Commento di Fabio Rossi
Titolo: Uncrowned King
Artista: Cronoth
Genere: Black Metal
Anno: 2021
Casa
discografica:
Tracklist:
1. Punishing Black Metal
2. To Leave a Scar on the World
3. Goddog
4. Dirge of the Forest
5. Vovavitque Rex
6. Too Many Unburned Churches
7. Uncrowned King
Lineup:
Cronoth: all instruments and vocals
L’attuale
panorama underground italiano si dimostra prolifico praticamente in tutti i
generi, Heavy Metal compreso. Quello che occorre è armarsi di santa pazienza essendo
indispensabile fare un meticoloso lavoro di ricerca affinché tra le molteplici
produzioni, non sempre all’altezza delle aspettative, si possa scovare qualcosa
di realmente meritevole.
Chi ha la
passione per vari stili musicali, come lo scrivente, ha davvero tanto da ascoltare
e il vantaggio di poter variegare le sue scelte in base allo stato d’animo del
momento. Ebbene, in questo periodo mi sento adirato, anzi proprio “incazzato” a
dirla tutta, a causa del protrarsi di una pandemia infinita e della mancanza di
una reale ripartenza che, di fatto, ancora non c’è, specie nel mondo delle
sette note. Quale miglior ascolto, allora, se non un bel disco black metal in
grado di proiettarti nel passato, farti scuotere la testa e sfogare la rabbia
repressa? Così, quando un’amica mi ha segnalato il progetto solista di recente
pubblicazione del genovese Cronoth (si capisce chiaramente che il nome d’arte
gli è stato ispirato dal mitico Cronos dei Venom) ho detto “Perché no?”. Mi ha
intrigato soprattutto il fatto che il musicista, così com’era solito fare
Quorthon nei Bathory, ha suonato ogni strumento da solo, nonché si è occupato
delle parti cantate, in screaming e non solo.
Il disco è di
breve durata (meno di mezz’ora), ruvido, senza concessioni di sorta e
influenzato dai norvegesi Darkthrone, formazione alla quale Cronoth s’ispira,
oltre che essere ammaliato dagli Inquisition, Immortal e dai Mayhem. Si
apprezzano le sporadiche influenze pagane che conferiscono una certa
originalità al soundwriting (bello il finale acustico di “To Live a Scar of the
World”).
I brani sono
aggressivi, diretti e non deludono le aspettative. L’opener “Punishing Black
Metal”, dopo un lungo e inquietante intro, ci offre pura devastazione sonora
che caratterizza in sostanza tutte le tracce, composte tra maggio e luglio
2019, tra cui meritano una menzione le violentissime “Goddog” e “Too Many
Unburned Churches”. Ottima la strumentale “Dirge of the Forest” dall’andamento
più quieto. Un'unica pecca: non apprezzo eccessivamente i sample di batteria,
ma mi rendo conto che è una questione di gusti personali.
Le liriche
incarnano perfettamente l’odio verso un mondo falso, ingiusto, basato sulle imposizioni
e sulle ingiustizie. L’album è intriso di satanismo fino al midollo e,
d’altronde, chi si avvicina a un genere così estremo sa benissimo a cosa va
incontro. Cronoth milita nei Gorepest e rispetto al suo gruppo ha voluto
proporre una musica più grezza che si rifà al black metal dei primordi.
Ottimo il
lavoro in sede di registrazione, mix e master curato (indovinate da chi?) dall’infaticabile
Cronoth. Un plauso per quest’artista anche perché dal vivo si esibisce come “one
man band” supportato dalla batteria elettronica.
Se verrà a Roma a suonare non mancherò di certo di andare a vederlo.
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