una volta ogni estate! Non amo il caldo, né le spiagge con gli ombrelloni. E ancora meno il viaggio per arrivarci! Non invidio chi si mette disteso a cuocere per abbronzarsi: io soffrirei, e mi annoierei pure a morte. Né mi piacciono le ragazze troppo abbronzate! Mio fratello (batterista dei Malibran) è l’esatto opposto: d’estate va al mare tutti i giorni, anche da solo!
A me piaceva solo quando ero piccolo. Posso dire che sono stati piacevoli, quanto sporadici, alcuni bagni notturni. Mi piace il mare dei documentari, delle navi o quello degli antichi velieri dei film. Ma, d’altra parte, non posso dire di andare neanche in montagna! Sto bene a casa mia. Ed è un bene, considerata la mia condizione attuale! Anche viaggiare non mi piaceva più quando ero ancora in piena salute. E in realtà, a parte le gite scolastiche, partivo solo per andare a suonare, o per andare a vedere i miei gruppi preferiti (i Jethro Tull li ho visti otto volte, i Deep Purple tre (anche nella formazione di “Made in Japan”). Ma ho fatto in tempo anche a vedere i Pink Floyd, Page & Plant, i Genesis, Peter Gabriel nel tour di “So” (1987), Joe Cocker e tanti altri. A pensarci bene non ho mai fatto viaggi “di piacere”, come semplice turista.

Sole o Luna?
Direi luna, dopo quanto detto sopra! Sole, soltanto se devo suonare all’aperto, per non avere l’ansia di eventuali piogge che possano rovinare tutto! Mi è piaciuto tanto suonare di giorno, quando è capitato. E, in questo caso, evviva il sole!

Realtà o Fantasia?
Per il tipo che sono io, fantasia. Ho frequenti contatti con la realtà, e voglio averli. Seguo anche TG e Talk Show politici. Ma di solito galleggio in un mondo di fantasia e queste sono solo provvisorie interruzioni.

Essere o Avere?
Sicuramente essere. Mi è sempre bastato quello che ho avuto, mentre ho sempre cercato di alimentare spirito e cultura. Non solo musicale. Probabilmente tutto questo non mi ha giovato, ma sono fatto così. Non ho mai avuto interesse per soldi o macchine nuove. Magari per molti è così. Per me no.

Psiche o Soma?
Direi Psiche.

Chitarra o Flauto?
Mi sento soprattutto un chitarrista. Il flauto per me è arrivato dopo. Ho imparato entrambi gli strumenti suonando sui dischi, affinando l’orecchio musicale. So quale è la nota giusta e come suona, ancora prima di toccare il relativo tasto. Una volta, a casa di un mio zio, c’era il rumore di un trapano, ho detto che, a mio avviso, stava emettendo un suono in re: ho suonato il pianoforte che era lì accanto, ed era effettivamente un re. E’ come un dono. Comunque, come flautista sono stato apprezzato moltissimo, dopo che Giancarlo ha lasciato il gruppo: lo suonavo già a per conto mio, sui dischi dei Jethro Tull, così ho assimilato quel tipo di tecnica. Giancarlo invece, avendo studiato sul serio lo strumento, aveva un suono più pulito ed “accademico”, nonostante sul palco apparisse come una furia, coi capelli lunghi al vento! Insieme dal vivo l’unico pezzo che suonavamo a due flauti era “Magica Attesa”. Quando lui ed il tastierista hanno lasciato la band, nel 2001, ho dovuto occuparmi anche del flauto, e sono migliorato nel tempo. In sala mi piace armonizzare più flauti tra loro, approfittando della possibilità delle sovra-incisioni: viene fuori una sorta di orchestrina di fiati, molto gradevole.

Jazz o Blues?
Blues. Anche l’Hard Rock che ascolto (o suono) ha radici Blues. Per questo non arrivo al Metal. Nonostante un mio pezzo, “Vento d’Oriente”, è stato definito “Prog Metal”, a me ricorda piuttosto cose tipo “Kashmir” degli Zeppelin. Con il Jazz ho provato, mi sono pure abbonato ad alcune rassegne, anni fa. Voglio essere aperto a tutto, ma se è Jazz puro, non contaminato, non capisco niente, riesco solo a seguire la batteria. Avverto che i musicisti sono bravi, ma quanto ad emozioni, più o meno… non pervenute. Mi dispiace, perché vorrei godere di tutta la musica che esiste. Mi “arriva” qualcosa di più con la musica classica, anche perché amo il suono dell’orchestra. Ma non in dosi massicce. Mio padre ascolta Mozart da quando sono nato, è musica per me familiare, anche se poi non vado a comprarmi i dischi…

Cd o Vinile?
Dicono che il vinile si senta meglio, che il CD appiattisca certe frequenze e che abbia un suono meno caldo. Sono grande abbastanza da aver vissuto in pieno l’era del vinile (era in vinile anche il nostro primo disco, uscito nel 1990). Ma, ormai, non ho più modo di ascoltare i vecchi dischi, anche se sono ancora nella mia stanza, ho solo lettori CD, pertanto non ho modo di cogliere le differenze. So che gli “audiofili” ascoltano solo dischi in vinile. Mi fa piacere sentire che stia un po’ tornando a circolare. Il CD, invece, sembra destinato a durare meno del previsto, rimpiazzato da altri “supporti”. Però a me piace: desidero avere non solo la musica, ma anche la copertina (che magari preparo io, se non si tratta di un originale), i titoli, i nomi dei musicisti, sapere dove è registrato il lavoro, ecc.

Live o Studio?
Ascolto più musica live che in studio, in effetti. Amo i concerti dei gruppi che preferisco, che siano registrazioni ufficiali o meno. Una volta ascoltavo cassette registrate dal pubblico, di pessima qualità. Adesso preferisco procurarmi registrazioni dal mixer, magari migliorando io stesso il suono, per mezzo di un programma che ho sul PC. Mi piace personalizzare queste cose, fare da me le copertine, mettendo le foto del periodo, se non proprio di quella data specifica. Cerco di avere almeno un concerto registrato dal mixer per ogni tour delle band che amo. E degli stessi Malibran ho passato su CD circa 50 serate. L’ho fatto per me, ma qualche nostro fan più accanito (ne ricordo uno dalla Germania) me li ha richiesti tutti, spendendo anche un bel po’ di soldi!

Carmen Consoli o Vincenzo Bellini?
Ho frequentato Carmen Consoli per molto tempo, negli anni ’90, prima che divenisse veramente famosa. Non posso dire lo stesso di Vincenzo Bellini, dal momento che non ho avuto la ventura di vivere nei primi decenni del 1800. Anche se mi sarebbe piaciuto. Ho conosciuto Carmen dopo un nostro concerto del 1991, quando è venuta da me per congratularsi per il mio modo di suonare la chitarra. Non era una di quelle ragazze che vanno dal cantante perché è “carino”, e parlava con cognizione di causa. Non amava il Prog, ma i Malibran sono stati sempre molto Rock, e così lei veniva a vedere noi, ed io a vedere lei, quando suonava con la sua blues band (i “Moondogs”) o accompagnata solo da un chitarrista. La prima volta sua voce mi ha sorpreso: era intrisa di Soul e Blues (faceva cover) ed era molto potente, considerata l’età e l’aspetto minuto. Aveva 16 o 17 anni. Si trasferì a Roma, ma tornò delusa. Era ancora alla ricerca di una sua vocalità. In effetti la sua voce poi è cambiata, ha trovato una “chiave” tutta sua. All’epoca, quando finivamo di suonare, saliva pure sul palco per abbracciarci, entusiasta. Al telefono mi diceva che stavamo per “esplodere”, eravamo nel periodo tra il primo ed il secondo disco. Ma ad esplodere davvero è stata lei: l’altra volta era ospite a “Che Tempo Che Fa”, su RAI 3, una trasmissione nella quale si sono esibiti Sting, Madonna, Robert Plant e gli U2. Naturalmente all’epoca non ci avrei creduto. Ma era davvero molto determinata. Si andava a casa sua, tra pizze e chitarre acustiche. Le ho prestato una VHS dei Free che non aveva mai visto ma che le piacevano molto. Durante un suo concerto mi dedicò un loro brano (Mr Big). Ho ancora un suo libro di Poe che mi aveva prestato, ma purtroppo ci siamo persi di vista e non ho potuto restituirglielo. Ci siamo incontrati di nuovo solo nel 2000, all’aeroporto di Catania, mentre noi partivamo per gli USA e lei per Bari. E in poche altre occasioni. In anni più recenti la stavano premiando, era circondata da fans e giornalisti: eppure, quando mi vide, devo dire che scansò tutti per venire a salutarmi. Ma anche con Vincenzo Bellini i Malibran hanno un punto di contatto: Maria Malibran, mezzo-soprano dell’800, cantava le sue Opere. Qualcuno dice che avesse una passione nei suoi confronti, al punto che, alla notizia della morte di lui, si uccise a sua volta, lanciandosi follemente al galoppo, fino a cadere malamente. Non so se sia vero, ma anche Francesco Di Giacomo, la voce del Banco, una volta mi disse che la Malibran era morta cadendo da cavallo, aggiungendo, con la sua ben nota ironia tutta romanesca: “Eh, se allora ce fossero stati i taxi”…

Solista o Band?
Diciamo che sono stato anche “solista nella band”, se parliamo di me. Infatti diversi dischi dei Malibran contengono brani composti e suonati solo dal sottoscritto. Pezzi che spesso gli altri non avevano neanche mai sentito, fino alla pubblicazione (!). Lo stesso “Trasparenze”, il nostro ultimo CD ufficiale, è in realtà un mio lavoro solista, come dicevi, con alcuni ospiti, tra i quali qualcuno dei Malibran. Ma l’etichetta ha insistito perché uscisse a nome “Malibran”, alla fine, dal momento che il sound era quello e tre su quattro di noi erano presenti (più l’ex Giancarlo al sax), ho acconsentito. Ma avevo già composto e suonato tutto il disco, gli altri hanno (ottimamente) contribuito venendo in sala solo una volta, seguendo le mie “istruzioni”. Ricordo comunque con più piacere i tempi dei primi dischi, quando era più un lavoro di squadra. Già con “Oltre L’Ignoto” (2001) ad essere presente in sala, con il fonico, spesso c’era solo uno di noi. E indovinate chi era? Non parliamo poi del lavoro per la grafica per ogni disco, del quale mi sono sempre occupato in prima persona. Magari con l’aiuto di qualche amico, ma senza nessuno della band. Peccato, perché mi sarebbe piaciuto. Oltre al nome stesso del gruppo, inoltre, sono anche miei i titoli di tutti i nostri dischi e dei singoli brani, oltre al loro ordine su ciascun disco. E i testi, naturalmente, oltre che un bel po’ delle musiche. In ogni caso, ritengo che i veri talenti dei Malibran siano Alessio alla batteria e Jerry alla chitarra solista. Soprattutto considerato il fatto che non suonano mai, se non quando abbiamo una data in vista! Io ho invece una maggiore visione d’insieme, una passione certamente più maniacale, la fortuna di essere anche compositore, polistrumentista, ed arrangiatore.

Cinema o Televisione?
Entrambi. Sono andato al cinema ogni martedì con una ex compagna del Liceo, per non so quanti anni. Ma tutto si è bruscamente interrotto tre anni fa, quando sono stato male. Adesso non sarei più nelle condizioni, mi rimane la TV. Anche per vedere quei film che altrimenti avrei visto al cinema. Per fortuna ho un bel TV Color, nella mia stanza, collegato pure alle casse dello stereo. E’ grande e si vede benissimo. Così non è il cinema quello che mi manca di più, ad essere sinceri. E magari, più in là, sarò nelle condizioni di andarci di nuovo. Forse potrei anche adesso, ma, considerati “pro” e  “contro”, temo che non ne varrebbe la pena.

Pittura o Scultura?
Direi pittura, anche per via dei miei “trascorsi” di disegnatore. Ma dipende anche da quale pittore e da quale scultore. In Italia abbiamo avuto artisti eccelsi in entrambe le forme d’arte. Specie nel Rinascimento.

Romanzo o Racconto?
Ho apprezzato entrambi, ma leggevo di più prima di stare male. Soprattutto riviste e libri attinenti alla storia o alla musica. Mi piacciono le biografie dei gruppi Rock con belle foto a colori. Io stesso ho scritto il mio racconto, riguardante le mie “vicissitudini” ospedaliere. Dicono che scrivo bene. Ma la musica è presente anche lì. Ampliandolo, il racconto potrebbe anche diventare un libro. Leggevo molti romanzi. Adesso non più. Magari ricomincerò, chi può dirlo? Da piccolo ho divorato tutti quelli di Salgari attinenti al  “Ciclo Malese”(Sandokan) e a quello del Corsaro Nero. Poi ho letto tutti i racconti di Poe, traducendone qualcuno a fumetti, compreso l’unico romanzo che aveva scritto, “Le avventure di Gordon Pym”. Lui non fece in tempo a completarlo, a concluderlo fu Giulio Verne, per quel che mi ricordo. Ma nel fumetto io avevo ideato un mio finale. Ho letto molto Camilleri e Baricco. Adesso mi hanno regalato tantissimi libri, ma non saprei da dove cominciare. Anche perché ci vedo pure meno! Colpa del diabete?

Pasta con le sarde o Granita alla siciliana?
Appunto, si diceva del diabete! Granita, comunque. La prendevo al bar ogni mattina, in estate, con gli amici. Ora non dovrei, ma qualche dolce me lo concedo ancora e ci scapperà anche la granita, con quegli stessi amici! Ogni tanto vengono a prendermi e andiamo a prendere la pizza…

In Giuseppe le porte della vitalità sono spalancate, che l’armonia accompagni a lungo il suo cammino musicale e non solo.

Ecco i Malibran 2014 in una versione de “La Città sul lago”



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